L’Eternit metamorfico e mostruoso di Laskaridis alla Pergola di Firenze
@ Mattia Aloi, 17-03-2022
Un’eternità cangiante.
L’Eternit, nome commerciale del fibrocemento, è nato come un prodotto per l’edilizia rivoluzionario: leggero e relativamente economico ma tanto resistente da meritarsi il nome come richiamo all’eternità. Il fibrocemento sembrava un materiale magico, ma con il passare degli anni questo materiale da sogno si è rivelato avere l’anima dell’incubo: l’amianto, componente che si rivelò causa di asbestosi e mesotelioma pleurico.
Elenit accosta alla mercurialità del sogno l’asfissiante inquietudine di un incubo; i personaggi vorticano sul palco componendo un crescendo grottesco di situazioni apportatrici di disagio, disgusto e malessere, fino alla paradossale risata. Non si legga del controsenso nella precedente affermazione: il coacervo di esseri ripugnanti e di visioni febbrili danzano a cavallo della linea fra il ridicolo e il terrifico, raccontando una storia nata orfana di significato e che chiede allo spettatore di attribuirgliene uno.
Qual è il tuo problema? Unica frase intelligibile di tutto lo spettacolo, questa domanda viene posta dal regista al pubblico (e forse anche a se stesso); trovare un posto dove esistere, dove esprimersi, in uno scenario mondiale in continuo stravolgimento è una Chimera possibile solo a teatro, e questo spettacolo necessita di un luogo dove esprimere il proprio non-luogo, fatto di arredo scenico che sembra trasportato sul palco da una tempesta: una pala eolica, una batteria per percussionisti foderata di pelo, alcune rovine greche, la Nike di Samotracia.
L’eternità che viene evocata non è l’immutabile fermezza, bensì l’eterno modificarsi e ricongiungersi di tutte le cose; i personaggi fluiscono attraverso le diverse scene modificandosi e trasformandosi in modo a volte impercettibile a volte violento. La bravura del regista Euripides Laskaridis è principalmente quella di riuscire a uniformare le mutazioni fisiche e corporee assieme a quelle melodiche e di immagine, mettendo assieme una moltitudine di elementi che altrove non potrebbero coesistere, creando un filo rosso che guida la scena e la fa trasmutare senza soluzione di continuità.
Non è possibile rimanere indifferenti durante la visione, l’impatto visivo è fortissimo e lascia sconcertati; quando lo spettatore si sente mancare il solido terreno della logica sotto i piedi può o rimanere terrorizzato a guardare il granguignolesco evolversi degli eventi, oppure abbandonarsi al fiume onirico degli avvenimenti e lasciarsi trasportare dalla poetica dell’autore verso il grottesco mondo incantato confezionato per noi.