“Una relazione per un’accademia”: animale e uomo, metamorfosi e cultura, parodia e teatro

Una relazione per un’accademia: animale e uomo, metamorfosi e cultura, parodia e teatro

@Rinaldo Caddeo, 30 novembre 2024

Dal novembre 1916 all’aprile 1917, nella minuscola stanza che gli mette a disposizione la sorella Ottla, ai piedi del Castello di Praga, (Luca Crescenzi Il libro del tempo), Kafka scrive una parte sostanziale dei racconti della raccolta Un medico di campagna, che verranno pubblicati nel 1919 per l’editore Kurt Wolff. L’ultimo di questa raccolta è Una relazione per un’Accademia. Di che cosa parla questo racconto?

È l’autobiografia di una scimmia che racconta la propria trasformazione in uomo.

Catturata con la forza in Costa d’Oro, ferita, trasportata in una gabbia bassa e stretta, è presto costretta a scegliere tra lo zoo e il varietà. Si rende conto, dopo le vessazioni subite, che lo zoo sarebbe un ergastolo. La sua condizione di preda degli uomini non le offre altra alternativa, non c’è via di scampo, se non il teatro, il varietà. La libertà non esiste. È un desiderio umano, struggente, irrealizzabile. Il teatro la salva ma la tramuta in essere umano.

Questa metamorfosi è frutto di un apprendimento, fondato sull’imitazione. Non le piace imitare l’uomo ma non c’è altra via di scampo. Per una scimmia non è un’impresa impossibile imparare a imitare la gestualità dell’uomo: stringere la mano, sputare, fumare la pipa, prendere in mano una bottiglia di acquavite, stapparla e berne il contenuto, fino a svuotarla e buttarla via con gli occhi fuori dalle orbite e gridare: salve!

Questa scimmia, quindi, non si limita, come le altre scimmie, ai gesti o a fare dei versi, suscitando ilarità e approvazione nell’uomo che osserva. Impara, con un severo programma di autocontrollo, a dire delle parole e ad acquisire un linguaggio completo e farsi una cultura. La parodia dell’uomo è diventata uomo, fatto e finito: forse perché la quintessenza dell’uomo, che poi è la quintessenza del teatro, è parodia?

Tutto ciò è stato possibile, tranne una cosa che è proprio quella che l’Accademia chiede: presentare una relazione sulla mia passata vita di scimmia.

Raccontata in prima persona dal suo protagonista, la scimmia, Una relazione per un’Accademia esclude fin dall’inizio ciò che gli accademici desiderano sapere: il suo passato di scimmia. Ricordare quel passato, ritornare alle origini, è impossibile anche se di notte il nostro eroe si diletta con una piccola scimpanzé alla maniera delle scimmie. Le origini, anche per l’uomo, sono inattingibili. È stato necessario dimenticare per apprendere i rudimenti della nuova vita. La scimmia dichiara che tra il suo presente umanizzato e il suo passato scimmiesco c’è una frattura incolmabile. Tanto è vero che i dettagli riportati nella relazione sulla sua cattura sono il frutto di testimonianze esterne. Non ricorda niente, tranne il trambusto di una tempesta che ormai s’è fatto lieve soffio.

Ennesimo esempio/esperimento di trasformazione, dopo la clamorosa Metamorfosi, pubblicata nel 1915, di Gregor Samsa in scarafaggio, a cui diverse altre si accostano (in cavallo, sciacallo, talpa, albero, ponte, odradek: conquiste e perdite, sogni e maschere di Kafka), Tommaso Ragno riesce a raccogliere l’ardua ma non impossibile sfida di rappresentare in modo adeguato, senza tradirla, una teatralità, intrinseca a questo testo, che vada al di là di una lettura recitata o di una rappresentazione solo istrionico-grottesca.

Ragno movimenta in modo strepitoso il testo di Kafka. Porta a galla significati sommersi. Vestito con frac nero, gilet, camicia bianca e con una specie di maschera costituita da nera barba, folta capellatura e orecchie scimmiesche, fornisce una prova sontuosa in grado di esprimere l’ambivalenza emotiva/evolutiva (la scimmia, ma in fondo anche l’uomo, ragiona con la pancia) dell’animale che si fa, in modo doloroso e spietato ma anche comico, uomo. Scimmia umana, uomo scimmiesco ci mostra un fermo e frizzante punto di incontro, esilarante crocevia, tra umano e bestiale, grazie a una recitazione espressivistica con abbassamenti e innalzamenti di tono della voce, salti ravvicinati dai registri acuti ai gravi, rallentamenti, accelerazioni, pause, gesticolazione di braccia, mani, busto, gambe, dove lo scimmiesco diviene umano nella misura in cui l’umano risulta scimmiesco.

La scena è ridotta ai minimi termini. Si tratta in pratica di una specie di alto trespolo di ferro intorno a cui il protagonista si arrampica, da cui scende e da cui finge di leggere un brogliaccio con la sua relazione agli accademici. Non c’è nessun altro sul palco se non il suo impresario che compare fugacemente all’inizio e alla fine.

Gran finale con ironica evocazione di 2001 Odissea nello spazio di Kubrick e relativa musica. È l’inizio esplosivo di Così parlò Zarathustra di Richard Strauss che allude alla nascita del super-uomo: una banana viene sventolata, sbucciata e in parte anche mangiata.

Lunghi e meritati applausi, durante i quali l’attore, privo della maschera scimmiesca, non smette di recitare ovvero di fare, con accorti gesti, l’uomo che imita la scimmia.

 

Una relazione per un’accademia di Franz Kafka
interpretato e diretto da Tommaso Ragno
scenografie Katia Titolo
aiuto regia Maria Castelletto
disegno luci Giuseppe Amatulli
produzione Argot Produzioni
in collaborazione con Pierfrancesco Pisani e Isabella Borettini per Infinito Teatro

Al Teatro Franco Parenti dal 26 novembre al 1 dicembre