La favola psicanalitica di Federico Fellini. ‘Giulietta’ nella versione teatrale di Valter Malosti
@ Antonia Giusino, 27-04-2022
Proposto nel 2020, in occasione del centenario della nascita di Federico Fellini, dopo una lunga tournée in tutta Italia, lo spettacolo Giulietta di Valter Malosti, adattamento teatrale di Vitaliano Trevisan, con Roberta Caronia, vede la sua conclusione al Teatro Biondo di Palermo dal 20 al 24 aprile 2022. Prodotto e portato in scena nel 2004 dal TPE – Teatro Piemonte Europa – prende spunto dall’unica opera narrativa di Fellini, una sorta di prescrittura di quello che diventerà nel 1965 il film Giulietta degli spiriti. Scritto interamente in soggettiva, lui stesso ne suggerì la stampa in lingua tedesca per l’editore svizzero Diogenes nel 1989.
A inizio spettacolo sembra che la scena sia occupata da un piccolo tendone da circo color panna, ma si scopre che non è esattamente così. Dall’apice fuoriesce un busto di donna che indossa un corpetto dello stesso colore del telone, ha una cuffia in testa, la faccia truccata con del cerone bianco, due grandi pomelli rossi che segnano le gote. Intorno le marionette svestite di Gianni Busso, alcune alzate quasi in procinto di muoversi, altre sedute e una distesa, abbandonata: morta. L’attrice in scena, Roberta Caronia, sembra costretta dentro una sproporzionata gonna inchiodata al terreno, incastrata nella bocca centrale di un vulcano, ma anche libera di far volteggiare la fantasia degli spettatori. Se è vero, infatti, che per l’intero spettacolo l’attrice non può che affidarsi ai soli movimenti del busto, alle sue espressioni facciali e alla magistrale arte attoriale, è pur vero che quella gonna/tendone/vulcano, pur rimanendo fissata al pavimento, agli occhi del pubblico si trasformerà ora in morbide onde del mare, ora in una collina alla cui sommità vi è una piccola casetta, e perfino in una pista da ballo illuminata da luci colorate e avvolta dalla musica a tutto volume.
Non ho mai potuto sopportare la mia faccia allo specchio. Le prime battute ci introducono nella lunga e complessa narrazione di una donna, di una Alice moderna che, attraversato lo specchio, ci racconta la sua vita, i suoi sogni e l’evento che ha scardinato tutte le sue aspettative: il tradimento del marito. Giulietta è una moglie ferita a morte, ma anche una donna diversa dall’usuale; il suo mondo infatti è popolato non solo dai suoi cari, dai suoi ricordi più intimi ma anche da cose che nessuno vede: gli spiriti. Come la maggior parte dei personaggi tratteggiati da Fellini – soprattutto lei -, è una figura ondivaga che nel suo lungo raccontarsi oscilla continuamente tra sogno, spiritismo e psicanalisi. In proposito non si può non ricordare la trasformazione del percorso artistico avuta dal famoso regista proprio nell’incontro con la psicoanalisi, ed esattamente con il professore Ernest Bernhard, di scuola junghiana, colui che, come lo stesso Fellini affermò, gli permise di convivere con i propri fantasmi, divenendo una figura di riferimento talmente forte da essere definita paterna.
L’alternanza della luce e dell’oscurità disegna i vari momenti della rappresentazione e accompagna i vissuti della protagonista che ora fa sorridere con le sue espressioni quasi infantili, le acute battute, e ora commuovere con i racconti delle sofferenze subite nel corso della propria esistenza, inducendo lo spettatore a tuffarsi dentro e fuori della realtà.
