Un’eccezione vivente. ‘Nessuna mi ha mai detto di no. Anne Lister e i suoi diari segreti’ di Angela Steidele
@ Lucia Tempestini (07-04-2021)
I love, & only love, the fairer sex & thus, beloved by them in turn,
my heart revolts from any other love but theirs.
Anne Lister
Anne Lister è vissuta negli stessi anni di Jane Austen e delle sue eroine, all’alba del XIX secolo, dovendo affrontare, come loro, una società pettegola e soffocante, regole e rituali che stringevano le donne in una rete metallica impenetrabile e codici mortificanti in cui la dipendenza economica dagli uomini, prima i padri poi i mariti, era rigidamente stabilita. Nulla, per esempio, era ereditabile se non dopo il matrimonio, e qualunque avere passava all’istante nelle mani del coniuge.
Eppure questa eccezione vivente è riuscita a rovesciare ogni canone. Di antica famiglia aristocratica e latifondista, con il suo pragmatismo maschile conquista la fiducia dello zio James convincendolo a intestarle la tenuta di Shibden Hall, nello Yorkshire, che amministra con oculatezza e una certa dose di cinismo. Ambisce addirittura a inserirsi nel nascente processo di industrializzazione grazie ai giacimenti di carbone presenti nei suoi terreni.
L’aspetto che colpisce di più in Anne Lister è la sicurezza. L’assoluta lucidità con la quale descrive i sentimenti provati fin dall’infanzia e l’indole ribelle che si manifesta in qualsiasi circostanza. L’orgoglio (lesbico ante litteram) che sostiene la costruzione minuziosa, quasi ossessiva, di un’identità vista dall’ambiente esterno come bizzarra, diversa. L’esatto contrario di Stephen, protagonista de Il pozzo della solitudine, maestra nell’arte dell’autodenigrazione.
Lister percepisce emozioni e conseguenti comportamenti come naturali, affermando che nel momento in cui si tradiscono le proprie inclinazioni la vita precipita nella sofferenza. E’ una fanciulla strana, magra e sportiva, amante delle lunghe camminate in campagna; veste in modo eccentrico, poco femminile, eppure la sua eleganza interiore è evidente. Prima a York, nella prestigiosa Manor House School, da cui viene espulsa per motivi imprecisati, poi grazie a istitutori privati di Halifax, impara greco e latino, francese, matematica, storia, geografia e molto altro, apprendendo le pratiche saffiche dagli aprosdoketon di Marziale. Non è urtata dall’oscena misoginia del poeta latino, Anne cerca solo conferme, prove che l’amore fra donne è sempre esistito. Strutture classiche su cui poggiare una personalità complessa e spesso ambigua. Impetuosa e cosmopolita, viaggiatrice instancabile e seduttrice seriale, ha per prima, e in un’epoca dove imperava la pruderie ipocrita, scoperto l’importanza rivoluzionaria del corpo, ovvero di liberare il corpo da corsetti trine cappellini e nastri per lasciarlo libero di agire nel mondo circostante, e soprattutto di sentire la materia organica vibrare attraverso il desiderio suscitato dal corpo delle altre donne.
I Diari diventano lo specchio dove ritrovarsi ogni giorno, il giornale di bordo in cui annotare con grafia criptata ogni dettaglio esterno – quasi una maniacale catalogazione dell’esistente – e ripensare ogni strategia erotica o processo cognitivo (spesso correlati), per amplificare i riverberi di un egotismo stendhaliano smisurato. Perché se Anne è stata la prima donna ad aprire la strada a un rapporto eversivo con il corpo e alla messa in discussione del prototipo di femminilità subordinata, di certo non ha dimostrato nelle relazioni amorose una particolare empatia di genere. In un dialogo della serie TV BBC tratta dai Diari, Gentleman Jack, possiamo ascoltare una frase rivelatrice: le donne sono noiose e stupide, eppure irresistibili. Ed è il pensiero dominante di Anne, il cardine stesso della sua furia erotica. Il coinvolgimento nei modelli normativi e performativi maschili è totale, e rappresenta nello stesso tempo il suo fascino – per l’evoluzione che avrebbe avuto nel XX secolo – e il suo limite nei rapporti con le Altre. Rifugge le donne che possiedono una preparazione culturale pari alla sua, e magari morfologia e attitudini similari, affermando preferisco i flirt con le belle ragazze – forse perché più facilmente manipolabili? Inoltre usa sempre la parola queer per riferirsi al sesso femminile: strano, bizzarro (estraneo?); fonema che può anche evocare il termine gergale quim, fica. Non sempre è innamorata delle donne che cinge d’assedio, si ispira a Byron e non perde occasione di vantarsi sia delle conquiste che delle proprie prestazioni sessuali, respingendo con sdegno l’idea stessa di essere penetrata da un’altra donna (mi sentirei troppo femminile). Dopo i 35 anni persegue con tenacia l’idea del matrimonio con una gentildonna – facoltosa, of course -, e riesce a conquistare la giovane Ann Walker. Poco più di uno status symbol, mentre nella serie TV l’episodio si dilata in senso romantico, creando una mitopoiesi lesbica travolgente, grazie anche all’interpretazione monstre di Suranne Jones, attenta alle sfumature impercettibili di ogni sguardo e gesto.