Un atto catartico di memoria e responsabilità. Intervista a Viola Graziosi
@ Anna Di Mauro, 10-03-2022
Attrice talentuosa, figlia d’arte, appassionatamente impegnata in un percorso di ricerca di Verità che è arricchimento, allargamento e ispessimento della visione della vita, Viola Graziosi si è imposta all’attenzione del mondo dello spettacolo con l’eleganza e la sobrietà di chi non ha bisogno di approvazione, ma vuole semplicemente offrire ciò per cui è nata: recitare. Romana di nascita, tunisina di adozione, di alta formazione, è diplomata al prestigioso Conservatoire National d’Art Dramatique e laureata in studi teatrali alla Sorbonne di Parigi. Generosa e instancabile, l’artista profonde le sue energie poliedricamente, dal cinema alla televisione, al teatro, ricoprendo ruoli prestigiosi a cui riesce sempre a dare un’impronta personale. I suoi spettacoli hanno il sapore di un evento e rimangono nella memoria per la loro forza e intensità interpretative, irrorate da una innata grazia e da una sensibilità non comune. Le figure femminili a cui l’artista presta mirabilmente corpo, voce e anima da qualche tempo insistono nel mondo classico, esplorando gli anfratti di una conoscenza che è mito e attualità al tempo stesso, da Elena a Fedra, da Clitemnestra a Medea.
In questo incontro online ci soffermiamo su queste due ultime icone senza tempo.
Buona sera Viola e grazie per l’opportunità di questo incontro. Vorrei soffermarmi sugli ultimi personaggi di Clitemnestra e Medea. Come vengono vissute dall’interprete queste donne così forti e volitive?
Sento il bisogno di mettere le due figure in parallelo. I due monologhi sono una testimonianza di Luciano Violante, magistrato e uomo sensibile al concetto di giustizia, affrontata con uno sguardo poetico e politico. Io mi sento onorata di avere ricevuto in dono la possibilità di interrogare le loro parole e poterle a mia volta donare al pubblico, onorata anche che Violante abbia scelto la forma teatrale, e soprattutto che abbia scelto figure femminili, a cui finalmente mettere in bocca parole mai dette. Clitemnestra è stata la prima, e ora Medea che debutterà a Palermo il 10 Marzo. Ve ne sarà una terza, di cui per ora non sveliamo l’identità. La formula simula un interrogare. Sono imputate e viene data loro la parola, ma non vuole essere soltanto un’arringa, ma su proposta del regista Dipasquale Clitemnestra diventa una sorta di Alda Merini, poetessa clochard che ripercorre la sua storia fino all’uccisione del marito. Lei deve punire se non ci ha pensato qualcun altro. E’ una necessità. La sua natura spartana lo impone. Non chiede pietà.
Che cosa porta Clitemnestra al delitto?
Quello che la offende soprattutto è l’inganno di Agamennone che ha sgozzato la figlia Ifigenia, chiamata per finte nozze, solo per non perdere il comando dell’armata, non per salvare la città. Compiuto il crimine per il quale come essere umano si è sentita chiamata a spezzare la catena, non chiede pietà. Non rimaneva altro da fare. Coraggiosa e toccante la sua storia. Uccisa dal figlio, il cerchio della sua esistenza si chiude e vagherà in cerca di una verità e di un destino.
Violante infatti affronta le donne con la loro colpevolezza. Giunta nell’Ade la figlia Ifigenia le dice che lei ha ucciso un re senza il volere di un dio, ed è costretta a vagare come serva per un tempo infinito. Si arriva così al tempo presente. Alda Merini vede che continuano ad accadere le stesse cose. Nulla è cambiato. Come la guerra scoppiata mentre si svolgeva lo spettacolo. La storia è il contrario del passato.
Attraverso il teatro e attraverso il mito, che è qualcosa di archetipico, una grande favola, che oggi ci serve per un atto catartico di memoria e responsabilità del presente, gli spettatori si sentono chiamati in causa, sensibilizzati e partecipi e rivivono lo stesso dramma che si ripete. Questo testo è una scrittura di oggi ed è sapiente. Tutto questo è molto toccante per me. Si avverte che non c’è giustizia senza pietà…
Queste straordinarie protagoniste potrebbero essere viste come delle eroine?
No…La scrittura di Violante non va in questa direzione. Queste due donne non sono eroine, ma sono attraversate dalle cose. Il loro è un grido d’amore e di speranza. I testi di Violante sono testi crudi, ma sono anche un atto di speranza, perché il teatro è condivisione. In questo senso la cultura può salvare. E’ la memoria messa in atto.
