Gisella Righi: pianista a comando
@ Antonio Castronuovo, 12 luglio 2023
Dalla torretta di casa Avogadro, Filippo Tomaso Marinetti s’abbandona allo scorcio del giardino selvaggio. Adora stare al sole e di continuo prende bagni. C’è anche Beny, la sua fidanzata, fanciulla dagli splendidi occhi e molto intelligente. Benedetta Cappa per la precisione. Il leader futurista s’è invaghito anche delle lunghe trecce nere e vuole che il costume di Beny sia pudicissimo, altrimenti s’ingelosisce. È l’agosto 1920 e il padre del futurismo è ospite a Celle Ligure, dove c’è l’intera compagnia teatrale del Fil di ferro dei fratelli Avogadro, ricchi produttori vinicoli: il nome della compagnia si riferiva probabilmente al fatto che per sostenere le coltivazioni di viti degradanti verso il mare si usava in quella zona molto fil di ferro.
Si organizza una serata. La compagnia fa arte per un pubblico sceltissimo, tra cui Virgilio Marchi architetto, Nino Pasi musicista e Tina di Lorenzo attrice. Riecheggiano le note languide della “Cathédrale engloutie” di Debussy: la suona una ragazza pallida, allampanata e troppo magra per piacere. Marinetti la definisce insipida, «tipo forchetta», ed è convinto sia stata «incretinita da un eccessivo pianismo». Ma di quell’eccesso approfitta e continua a incretinirla anche lui quando, a settembre, se la porta appresso ad Antignano, ospite di Primo Conti. La Righi diventa la sua pianista meccanica, colei che suona a comando quando Marinetti è in vena e vuole ascoltare qualcosa. «Ora suonami Beethoven; ora Chopin; ora Stravinskij». Gisella è formidabile: conosce a memoria tanti pezzi, suona di tutto e mandando Marinetti in visibilio, come se una scossa elettrica le attraversi le dita.
Come tutti gli animali in cattività, ogni tanto Gisella fa degli scatti; dice no ed è no. «Questa sera non suono» sbotta determinata, volta le spalle e se ne va. Marinetti apre sconsolato la tastiera del pianoforte e inizia a suonare da sé. Smette, poi ricomincia, mescola qualche verso poetico alla musica e non sa da dove quelle parole gli sono giunte: come fare, d’altra parte, quando non c’è in giro un fonografo?
Quando Marinetti – la caffeina d’Europa – volò veloce nell’etere, Gisella restò sola, abbandonata al meccanico pianismo che non la fece entrare nel paradiso dei grandi. Primo Conti la rivide a Firenze negli anni Ottanta. Era molto anziana, ma narrava con gioia i tempi in cui era stata la vittima di Marinetti, la sua pianista meccanica.
Scarse le notizie su Gisella Righi, la cui figura emerge dai Taccuini 1915-1921 di F.T. Marinetti (il Mulino 1987) e dalle memorie di Primo Conti La gola del merlo (Sansoni 1983).