Anatre e usignuoli per la commedia cult di Home e Sauvajon con un Emilio Solfrizzi mattatore indiscusso
@ Anna Di Mauro, 18 marzo 2024
Elegante, brillante, dal ritmo serrato, vagamente agée, ma inossidabile, “L’anatra all’arancia” datato anni ’70, scritta da W.D.Home e successivamente adattata da M.G.Sauvajon, attualizzata da cellulari e citazioni, ritorna in palco con la sobria regia di Greg Gregori, che ripropone piacevolmente la sofisticata pièce, abilmente condita dal sapido humour britannico miscelato allo charme francese. La vicenda narrata, ai limiti dell’assurdo, si svolge come una partita a scacchi, gioco in cui il protagonista è un campione. Una raffinata strategia viene messa in atto dal marito Gilberto per riprendersi la moglie Lisa, che sta per spiccare il volo con l’amante dal loro nido d’amore un po’ malconcio, e salvare la coppia deflagrata, delineando in progress i retroscena di un matrimonio vacillante sotto i colpi della routine e dei tradimenti, ma dove l’amore è ancora fuoco vivo sotto la cenere.
Il confortevole salotto della coppia, abbellito da una suggestiva e ampia vetrata da cui traspare il lussureggiante giardino, diventa il teatro dell’azione. Sulle sue comode poltrone Lisa, elegante e compita, messa alle strette dai trabocchetti del marito, gli confessa che sta per lasciarlo per un altro uomo, l’affascinante e nobile Leopoldo Augusto con il quale ha una relazione da qualche mese, stanca di essere trascurata dal brillante e distratto consorte.
La reazione di Gilberto, marito tradito e tra poco abbandonato, è apparentemente tranquilla, garbata, al punto da volersi addossare agli occhi del mondo la colpa del naufragio matrimoniale. A suggello di questa civile separazione, che richiede un piano d’azione, Gilberto intende ospitare l’amante della moglie in un, a dir poco singolare, weekend. Contemporaneamente invita Patrizia, la sua procace e giovane segretaria, che fa parte della messinscena: farsi trovare dalla cameriera in flagrante adulterio con la sua segretaria per scagionare la moglie di ogni responsabilità. In realtà l’obiettivo di Gilberto è mandare a gambe all’aria il progetto di Lisa, che ama e non vuole perdere, nonostante l’apparente indifferenza. Questa strategia sotterranea emerge dalle manovre complesse e dalle sagaci battute a raffica del commediante, che disorientano l’avversario creando disagi nella futura coppia e gelosie nella coppia attuale, fino al fatidico “scacco matto”. Amori e dintorni. Il nevralgico tema delle relazioni sentimentali qui trova risalto nella sottile ironia degli autori anglofrancesi che giocano una raffinata partita sulla crisi della coppia, sull’infedeltà, osservandole con divertito distacco nell’agiata classe borghese, dove sovente la noia e la stanchezza di un rapporto logorato dalla quotidianità finiscono per condurre a esplorazioni erotiche di seconda generazione, rivelando la problematicità dei rapporti coniugali. Proponendo soluzioni piccanti al limite del surreale, questa graffiante commedia vede la donna tentare una ribellione che sfuma inesorabilmente davanti al massiccio attacco del maschio prevaricatore, destinato a dominare e ad essere perdonato anche lui per le sue infedeltà di cui si scopre che è stato abbondantemente fruitore.
Il perdono è di entrambi. La solidità della coppia è l’obiettivo latente. Un invito a fare un passo avanti nella morale comune di quel periodo? Un incipit sessantottino sulla coppia aperta che anche Dario Fo indagherà con un tagliente umorismo poco britannico? Tema intramontabile, la disfunzione della coppia in questo caso fa sorridere e riflettere, lasciandosi dietro bave di amarezza stemperate dall’effervescente architettura della sceneggiatura.
Al di là delle apprezzabili riflessioni etiche e della satira di costume, condotte con una bilanciata drammaturgia agrodolce, gustiamo il ruolo dominante di Gilberto,
reso pienamente in tutto il suo istrionico potere da un instancabile e generoso Emilio Solfrizzi che tiene con baldanza e sicumera il filo invisibile della ragnatela in cui cadranno le sue vittime. abilmente sostenuto e garbatamente affiancato dalla fragile Lisa di Carlotta Natoli, dall’algido Leopoldo di Ruben Rigillo, dall’esplosiva Patrizia di Beatrice Schiaffino, dalla ruspante domestica di Antonella Piccolo. Si ride, ci si rispecchia, si simpatizza con i protagonisti, sorridendo dei nostri vizi e delle nostre debolezze, purchè l’amore trionfi in un lieto fine necessario. Il sogno accende speranze.
L’anatra all’arancia
di William Douglas Home e Marc-Gilbert Sauvajon
con Emilio Solfrizzi, Carlotta Natoli
e con Ruben Rigillo, Beatrice Schiaffino
e Antonella Piccolo
regia Claudio Greg Gregori
scene Fabiana Di Marco
costumi Alessandra Benaduce
disegno luci Massimo Gresia
produzione Compagnia Molière
diretta da Emilio Solfrizzi
in coproduzione con Teatro Stabile di Verona
Al Teatro Verga di Catania fino a Domenica 17 Marzo