Restiamo amici, anzi no: le sfumature psicologiche dell’amore svelate da Marivaux
@ Lisa Tropea, 25-11-2022
Come reagiamo alla perdita dell’amore? Il meccanismo non è in fondo tanto cambiato, nonostante il passare dei secoli e le trasformazioni tecnologiche che separano l’epoca di Marivaux dalla nostra: la modalità di autoisolamento per lenire il dolore ma anche per negarsi una ripresa è rimasta invariata, dopo quasi trecento anni. E questa è sicuramente una prima sorpresa che ci riserva l’amore: ci affligge tutti attraverso i secoli. Certo, ora forse ci si rifugia in un isolamento social, mentre ai tempi di Marivaux il rifugio era piuttosto il letto da cui non si usciva o un viaggio in luoghi dove nessuno ci conosce… E chi accompagna nel proprio percorso i rampolli di famiglie nobili protagonisti delle opere settecentesche di Marivaux? Sono naturalmente degli arguti servitori, che cercano di proteggere i travagliati padroni da delusioni e malumori, non solo per affetto, ma anche perché si sa benissimo che i primi ad esserne travolti sarebbero proprio loro, valletti e cameriere che vivono con essi giorno e notte. Da un lato, la domestica Lisetta cerca infatti fin dal principio dell’opera di risollevare il morale della sua giovane Marchesa, vedova dopo soli due mesi di matrimonio e rinchiusa nel dolore, dall’altro Lubino empatizza con il suo Cavaliere, piangendo con lui della recente fine di una storia d’amore dal quale il signore esce inconsolabile. Impossibile non presentire come i due orfani d’amore si somiglino e siano attratti l’una dalle pene e dalla sensibilità dell’altro, ma la finezza dello spettacolo sta esattamente nell’analisi psicologica del discontinuo percorso di avvicinamento e di ritrosia, dovuto alla paura di fidarsi ancora dell’amore.
Nei dialoghi l’analisi delle emozioni e i ragionamenti sottili su come funziona l’orgoglio ferito e su come nasce e si sviluppa la gelosia si coniugano con la leggerezza e il divertissement, con le frasi complici rivolte al pubblico e la una gestualità comica mai volgare. Per essere un autore vissuto nell’epoca dei Lumi (fu molto amico di Montesquieu e collaborò con Rousseau), Marivaux non è certo tenero coi dotti intellettuali e con i grandi classici del pensiero: uno dei personaggi meglio riusciti risulta essere Ortensio, una sorta di caricatura della figura del precettore, che la signora Marchesa assume per acculturarsi e distrarsi dal pensiero della perdita del marito, che tuttavia risulta pedante e noioso, canzonato persino dai servi che sanno riprodurre meglio di lui i sillogismi che egli cerca di utilizzare per ottenere i favori di Lisetta. A giudicare da come rende odioso questo libresco intellettuale, tutto unto e sputazzante, Marivaux non pare amare né gli studiosi né i classici dell’antichità, eppure si rivela essere un profondo conoscitore dei sentimenti, in particolar modo dell’amore (una delle parole più ricorrenti nei titoli delle sue opere) e di tutte le sue ambivalenze. Senza anticipare troppo dell’intrigo della trama, non si può non dire della (piacevole!) sorpresa che produce il rigore con cui vengono notomizzate le aspettative nei confronti dell’amato e i meccanismi di delusione ingenerati dal malinteso: le macchinazioni mal interpretate dei due servitori per spingere i protagonisti l’uno nelle braccia dell’altra non vanno naturalmente come previsto, ma producono una serie di riflessioni lucidissime su ciò che ci ferisce nel comportamento di chi vorremmo ci apprezzasse… “Il giro che prendono le cose quando a raccontarle sono dei salami” (come dice brillantemente Lisetta) è alla base di tutte le commedie degli equivoci, ma qui la pubblica offesa arrecata alla Marchesa dall’apparente rifiuto della sua mano da parte del Cavaliere viene davvero sviscerata in ogni sua sfumatura e possibile conseguenza, alla luce della convinzione, molto contemporanea, del fatto che si ha bisogno di “considerazione” nella vita, specie davanti ad una platea. Quanto di più simile al meccanismo del “like” che condiziona l’esistenza, amorosa o meno, degli adolescenti (più o meno avanti con l’età) d’oggi.
La seconda sorpresa dell’amore è veramente una commedia deliziosa che è stata portata a conoscenza del grande pubblico in Italia grazie a un progetto in collaborazione con il Ministero della Cultura per incoraggiare la diffusione dell’opera di Marivaux, tradotta per la prima volta in italiano. La regia di Navello asseconda e amplifica l’ironia del testo, specie laddove, per evitare che trionfo dell’amore possa scivolare nella melensaggine, fa sapientemente entrare in scena tappeti verdi erbosi, petali scenografici sulla testa dei due innamorati, un’improvvisa caduta dei panneggi scuri e pesanti sullo sfondo in favore dell’apparizione di un cielo azzurro colmo di canti melodiosi di retorici uccellini, oltre all’arrivo dei due servi saltellanti e sopra le righe che vestono i padroni di velluti e damaschi color bianco-purezza e verde-speranza, assicurando un effetto comico e pomposo che anticipa i colpi mancini che l’amore non ha ancora finito di tirare. La regia si avvale anche, felicemente, della navigata malizia di tutti e sei gli attori in scena, capaci di mantenere la naturalezza e insieme una certa ammiccante postura da commedia dell’arte (che Marivaux amava molto) anche quando si fulmina un riflettore sul palco con un certo fragore. Lubino/Stefano Moretti è il più ginnico e allegro in scena, si muove come una specie di Arlecchino scanzonato, quasi burattinesco; la Marchesa/Daria Pascal Attolini sa sottolineare con mestiere, sensibilità e timidezza le sfumature del suo palpitare amoroso, che lei vorrebbe inizialmente limitare all’amicizia, ma che poi oscillerà tra l’offeso, lo speranzoso e il razionale; il personaggio che però ha raccolto più favori dal pubblico è la concreta, affettuosa e scaltra Lisetta, una scoppiettante Marcella Favilla (nata a Marsala e formatasi al Piccolo Teatro di Luca Ronconi).
La seconda sorpresa dell’amore
di Marivaux – traduzione e regia di Beppe Navello
con Daria Pascal Attolini, Marcella Favilla, Lorenzo Gleijeses, Fabrizio Martorelli, Stefano Moretti, Giuseppe Nitti
produzione Associazione Teatro Europeo
in collaborazione con Fondazione Teatro della Toscana
Al Piccolo Teatro Grassi di Milano