Visita al “Buranello”

Visita al “Buranello”

Baldassare Galuppi a.k.a Il Buranello (1706-1785)
*oil on copper
*11 x 9 cm
*inscribed: Bald : Galuppi.D. Buranello Mae. Alla. Cap. Di. S. Marco. 1751

Beniamino Dal Fabbro era andato un giorno a Burano a cercare la casa di Baldassarre Galuppi detto il “buranello”, colui che era addirittura stato chiamato a San Pietroburgo, da Caterina II, come compositore di corte. Nessuno aveva saputo indicarla, perché tutte le case di Burano sono casa di Galuppi: da tutte può provenire la surreale magia del pizzicato di un cembalo.

Memore di questo tenero ricordo letto nel Diario musicale di Dal Fabbro, a Burano ci sono venuto oggi io pure, per trovare ostinato quella casa. Questione di simpatia: ricordo di aver percorso il lungo catalogo dei drammi mitologici e giocosi di Galuppi con un groppo alla gola; decine e decine di titoli scomparsi dalla storia; opere procurate alle scene di Venezia e a tanti teatri italiani, tra 1730 e 1770, titoli sonori, goldoniani, squillanti, da cui si solleva odore di talco e letizia di piccola nobiltà: L’ambizione depressa, Il povero superbo, Il mondo alla roversa, Il puntiglio amoroso… Su uno di loro ho trascorso non poco tempo meditativo: L’uomo femmina, dato al San Moisè di Venezia nel 1762: ecco un’opera buffa che avrei voluto vedere dal vivo, e alla “prima”! Per il resto, titoli non più ripresi, non più eseguiti, vibranti dentro le partiture che ancora ne accolgono il segreto e che marciscono in chissà quanti archivi italiani.

Burano – la statua a Galuppi

Maestro di arte cembalistica, Galuppi era scappato a Venezia ancora adolescente e aveva deciso di sopravvivere facendo l’organista in varie chiese, cosa che all’epoca permetteva ancora a qualcuno di vivere. Pur inesperto, fece montare la sua prima opera a sedici anni: La fede nell’incostanza, ossia gli amici rivali, messa in scena al teatro Boegan di Chioggia e sonoramente fischiata. Ecco, quei fischi sollevano la mia simpatia: chapeau al coraggio di un sedicenne, che diventò uno dei compositori d’opera più grandi e più ricchi d’Italia, tanta e tale era stata la sua produzione messa in scena, e guidata dalle famose tre regolette che secondo lui erano necessarie per la musica di un buon dramma: «vaghezza, chiarezza e buona modulazione».

E ora la sua casa nativa, che qui a Burano pare si sappia qual è. Ci arrivo col traghetto; ne percorro le strade, fatte di case a colori vivi e multiformi, come fossi dentro un pan-tone. Si sbuca nella piazza dedicata al compositore. Su una facciata una lapide indica la casa nativa. Sarà proprio quella? Qualcuno deve aver consultato catasti e archivi, sciogliendo il bandolo. Sullo slargo il mezzo busto di Galuppi: un prominente naso aquilino, i boccoli, la marsina azzimata su un corpicino di esile persona. Sì, proprio un uomo di quel nostro Settecento così dimenticato.

 

(02-07-2021)