Carsen a Siracusa consegna un ‘Edipo re’ come un Cristo alla colonna
@ Anna Di Mauro, 23-05-2022
Con una elegante edizione in bianco e nero tra le pietre millenarie, in un impianto scenico assolutamente sobrio e al tempo stesso monumentale, di cui unico elemento una grigia, imponente scalinata, simbolo del potere, su cui gli incestuosi sovrani di Tebe conducono il loro bieco destino, Robert Carsen, per la prima volta a Siracusa ha celebrato il mito di Edipo re narrando magnificamente della graduale, inesorabile, rovinosa caduta della vittima inconsapevole di un destino tremendo, freudianamente in asse con ciò che nell’inconscio giace acquattato sul fondo dell’anima di un figlio: uccidere il padre e giacere con la madre. Assistiamo ancora una volta con animo sospeso alla tragedia delle tragedie, al dramma psicologico più raffinato che mente umana abbia potuto concepire, in una spirale di indagini e sospetti sempre più soffocante fino alla tragica rivelazione: l’empio è colui che cerca l’empio. Ambientata nel nostro secolo la vicenda prende il via dalla terribile pestilenza che opprime Tebe. I tebani in lutto (80 elementi in scena, un coro di forte impatto) chiedono al re Edipo, in elegante abito scuro, di trovare una soluzione al dramma che stanno vivendo, che stiamo vivendo. L’accostamento alla nostra pandemia è inevitabile. L’oracolo consultato dal cognato Creonte indica un empio che deve essere allontanato per salvare la città. Con sincerità di accenti e limpido zelo il sovrano inizia immediatamente la caccia all’uomo che infesta il regno con la sua presenza in un percorso labirintico che condurrà lentamente ma inesorabilmente alla sua rovinosa, insospettabile caduta, rivelando il Minotauro che era in lui.
Sofocle in stato di grazia ha dato voce alla fallacia e alla precarietà della condizione umana, stretta tra la nascita e la morte in un cappio doloroso, incarnata nel figlio di Laio e Giocasta, infelice rampollo della casa reale di Tebe, cui fu predetto che avrebbe assassinato il padre e sposato la madre. Infilzato per i piedi e consegnato a un pastore e alla morte da coloro che lo avevano generato, per evitare il compiersi del tremendo destino, (mai l’uomo osi contraddire il volere divino, inteso come atto di libertà), salvato per pietà e condotto alla corte di Corinto, dove ignaro viene allevato amorevolmente dai genitori adottivi, il misero finirà paradossalmente per andare incontro alla sua amara sorte. Allontanatosi da Corinto e da coloro che riteneva i suoi veri genitori per sfuggire alla sorte maligna predetta dall’ oracolo, Edipo, giunto a Tebe, ne diverrà il re per avere risolto l’Enigma della Sfinge e sposerà Giocasta, vedova di Laio assassinato a un crocevia, da cui ha quattro figli.
Questo l’antefatto.
Nell’incipit della tragedia Edipo, vivificato da un calzante Giuseppe Sartori, stimolato dalle suppliche del suo popolo stremato, inizia l’indagine per scoprire l’empio, masi accanirà contro il cieco Tiresia, il suggestivamente vaticinante Graziano Piazza dalle bianche orbite, chiamato per chiarire il dilemma, che prima non vuol parlare, ma poi punta il dito contro di lui, scatenando l’ira dell’indagatore, che non crede a quelle parole. Poi è la volta di Creonte, un convincente Paolo Mazzarelli, che invano proclama la sua innocenza, accusato di complottare contro di lui per sete di potere. Il veleno del sospetto di tradimento inizia a farsi strada nel corpo snello e scattante del giovane marito dell’affascinante regina in bianca redingote di Maddalena Crippa, dai luminosi accenti, accorsa saggiamente e amorevolmente a sanare il conflitto tra lo sposo e il fratello. La verità inizia a farsi strada quando un nunzio da Corinto informa Edipo che il padre del sovrano è morto, o meglio colui che Edipo credeva fosse suo padre, rivelazione che fa traballare i due sposi; infine le circostanze della morte di Laio, e lo svelamento della sua vera natura da un pastore, testimone dell’eccidio di Laio rivelano a chiare lettere il dramma. Edipo ha assassinato il padre e sposato la madre. Quel bambino allontanato dalla reggia tebana e condannato a morire, era lui. Il terribile riconoscimento strazia la madre-moglie che corre a impiccarsi, mentre il marito-figlio si trafigge gli occhi per poi, in una lunga, travagliata sequenza, franare miseramente, prima nudo e insanguinato, poi con indosso la bianca veste insanguinata di Giocasta, gradino dopo gradino, dall’apice della scala, metafora dell’esistenza, alla nuda terra degli umili. Reggendosi su un bastone porto per pietà da Creonte, si rialzerà per risalire lentamente la scalinata della cavea tra gli spettatori, in un toccante, penoso sforzo, portando con sé tutto il calvario della condizione umana, insieme alla speranza di un rinnovamento. Una scena indimenticabile.