Giulietta inizia a raccontare di sé parlando del padre, appassionato sostenitore del Duce, tanto da affermare che il Dittatore sia una figura che nella vita supera il ruolo materno. Il genitore fascista nell’arco dello spettacolo verrà spazzato via dalle parole fredde di un notaio, quando riferirà a Giulietta che costui non è il suo padre biologico. Tale rivelazione indurrà la donna all’unione in matrimonio, nella ricerca compensativa di una figura maschile di riferimento. Il nonno, ormai morto, personaggio opposto al padre, ma presente in diversi momenti del racconto, impopolare e mal ricordato dalla famiglia, perché scandalosamente fuggito con una giovane ballerina, riveste un ruolo fondamentale nel cuore del personaggio principale. Lui è l’anarchico, l’anticlericale, che combatte le convinzioni cattoliche della nipote e il perbenismo borghese che non le consente di dichiarare le colpe di un marito fedifrago. La lunga corrente di pensieri però non è solo fatta di persone; non mancano infatti le sedute spiritiche che rivelano le grandi verità a Giulietta la cornutissima. Sono gli spiriti coloro che l’accompagnano nei suoi viaggi onirici, ma anche nella realtà delle sue giornate, “interpretati” dai burattini immobili disposti in pose evocative, di volta in volta illuminati da una luce spot che li fa quasi riemergere dalle tenebre. Sono gli spiriti di Casanova, Iris, Olaf, persino dell’amica adolescente di Giulietta, morta suicida a causa di pene d’amore, che in scena è il burattino disteso, morto, posizionato alle spalle dell’attrice.
Nel lungo flusso psicologico, nei tormenti, nel vuoto dell’inadeguatezza di questa donna tradita non può mancare una fantomatica Agenzia investigativa “Occhio di lince”, che si occupa di reperire informazioni pre e post relazioni matrimoniali, a cui si rivolge Giulietta per ottenere la prova della veridicità delle rivelazioni apprese durante le sedute spiritiche. Dopo la conferma del tradimento ecco la rabbia e la frustrazione; la protagonista sembra voler riacquisire dignità, ripagare il torto subito con la stessa moneta; così si reca da una bizzarra conoscente, Susy, una mantenuta che ama amare, che intesse fugaci relazioni fisiche con uomini e donne e che le dovrebbe insegnare ad essere un po’ più puttana. Con lei partecipa a una grande festa, fugge dalla casa coniugale, da quel marito infedele che dorme sereno ogni notte al suo fianco; balla scatenata, si lascia andare, incontra un uomo di colore bello, giovane, forte, fascinoso. Con lui a fine serata si ritrova in una stanza da letto, ma poi viene assalita dai pensieri, prigioniera del tarlo della colpa per un possibile tradimento che non vuole agire e scappa via.
L’amaro epilogo dello spettacolo è una bella immagine appena tratteggiata: il volo liberatorio di Giulietta accompagnato dagli “amici spiriti” che finalmente possono dichiararsi, da quel nonno sui generis che tutto può dire, e da una sua conclusiva dichiarazione in cui ritornando a guardarsi allo specchio, afferma:
…io non sono per nulla male.
La nostra Giulietta, malgrado la bella interpretazione della Caronia, dentro uno spettacolo magnificamente costruito nei testi, nella regia e negli apparati scenografici, nonché nel disegno di luci e suoni, sembra però incastrata in un destino irremovibile, denso di luoghi comuni, tabù e stereotipi di un patriarcato imperante. Soltanto alcune scintille costellano il personaggio, parlano dei desideri di emancipazione, di rivalsa, di amore di sé, ma non si accenderanno mai, assumeranno solo la forma di fuochi fatui.
Allo spegnersi delle luci, nonostante ci si senta ancora intrisi delle narrazioni vive, presenti in questa rappresentazione teatrale, affiorano alcune riflessioni e domande che rimangono incollate ai pensieri: “È ancora questo l’immaginario sul mondo femminile? Quanto è mutato il mondo? È davvero mutato? La riproposizione di alcuni stereotipi, di certo ancora presenti nella nostra cultura, è forse un modo per ripensarli una volta di più e permetterci di trasformarli?”
GIULIETTA
adattamento teatrale Vitaliano Trevisan
da un’idea di Valter Malosti
uno spettacolo di Valter Malosti
con Roberta Caronia
scene Paolo Baroni
luci Francesco Dell’Elba
costume Patrizia Tirino
marionette Gianni Busso
musiche originali Giovanni D’Aquila
progetto sonoro Valter Malosti
ricostruzione e rielaborazione del suono Fabio Cinicola
assistente alla regia Alba Manuguerra
altri suoni e altre musiche Nino Rota, Federico Fellini e Fatboy Slim
produzione TPE – Teatro Piemonte Europ
Al Teatro Biondo di Palermo