‘Mrs. Fairytale’: l’evasione impossibile passa per un’amara risata

Mrs. Fairytale: l’evasione impossibile passa per un’amara risata

@ Francesco Bianchessi, 17-01-2022

Il sipario si apre su un salottino borghese anni Cinquanta. La pellicola trasparente stesa sul divano, le decorazioni natalizie argentee e i palloncini bianchi svolazzanti concorrono a dar vita a un microverso surreale.
Questo è il regno e la prigione di Mrs. Fairytale (interpretata da Filippo Timi), una caricaturale casalinga americana sui generis, creatura dall’apparenza grottesca e dall’animo tragico. Schiacciata dalla propria infelicità e prigioniera delle convenzioni sociali, Mrs Fairytale si prepara ad affrontare il veglione di capodanno dopo l’abbandono del marito. Il senso di solitudine e prigionia traspare da ogni battuta o gag della protagonista, dall’interazione con il simulacro di un cagnolino fino al lungo discorso con il centralinista telefonico, tutto lascia intravvedere la disperazione che sottende al dramma umano. Mrs. Fairytale entra in scena indossando, sopra l’iconico vestito, un corpetto e un mantello da super eroina, tale è l’entità del nemico con cui deve misurarsi: una profonda depressione, un dolore esistenziale che non ha (e non può avere!) nome.
L’evasione è l’istinto dominante. Il sottilissimo, talvolta invisibile, filo conduttore di tutta la storia. Un’evasione metaforica dalle quattro mura del salotto, che diventa evasione dal corpo e dalla mente dell’attore. Gran parte delle gag sono giocate sull’impossibilità di relazione con l’esterno, di rompere quell’illusoria quarta parete che condanna il personaggio ad esistere solo in funzione della scena, e del dolore che essa veicola.
Nel salottino Mrs. Fairytale non è sola, un’altra creatura emerge all’improvviso dal divano: l’uomo invisibile (interpretato da Emiliano Coltorti), figura altrettanto tragica che per tutto il tempo ha spiato la donna a sua insaputa. Una creatura condannata alla solitudine che in quella casa ha trovato rifugio. I due personaggi arrivano a un ideale connubio attraverso un percorso arzigogolato, che si perde nelle lunghe gag. Il vulcanico Timi mette in scena con trasporto e divertimento una serie di improvvisazioni ricercando insistentemente un contatto umano ed emotivo con il suo pubblico.

Lo spettacolo è caratterizzato da una messa in scena sovrabbondante, che talvolta genera qualche accavallamento nell’intreccio. Tuttavia il senso di caos concorre in maniera evidente a definire il genere, e a collocare lo spettacolo nella cornice del teatro dell’assurdo. La parola perde ogni significato e smette di essere un mezzo per comunicare in maniera netta quel dolore da cui la protagonista tenta di fuggire, utilizzando ogni particella di energia vitale.
I riferimenti al presente arrivano in modo chiaro, palese: il lungo e furioso monologo suona come un atto di accusa verso una classe politica che oggi, come negli anni cinquanta, rifiuta in maniera ipocrita di prendere atto della realtà, condannando di fatto le persone ad essere “uomini e donne invisibili”. Un momento molto toccante, caratterizzato da un tono forse dissonante rispetto al resto dello spettacolo.
Mrs. Fairytale è un testo caldo, animato da una vitalità palpabile, uno spettacolo che non dimentica i sentimenti che stanno all’origine del suo concepimento e che, nonostante qualche piccola caduta, arriva diretto al cuore dello spettatore.

 

Mrs. Fairytale di e con Filippo Timi

e con Emiliano Coltorti
costumi Fabio Zambernardi
assistenti alla regia Beatrice Cazzaro, Daniele Menghini
macchinista Alberto Accalai
capo elettricista Gianni Gajardo
elettricista Cristiano Cramerotti
fonico Domenico Ferrari
sarta Chiara Lo Mauro
truccatore Enrico Maria Ragaglia
amministratrice di compagnia Carlotta Pircher
scene costruite presso il laboratorio del Teatro Franco Parenti
graphic designer Riccardo Renzi
produzione Teatro Franco Parenti