Affidata la tragedia unicamente al cast e a una scala, la regia del regista canadese recupera i dettagli scarnificati di un lavoro fondamentalmente umano, dalla recitazione sobria e intensa alla gestualità contenuta, dai movimenti coreografici che assumono suggestive e simboliche forme, da una croce a un serpentone, punteggiando la scena di nero, all’uso di indumenti / i morti che accatastati al centro formano una nera, macabra ruota, in una raffinata cornice “artigianale” che ci riporta allo stile asciutto di Peter Brook, a quella pulizia che affonda artigli nell’anima e cerca echi nel corpo. Un paradiso terrestre ante litteram diventa l’emblema di una struggente felicità che l’atto della conoscenza inesorabilmente sottrae al misero mortale. Tebe è l’Eden perduto per aver voluto sapere. Edipo e Adamo si avvitano su se stessi per esplorare un’identità.
La vittima inconsapevole divenuta consapevole si scopre reo ai suoi stessi occhi.
Il “Conosci te stesso” qui è letale.
Un testo superbo che ha attraversato i secoli riceve la mano felice dell’artista canadese, capace di generare voli con una semplicità apparente, in realtà frutto di un accuratissimo lavoro creativo, sostanziato dal desiderio di offrire un’opera schietta, profondamente umana, in uno spazio scenico straordinario. Imperdibile.
EDIPO RE
di Sofocle
EDIPO RE | Giuseppe Sartori
CAPO CORO | Rosario Tedesco
CORIFEA | Elena Polic Greco
CREONTE | Paolo Mazzarelli
TIRESIA | Graziano Piazza
GIOCASTA| Maddalena Crippa
PRIMO MESSAGGERO | Massimo Cimaglia
SERVO DI LAIO | Antonello Cossia
SECONDO MESSAGGERO | Dario Battaglia
CORO DI TEBANI | Giulia Acquasana, Caterina Alinari, Livia Allegri, Salvatore Amenta, Davide Arena, Maria Baio, Antonio Bandiera, Andrea Bassoli, Guido Bison, Victoria Blondeau, Cettina Bongiovanni, Flavia Bordone, Giuseppe Bordone, Vanda Bovo, Valentina Brancale, Alberto Carbone, Irasema Carpinteri, William Caruso, Michele Carvello, Giacomo Casali, Valentina Corrao, Gaia Cozzolino, Gabriele Crisafulli, Simone D’Acuti, Rosario D’Aniello, Sara De Lauretis, Carlo Alberto Denoyè, Matteo Di Girolamo, Irene Di Maria di Alleri, Corrado Drago, Carolina Eusebietti, Lorenzo Ficara, Manuel Fichera, Caterina Fontana, Enrico Gabriele, Fabio Gambina, Enrica Graziano, Giorgia Greco, Carlo Guglielminetti, Marco Guidotti, Lorenzo Iacuzio, Ferdinando Iebba, Lucia Imprescia , Vincenzo Invernale
Althea Maria Luana Iorio, Elvio La Pira, Domenico Lamparelli, Federica Giovanna Leuci, Rosamaria Liistro, Giusi Lisi, Edoardo Lombardo, Emilio Lumastro, Matteo Magatti, Roberto Marra, Carlotta Maria Messina, Moreno Pio Mondì , Matteo Nigi, Giuseppe Orto, Salvatore Pappalardo, Marta Parpinel, Alice Pennino, Edoardo Pipitone, Gianvincenzo Piro, Bruno Prestigio, Maria Putignano, Riccardo Rizzo, Francesco Ruggiero, Rosaria Salvatico, Jacopo Sarotti, Mariachiara Signorello, Flavia Testa, Sebastiano Tinè, Francesco Torre, Francesca Trianni, Gloria Trinci, Damiano Venuto, Maria Verdi, Federico Zini, Elisa Zucchetti
Responsabile del coro | Elena Polic Greco
Direttori di scena | Angelo Gullotta, Carlotta Toninelli
Coordinatore degli allestimenti | Marco Branciamore
Responsabile sartoria | Marcella Salvo
Coordinatore audio | Vincenzo Quadarella
Responsabile trucco e parrucco | Aldo Caldarella
Costumi realizzati da | Laboratorio di sartoria Fondazione Inda
Scenografie realizzate da | Laboratorio di scenografia Fondazione Inda