Le troiane con Elisabetta Pozzi, uno sguardo cinico sul destino dei vinti

Le troiane con Elisabetta Pozzi, uno sguardo cinico sul destino dei vinti

@Francesco Bianchessi, 15-02-2022

Le Troiane di Euripide racconta la tragica vicenda di Ecuba e delle sue figlie dopo la caduta di Troia. Lo spettacolo diretto da Andrea Chiodi, su adattamento e traduzione di Angela Demattè, abbandona ogni collegamento visivo con il mondo classico. Quella che vediamo sul palcoscenico è una realtà onirica, un incubo fatto di dolore e umiliazione. Lo spazio cupo ricorda una prigione, pochi oggetti a vista fra cui un water, un tavolo, un letto, una cucina e un piccolo cavallo di legno.

In apertura l’aria Lascia ch’io pianga di Händel ci introduce perfettamente all’umore generale dello spettacolo; Ecuba crolla esanime su una valigia, simbolo dell’esilio, mentre della cenere piove dal soffitto.

La città di Troia, un tempo potente, è stata distrutta dagli Achei per mezzo del famoso inganno del cavallo. Le donne, un tempo regine e principesse, sono ora le schiave dei vincitori. I loro mariti trucidati così come i loro figli. La sorte di ognuna viene rivelata di volta in volta dalle parole di Taltibio, messaggero dei greci. Oltre alla regina di Troia, interpretata magistralmente da Elisabetta Pozzi, ci sono le sue due figlie Cassandra e Andromaca, la prima – maledetta dagli dei, destinata a non essere mai creduta -, si abbandona a una lunga e aspra profezia che prevede le atroci sorti dei suoi carcerieri. Passerà la guerra, passerà l’orrore, passerà l’umiliazione subita dai vinti prima che le sorti si capovolgano e i carnefici diventino a loro volta vittime. Così all’infinito, in un gioco spietato e senza fine. La seconda si vede strappare dalle braccia il bambino, progenie di Ettore, sacrificato alle necessità della realpolitik.

Il testo della tragedia viene integrato con degli innesti, il più importante dei quali riguarda la figura di Elena. Lo spettro della regina di Sparta viene reso come un’immagine digitale, ingannevole ed effimera, deludente nella sua forma fisica. Il momento in cui Ecuba si trova di fronte ad Elena viene caricato ulteriormente a livello drammaturgico. La leggendaria Elena, per cui tanti hanno perso la vita, il cui rapimento è stato causa della fine della famiglia reale troiana, si rivela essere una creatura di pura apparenza, totalmente effimera ed incapace di comprendere l’entità del dolore che ha causato.

La narrazione assume, per mezzo della regia, uno sguardo cinico sulla vicenda. I riti sacri diventano i giochi di una piromane, mentre lo scudo di Ettore – che funge da sepolcro per il figlio – altro non è che il coperchio di un bidone dell’immondizia.

La dimensione multimediale, che si avvale di un grosso schermo su cui compaiono il coro e il volto di Elena, appare molto ben inserita all’interno dello spettacolo e finisce per aggiungere una dimensione, nuova e interessante, alla vicenda narrata da Euripide. Una prova di come, a distanza di secoli, testi come questo sappiano ancora parlare sfruttando un nuovo tipo di linguaggio.

 

TROIANE

da Euripide
adattamento e traduzione Angela Demattè
regia Andrea Chiodi
con Elisabetta Pozzi
e con Graziano Piazza, Federica Fracassi, Francesca Porrini, Alessia Spinelli
scene Matteo Patrucco
costumi Ilaria Ariemme
luci Cesare Agoni
musiche Daniele D’Angelo
produzione Centro Teatrale Bresciano

Photo © Masiar Pasquali

Al Teatro Franco Parenti di Milano