Invisibili di Aurélien Bory al Teatro Astra di Torino
@ Cristina Dalla Corte, 22 aprile 2024
Aurélien Bory è un regista e coreografo francese di fama internazionale: l’impatto poetico e visivo dei suoi lavori, con scene che diventano installazioni abitate da corpi curiosi, sempre alla scoperta di nuove contaminazioni, è noto a livello mondiale.
Preferisce definirsi un regista, dirige la Compagnia 111 con sede a Tolosa e sviluppa un percorso di ricerca di teatro fisico contemporaneo, di cui ricordiamo il famoso spettacolo Plan B, ospite di Torinodanza .
Dopo Palermo Palermo del 1989 di Pina Bausch, anche Aurélien Bory viene stregato dalla città siciliana dove soggiorna, incontra persone, riflette di arte e bellezza e si lascia ispirare dall’affresco Il trionfo della Morte situato a Palazzo Abatellis, da cui trae spunto per quest’opera totale: musica, teatro, danza, arte pittorica, nuove tecnologie.
L’affresco è imponente, realizzato in scala naturale sei metri per sei, l’autore è sconosciuto ma l’opera ha i tratti caratteristici del periodo quattrocentesco. Sullo sfondo scuro c’è un parco quasi nero in cui passeggia un cacciatore con i suoi cani, a destra una fontana con intorno musicisti distratti; al centro, chiara e potente, la morte che cavalca un destriero semi-scheletrico, lanciando frecce dal suo arco. Intorno, con gradazioni di marroni, ocra, panna, terra bruciata, una carrellata di persone divise per ceto sociale, i papi, già morti, gli aristocratici in diverse espressioni di terrore e i poveri con le mani giunte in preghiera.
Una Danse Macabre, direbbe Camille Saint-Saens, che celebra l’attesa della fine.
L’arazzo non svela subito la sua potenza, è disteso a terra, incorniciato da braccia mobili che in breve gli daranno vita, respiro, movimento. Inizia a svelarsi prendendo lentamente il fondale ed inizia la fase contemplativa dove i cinque performer, quattro donne e un uomo, cercano di farci cogliere i particolari: le mani, le posture, le diverse espressioni, riproducendo un tableaux vivant. Dopo questa fase estetica, inizia la trasformazione dell’oggetto in scena, che metaforicamente diventa portale, tra il mondo dei vivi e dei morti, tra il visibile e l’invisibile. I danzatori entrano ed escono dai due mondi, attraverso l’affresco che diventa drappo, tenda, linea di confine.
Tutto prende corpo, quando Bory decide di svelare la vera invisibilità di cui ci vuole parlare con quest’opera, coloro che anche in vita diventano invisibili: i malati, i migranti, gli ultimi.
Inizia con una scena in cui una donna seduta su una sedia palpa il suo seno e le sue braccia, con movimenti via via convulsi e ostinati. Un gruppo di medici in camice bianco inizia una manipolazione forzata, senza alcuna delicatezza viene usata come un oggetto, esplorata, spinta, controllata. La donna viene accolta e raccolta dall’arazzo che diventa consolazione, e con la partecipazione nascosta degli altri danzatori le crea una culla per ascendere a guardare la morte, accarezzarla, quasi come in una richiesta di aiuto e liberazione dalla malattia. Accompagna la performance un saxofonista che sembra dar voce alle urla della donna, e il quadro si conclude con Alleluja cantato come un grido. Nel secondo quadro dall’arazzo appare un uomo di colore con grandi occhi pieni di paura e un gommone sul capo. E’ impossibile non pensare a Cutro o ad altre tragedie nel Mediterraneo. Con l’aiuto delle danzatrici e dell’arazzo inizia una tempesta, dove l’uomo rimane aggrappato alle maniglie del gommone mentre viene sospeso in verticale, in obliquo, spazzato e capovolto dalla mareggiata. Sublime e dolce, questo spettacolo ci porta a riflettere attraverso la poetica e la genialità di un autore delicato, che fonde il sacro e il profano, ieri ed oggi, tecnologia e pittura.
In tutto lo spettacolo colpiscono tre immagini di grande potenza espressiva, la prima: tre sedie vuote in scena, che si muovono da sole, la percezione di una presenza invisibile. La seconda: le riprese finali in bianco e nero, fatte in diretta, con i danzatori sdraiati nell’arazzo di nuovo a terra e le nette somiglianze tra i performer e i soggetti dipinti, un ponte temporale che annulla le distanze e ci rende uguali di fronte alla morte.
La terza: una pianola che suona da sola, alimentata dall’aria che fuoriesce dal gommone che si sgonfia, affondando con il suo equipaggio a bordo, poesia pura!
INVISIBILI
progetto, scenografia e regia Aurélien Bory
collaborazione artistica e costumi Manuela Agnesini
collaborazione tecnica e artistica Stéphane Chipeaux-Dardé
con Blanca Lo Verde, Maria Stella Pitarresi, Arabella Scalisi, Valeria Zampardi, Chris Obehi e Gianni Gebbia
musiche Gianni Gebbia e Joan Cambon
luci Arno Veyrat
scene Pierre Dequivre, Stéphane Chipeaux-Dardé, Thomas Dupeyron
direzione tecnica Thomas Dupeyron
direttori di scena Mickaël Godbille, Thomas Dupeyron
direttore del suono Stéphane Ley
direttori delle luci Arno Veyrat, François Dareys
produzione Teatro Biondo Palermo / Compagnie 111 – Aurélien Bory
coproduzione Théâtre de la Ville-Paris / Théâtre de la Cité – Centre dramatique national Toulouse Occitanie / La Coursive scène nationale de La Rochelle / Agora Pôle national des Arts du cirque de Boulazac / Le Parvis scène nationale Tarbes Pyrénées / Les Théâtres de la Ville du Luxembourg / La Maison de la Danse – Lyon / Fondazione TPE – Teatro Piemonte Europa