Gentleman Anne tra fortune del passato e riflessioni sul presente in prima nazionale al Filodrammatici di Milano
@ Amelia Natalia Bulboaca (23-05-2021)
Giunto alla IX edizione, il festival Lecite/Visioni promosso dal Teatro Filodrammatici di Milano e dedicato alla drammaturgia Lgbtq+, ma che non vuole essere appannaggio esclusivo di questa comunità, essendo aperto al dialogo e alla fruizione da parte di tutte le realtà, propone ben tre pièce in prima nazionale dopo la chiusura forzata dei teatri che speriamo di esserci lasciati per sempre alle spalle.
Una di queste attese prime nazionali è stata Gentleman Anne, da un testo di Magdalena Barile, con le frizzanti Maria Caggianelli Villani ed Elena Russo Arman, che cura anche le scene e la regia. Un testo interamente al femminile: dalla drammaturgia, alla interpretazione, alla regia. Anne Lister è naturalmente la protagonista di Gentleman Jack, l’acclamata serie TV BBC/HBO di Sally Wainwright che ha reso incredibilmente popolare la figura di questa gentildonna inglese del primo Ottocento. I suoi diari privati, scritti in parte in un codice segreto da lei inventato e decifrato solo decenni dopo la sua morte, sono stati recentemente tradotti anche in Italia.
Lo spettacolo si vuole riflessione sulla libertà e la fedeltà a ciò che si è, e si configura come un ponte ideale tra passato e presente attraverso la storia di due coppie di donne. Da un lato vediamo Anne Lister e Ann Walker, la ricca ereditiera che sarebbe diventata la compagna della sua vita, nonché finanziatrice dei suoi ambiziosi progetti imprenditoriali, ma il filo narrativo si dipana soprattutto al presente, raccontando la problematica relazione tra una professoressa di letteratura inglese e la sua giovane allieva. La drammaturgia si concentra dunque sul complesso nucleo di implicazioni che sottostà alla relazione apparentemente banale tra una docente e una studentessa che le sottopone una tesina incentrata sulle autrici del Romanticismo inglese. La giovane Jo, tuta blu, piglio impertinente da ragazzina ribelle, divoratrice di letteratura, che coltiva il sogno di fare la scrittrice, si insinua nella casa della sua professoressa in un giorno piovoso e, complice anche l’assenza del marito, tenta di mettere in pratica delle goffe avances. Ben presto le sue attenzioni assumono un carattere ricattatorio che inizialmente provocano lo sdegno e l’ira della donna più adulta. Pian piano però, Jo mette davanti a questa donna uno specchio implacabile nel quale si riflettono tutte le ipocrisie, gli inganni, i tradimenti che le persone cosiddette perbene e affermate non si fanno remore a praticare pur di raggiungere i propri scopi. La prospettiva è cosi ribaltata e l’abietta ricattatrice che chiedeva, in fondo, solo una chance – quella di essere vista e ascoltata, mette in discussione tutte le fragili certezze della professoressa, costruite su un castello di squallidi compromessi. I rapporti di forza sono smontati e ricomposti in un duello psicologico di grande intensità ed efficacia.
L’incursione nel passato presenta invece un’immagine quasi caricaturale e comica di Anne Lister, soprattutto del suo cinismo e della sua spregiudicatezza. Ad essere sinceri, sarebbe stato auspicabile presentare la figura di Lister nelle sue molteplici sfaccettature anziché limitarsi ad abbozzarne una parodia che non rende un buon servizio né alla Storia né agli spettatori. Anne Lister si trova fra il secolo dei Lumi e il titanismo romantico, è dotata di una cultura umanistica e scientifica fuori dell’ordinario, e talvolta appare contraddittoria ed enigmatica. Un’inquietudine costante la porta a superare i limiti – sociali, geografici, sessuali – e sfidarsi senza sosta, fino alla morte. A momenti, assistendo a questa versione teatrale, viene l’impulso di citare una sua frase: le uniche cose da cui fuggo sono la banalità e la mediocrità.
Figura emblematica, la Lister è al centro delle ricerche letterarie dell’appassionata Joe, che è del resto convinta anche dell’omosessualità delle sorelle Brontë o di Jane Austen. Anne Lister, donna di antico e nobile lignaggio, latifondista, potente e affermata nella sua comunità, è stato il primo esempio, ampiamente documentato e testimoniato di donna che ha praticato solo ed esclusivamente l’amore saffico. Sorprendentemente, ciò che la professoressa di Jo contesta alla Lister (vale a dire il suo atteggiamento maschilista verso il gentil sesso) è l’uso spudorato del potere e del fascino al servizio dei propri egoistici fini. Non si accorge che anche lei, a modo suo, cioè mentendo a se stessa, aveva sfruttato senza scrupoli le stesse dinamiche che soggiacciono ai rapporti di forza ancora vigenti nelle nostre società di individui tutt’altro che liberati e liberi di essere se stessi.
Lo spettacolo tenta dunque l’impresa di parlare al pubblico di oggi, prendendo spunto dalle biografie e dalle fortune letterarie di alcune notevoli donne del passato. Interessante anche la riflessione sulle qualità artistiche di un prodotto letterario, che non devono essere declinate a partire dalle identità di gender. La scrittura della Lister non è da considerarsi letteratura di altissimo livello per il ‘semplice’ fatto di essere stata lesbica e per di più in un periodo storico nel quale le donne, in generale, erano ancora trattate alla stregua di banali elementi decorativi delle case e delle vite degli uomini. I suoi diari sono qua e là, nei primi anni, noiosi e ripetitivi, e forse non poteva essere altrimenti, considerato che si tratta di riflessioni e appunti non destinati alle stampe o ai posteri. E’ tuttavia difficile esprimere un giudizio compiuto, in Italia sono apparsi soltanto alcuni stralci contenuti nel saggio di Angela Steidele Nessuna mi ha mai detto di no (Somara! Edizioni) e in Inghilterra è iniziata da non molto la pubblicazione della versione integrale in più volumi. La sua conquista è certamente quella di essere riuscita a vivere liberamente, in base alle proprie inclinazioni e seguendo i propri istinti e desideri. L’arte invece è quel campo di libertà totale ed estrema, dove le connotazioni gender, sociali, religiose, etniche e in generale tutte le etichette che abbiamo inventato in secoli di vita sociale si liquefanno e non hanno alcuna ragione di essere. L’anima non ha pudore. E neanche sesso. E a volte anche vivere diventa un’arte.
Gentleman Anne (venerdì 21 maggio, ore 19.30)
Festival lecite/visioni
Teatro Filodrammatici di Milano
di Magdalena Barile
con Elena Russo Arman e Maria Caggianelli Villani
luci Matteo Crespi scene Elena Russo Arman costumi Elena Rossi
musiche di Alessandra Novaga
regia di Elena Russo Arman