La Locandiera goldoniana è anni ’50 e canterina nella versione di Luca De Fusco

La Locandiera goldoniana è anni ’50 e canterina nella versione di Luca De Fusco

@Anna Di Mauro, 06-05-2022

Protagonista femminile e non certo femminista, al centro di una palese ascesa della borghesia, a fronte di un’aristocrazia nullafacente degradata e impoverita, l’arguta Mirandolina seduce e sfrutta bellamente la dabbenaggine maschile nella commedia settecentesca più nota del grande commediografo veneziano. Trasportandola negli anni ’50 con musiche, jukebox e abiti d’epoca, il regista, per la quarta volta dopo dieci anni alle prese con Goldoni, ha voluto evidenziare l’analogia tra l’ottimismo della settecentesca borghesia italiana nascente e il sano vigore della nuova classe al potere nel boom economico dell’Italia anni ’50. Condita da musiche, amori e rivalità tra i due sessi, altalenando tra  ottusità mascoline e civettuole beltà, tra l’onestà e genuinità della classe borghese e la falsità della defunta aristocrazia, la celeberrima commedia  ruota intorno alla seduzione del sesso e del denaro, contrapposti al valore del lavoro e di una vita santificata dal matrimonio perché per una donna essere sola comporta rischi e non favorisce una buona reputazione. Pensarlo nel ‘700 è lecito, ma non nel XXI secolo. Andiamo ai fatti.

L’avvenente Mirandolina rimasta sola dopo la morte del padre gestisce la pensione ereditata con l’aiuto di Fabrizio, innamorato di lei come del resto i due aristocratici ospiti, lo spiantato e decaduto Marchese di Forlipopoli e il munifico ex commerciante ora Conte di Albafiorita, rivali in amore per i begli occhi della giovine, che si diverte a illuderli e a tenerli in suo potere, lasciandosi coprire di doni e complimenti, senza mai cedere una briciola della sua appetibile persona. Dai due cascamorto si distanzia il terzo ospite, l’aristocratico Cavaliere di Ripafratta, immune alle grazie di Mirandolina, che ferita nell’orgoglio femminile decide di vendicarsi. La civetteria della locandiera pervasa da un vago cinismo si mette in moto per sfidare la millantata misoginia del Cavaliere di Ripafratta, fino a ridurlo farneticante in ginocchio pubblicamente, a implorare vanamente il suo amore, in un finale a lieto fine che rimette a posto i pezzi del mosaico con buona pace dei falsi sentimenti e dei sotterfugi.

La gradevole trasposizione si avvale di una scenografia asciutta ed evocativa di colonne di sedie alle pareti, tra le quali troneggia sullo sfondo il jukebox e in primo piano un tavolino, elementi che sembrano concentrare i nodi centrali scelti: la musica e la ristorazione. La seduzione  è affidata alle strategie di schietta semplicità della locandiera, a fronte di malizie contorte delle sedicenti comiche Ortensia e Deianira, giunte alla locanda sotto le mentite spoglie di due nobildonne. Intrecci amorosi e avidità si accompagnano con ritmo a tratti lento, sostenuti dalla grazia di un testo intramontabile. Piccolo inciso: nel secondo atto la scena, misteriosamente ricoperta da candide lenzuola da cui sbucano a fatica e impacciati i personaggi, forse evocherebbe una società dismessa, come una casa chiusa da tempo?

La figura della protagonista viene qui proposta in una chiave disinvolta e a tratti cabarettistica da Lara Sansone, già conosciuta per la soap televisiva “Un posto al sole” che rinnova la malizia preziosa e accattivante del personaggio con una modernità che diluisce e stempera le leziosità settecentesche in una durezza sotterranea a cui non sfugge nessuna figura maschile, soggiogata dal muliebre vigore, preda in un cappio da cui è impossibile sfuggire. Artefice e padrona del suo destino, vittoriosa e saggia, la nostra Amazzone si appresta ad apparecchiarsi un futuro sereno accanto a un uomo modesto e tranquillo, ma fino a quando? La sua evidente modernità non garantisce più orizzonti noti.

LA LOCANDIERA

di Carlo Goldoni
regia Luca De Fusco 

con Lara Sansone 

e con Francesco Biscione, Vittorio Ciorcalo, Cinzia Cordella, Gennaro Di Biase, Giacinto Palmarini, Gilda Postiglione 

aiuto regia Lucia Rocco
scene e costumi Marta Crisolini Malatesta 

disegno luci Gigi Saccomandi
musiche a cura di Paolo Coletta 

una produzione Tradizione e Turismo srl – Centro di Produzione Teatrale – Teatro Sannazaro

Al Teatro Verga di Catania fino all’8 Maggio