L’incontro di Clitemnestra durante il suo vagabondare con un incredibile personaggio letterario la porterà in una direzione epica. Potrebbe ritornare, ma lei cerca delle risposte, lei vuole costruirsi il suo destino, lo dice agli spettatori. Questo ci riguarda profondamente. Essere uomini vuol dire costruirsi il proprio destino, lottando epicamente con ciò che ci contrasta, al di là di ogni collocazione temporale.
La figura di Medea in questo testo di Violante come si discosta dalla visione tradizionale?
E’ un grido d’amore anche Medea, un ruggito. Mentre Clitemnestra è umana, una donna, Medea è una dea. Il problema era come rappresentarla. La proposta del regista Dipasquale è stata di lavorare su un’idea di leonessa. Un felino. Come facciamo ad avvicinarci a una madre umana che uccide i propri figli? Anche se Violante, nato nei campi di concentramento, sa di madri che hanno ucciso i propri figli per non dover affrontare l’orrore di un destino avverso, come animali feroci. In questa ricerca ho saputo per esempio di una leonessa in cattività che ha ucciso i cuccioli. Distruggere è anche un atto vitale. Al di là di ogni giudizio, Clitemnestra e Medea-leonessa non si giudicano. Si ascoltano. Anche lei è stata ingannata da Giasone, umiliata, tradita. Teme per il triste, umiliante destino dei suoi figli di sangue divino. Esce così la sua barbarie. Li uccide con il pugnale. Responsabile e disperata si assume fino in fondo la necessità del suo gesto per difendere la dignità del suo essere donna. Sale sul carro del Sole che le dirà di cercare una terra a tre punte dove gli uomini uccidono i propri figli per permettersi le proprie turpitudini, mentre altri come lei compiono dei gesti in cui cercano una ragione di vita o di morte. Giunta così in Sicilia assiste a una festa dionisiaca, finché il mare di Sicilia si alza, come una sorta di Apocalisse, si ribella e dice basta. Solo i giusti sono degni di vivere. Gli altri verranno dimenticati. “E’ finito il tempo della misericordia”. Uno sguardo duro, lucido, crudo sul presente. Un grido di dolore, ma anche di speranza. Violante quindi a un certo punto fa questa cosa bellissima: collega questo mito alla strage di Capaci.
…E qui il mito e il presente si toccano. Medea uccide per difendere, interrompendola, la sua genìa e la sua sostanza…i mafiosi invece per tutt’altra ragione.
Uccide i figli perché non diventino schiavi. Il carro del Sole le dice “Vai e salva i giusti”. La seconda parte diventa visionaria. Il mare, Medea sul carro che diventa barca, l’Arca di Noè, per salvare i giusti. “Il perdono ha chiuso i cancelli…Non sprecate il tempo della giustizia”. E’ un monito. Come dire “E’ ora. Non si può più andare avanti così”. Per questo debuttiamo a Palermo nella chiesa dove è sepolto Falcone, nel trentennale della strage di Capaci. E’ un grido di dolore e di speranza.
Dal testo di Violante si evince una forte necessità di cambiamento in questo accostamento tra passato e presente, che ha particolarmente toccato le tue corde. Un incontro importante per la tua ricerca artistica e umana.
Assolutamente sì. Moltissimo…Sono profondamente toccata da questa esperienza.
Quest’opera continua la strada di un tuo percorso già segnato, che qui trova uno spessore preciso, trattandosi di fatti accaduti in Sicilia, ed entra nella struttura delle nostre profonde ferite, delle nostre piaghe. La Sicilia sembra essere un luogo privilegiato per i tuoi spettacoli…
Certamente. La Sicilia mi ha fatto nascere artisticamente a diciassette anni con Cecchi al Garibaldi di Palermo. Rispetto a Medea una particolare coincidenza…A dieci anni dichiarai a mio padre l’intenzione di diventare attrice, ma dovevo dimostrargli che avevo talento. Lui faceva Medea a Siracusa con Valeria Moriconi e io là ricevetti il suo assenso. Poco dopo la sua morte ho iniziato le prove di questo “Medea”…
Ti salutiamo con tanti auguri per questo spettacolo imminente. Grazie per il tempo che ci hai dedicato e per il tuo prezioso lavoro, per quello che fai e per come lo fai.
E’ come una semina…perché questi semi condivisi possano in ciascuno di noi poi crescere. Sono grata di tutto ciò. Grazie a voi.