Ciao Piera. La tua vita è stata la prova generale di un superbo spettacolo che nessuno vedrà mai
@ Anna Di Mauro 23-08-2021
Piera Degli Esposti non è più tra noi. Difficile parlarne. Difficile non parlarne. Inevitabilmente mi ritrovo davanti alla sua espressione ironica e penetrante. Il suo sguardo maliziosamente esuberante suona come una sfida. La sua immagine si anima in un colloquio immaginario che scivola sul pendio di un’emozione inevitabile.
“Vediamo se sarai capace di parlare di me senza farmi sprofondare nella noia. Ne ho abbastanza di tutti questi salamelecchi, encomi retorici… postumi. Lo so io quello che ho dovuto faticare per farmi apprezzare nel mondo dello spettacolo… Un mondo feroce, difficile, senza rete, dove il talento non sempre si sposa con gli applausi”.
Si mordicchia le labbra adesso. Disconosciuta nella sua genialità prorompente accenna un umano disappunto.
“Già. Solo 2 Davide di Donatello, 2 Nastri d’argento… Sei comunque riuscita a farti largo in quella giungla e sicuramente hai avuto più estimatori di quanti tu pensi. Poco premiata, ma molto amata.”
Ritorna il sagace sorriso che sfiora le ambiguità della mitica Gioconda.
“E’ vero. Avere incontrato Antonio Calenda e Gigi Proietti agli inizi della mia carriera è stata una fortuna, e in fondo posso dire che mi è andata bene. In teatro ho avuto le mie soddisfazioni…Nel cinema sono stata diretta da registi eccellenti: Pasolini, i fratelli Taviani, Marco Ferreri,
Nanni Moretti, Paolo Sorrentino, Marco Bellocchio… In televisione ho ricoperto vari ruoli e attraversato variegate tipologie…
“Sei stata anche regista di opere liriche…”
“Sì, mi sono scorticata le mani a furia di cercare, ma mi sono profondamente divertita e appassionata, e spero di avere divertito e appassionato. Questo è quello che conta, mia cara.”
La sua voce inconfondibile con quella punta di accento divergente, da straniera della vita, mi soggioga ancora una volta. Il suo timbro trivella e frantuma certezze. Non resisto. Le domande sbucano dalla mia bocca prima che possa trattenerle.
“Che cosa è stato per te recitare?”
Le chiederei se potessi. Provo a immaginare che cosa risponderebbe, conoscendone la provvida natura e avendo ascoltato i suoi salaci commenti nelle varie interviste.
“Quello che so è che per me recitare è un atto di comunicazione profonda, una preghiera sui legni, come su una zattera alla deriva in cerca di salvezza. Ci sono stata cercando di rimanere in piedi, in segno di rispetto per un’arte che è finzione e realtà intrecciate in un tessuto inscindibile. Con la mia amica Dacia Maraini sono persino riuscita a raccontarmi e Marco Ferreri mi ha diretto in “Storia di Piera”, un lavacro dell’anima che mi ha rivoltato come un guanto, rivelando anche la mia vis comica che vi ha solleticato con Campanile, per esempio, per citare un autore da me prediletto.”
Il sorriso si allarga nel ricordo delle sue sapide interpretazioni di uno degli autori italiani più frizzanti e originali del ‘900.
“Sei un’attrice completa che ha attraversato tutti generi dello spettacolo con maestria, puntiglio, competenza, estro inconfondibile…”
“Dacci un taglio! Detesto gli imbrodamenti. Servono a perdere il filo del discorso.”
“Va bene… Ma è quel che penso veramente. Allora almeno fammi rispolverare questo ricordo. Piera, quando ti ho conosciuto per la prima volta, eri sul palco del Teatro Stabile di Catania. Interpretavi “La pazza di Chaillot” di Giraudoux. Per me fu un vero choc. Non avevo mai visto un’attrice così potente, estrosa, originale, incisiva, moderna, travolgente. Da quel momento ho seguito con attenzione il tuo cammino, la tua energia fluttuante, il tuo sorriso ironico in fondo al quale si percepiva una sfumatura di malinconia, la tua autorevolezza nonostante l’apparente leggerezza…Quando leggevo che eri tra gli interpreti mi sentivo rassicurata… Non mi sentivo più sola. Fammelo dire, ti prego… Sei straordinaria!”
“E dagli! Non continuiamo con questi sviolinamenti! A me interessa solo avere accarezzato e consolato la tua anima. Questo è il compito di un artista. Il resto, gli incensamenti intendo, sono merce di secondaria importanza. Io sono e rimango una sperimentatrice, un’esploratrice, un’avventuriera del palco (nel senso nobile del termine ovviamente). Teatro, cinema, televisione, nulla ho lasciato di intentato per arrivare al midollo osseo della nostra fragile spina dorsale. Ho faticato, tanto, ma in realtà la fatica non la senti quando stai facendo quello che vuoi veramente. Il problema è capirlo che cosa vuoi veramente…”
Il tuo sorriso indelebile si appanna per un momento. La ruga al centro delle sopracciglia si approfondisce. Stai cercando qualcosa dentro di te, qualcosa che ti sfugge e ti inquieta.
“Piera, della tua vita privata non hai fatto mistero. Conosciamo le tue difficoltà che ti hanno reso però ancora più forte e creativa. Gli appassionati del termine, ormai abusato, parlerebbero di un caso di resilienza. Sei d’accordo?”
Il sorriso diventa ancora più ambiguo.
“Ora basta! Andiamo in chiusura, eh? E’ giunta l’ora di uscire di scena. Dunque… scrivi…
– Vivere e recitare per me è un binomio inscindibile. L’autenticità nella finzione è un delizioso paradosso di cui sento tutto il peso e la vocazione.
Inventarmi ogni giorno un ponte tra me e il mondo è l’unica cosa per la quale è valsa la pena vivere. –
Uhm… Ora fammi rileggere… Beh diciamo che un po’ ti sei salvata perché sono intervenuta io a suggerirti le parole!”
Adesso il tuo sardonico sorriso si è trasformato in una risata decisamente aperta e squillante.
Senza retorica, grazie per esserci stata, generosa, umana ed extraterrestre creatura. Grazie Piera.