Ancora una volta il caro, vecchio Natale / Mia madre è un fiume: la ferita che cura
@ Lisa Tropea, 8 dicembre 2024
Donatella Di Pietrantonio ha pubblicato questo suo romanzo d’esordio a 49 anni, continuando a portare avanti la carriera di odontoiatra. Nel 2017 vince il premio Campiello con L’Arminuta, il suo libro più celebre, e proprio nel 2024 vince invece il Premio Strega con L’età fragile. Con Mia madre è un fiume non vince nulla, se non le sue proprie ritrosie nell’uscire dalla scrittura privata e confrontarsi col grande pubblico: qui la scrittrice ricostruisce in prima persona il dialogo tra una figlia adulta e una madre anziana, che sono sempre state lontane: la prima si occupa della seconda in demenza senile, che perde la memoria della propria storia e il senso delle azioni quotidiane. La distanza incolmabile tra madre e figlia è anche quella tra ricordi e vita, tra identità e disorientamento; scollamento che la figlia cerca di ridurre, tessendo ogni giorno, novella Penelope, una tela di ritratti e descrizioni da riproporre alla memoria materna ma che la malattia di sua madre disfa ogni notte, o forse ogni mezz’ora, inglobandola in un buco nero sempre più terreno. Non è più una mente fertile, quella dell’anziana, ma la relazione a momenti sembra aver recuperato dolcezza rispetto alla ruvidità che la caratterizzava in passato, quando era improntata più alla fatica e a pratiche sbrigative che alla profondità e al rispecchiamento. Adesso invece la figlia si rivede nella madre, temendo di fare la stessa fine, e teme che la freddezza di quel rapporto sia anche un po’ la causa della malattia: il senso di colpa è molto presente in queste pagine, inestricabilmente legato a una malinconia per ciò che perdiamo in una vecchiaia caratterizzata dalla malattia: non solo la memoria, ma anche la potenzialità di ricostruire un rapporto che non è mai stato visto come auspicabile.
Eppure tra i due lembi della ferita insanabile della perdita di memoria scorre il sangue che lega queste due donne tra loro e a tutti gli altri membri della famiglia, nonché al territorio, un Abruzzo ancora rurale e povero, così poco contemporaneo eppure così autentico e concreto, descritto anche attraverso la cucina tradizionale.
Il linguaggio della Di Pietrantonio è scabro eppure fiorito di felici sintesi espressive, molto riconoscibile e caratterizzante, così come il suo approdo a una mancanza di giudizio, a una compassione umana quasi priva di empatia e lontanissima da ogni tipo di sdolcinatura: lo sguardo della figlia sulla madre è carico di distanza, necessaria per potersene prendere cura senza essere sovrastati dalla frustrazione e dal senso di colpa, il racconto lascia trapelare l’inevitabilità del dolore. La madre diventa un fiume in cui tutto scorre, inarginabile, come la perdita di memoria che in età avanzata porta via tutto, senza pietà e senza delicatezze. Eppure in questo preziosissimo stare, senza poter risolvere nulla, è racchiusa la potenza taumaturgica di questo romanzo commovente proprio perché non concede nulla all’autocommiserazione né al sentimentalismo, una scrittura pudica e insieme intimamente familiare, quando ancora nelle famiglie e nella società non si esercitava un flusso di emotività, non c’erano tempo né risorse per analizzare le dinamiche e interessarsi davvero alle ragioni del dolore. Nella frustrazione di stare accanto a un genitore che frana, che non bada più a se stesso né a nessun altro, è necessaria la rinuncia a cercare risposte e soluzioni, rimpiazzata dalla capacità di vedere, descrivere, ripetere e insieme accettare (e digerire) il passato e il presente come possibilità di scoperta di sé, senza necessità di attribuire responsabilità. Ripercorrere ciò che è stato diventa un modo per lenire e ricomporre il presente, una narrazione speciale che attraversa le pagine con la voce della figlia che man mano si sovrappone, imbecca e si sostituisce a quella della madre, un tempo così poco comprensiva. Perdonandola e perdonandosi, l’autrice ci mostra la madre in una progressiva dissolvenza e in questo modo cura il dolore legato all’incapacità di accettare l’impotenza davanti alla malattia dei propri congiunti.
Mia madre è un fiume, Donatella Di Pietrantonio, Einaudi 2022, 11 euro