“Quando sbummicano i ricordi fanno male?”
‘A cirimonia, di Rosario Palazzolo, al Teatro Stabile di Catania, regia e interpretazione di Enzo Vetrano e Stefano Randisi, fino al 27 maggio
@ Loredana Pitino (23-05-2021)
Buio in sala. Chi è di scena? Si alzi il sipario.
La ritualità del teatro è ripartita. Siamo entrati di nuovo in una platea, ci siamo seduti sulle poltrone di velluto rosso, col giusto distanziamento. Abbiamo avvertito quel brivido di quando si apre il sipario e arriva, sempre, un lieve alito freddo che scende dal palco. Siamo tornati a teatro dopo mesi di attesa, dopo l’incredulità di quel giorno di ottobre in cui, per la seconda volta, cinema e teatri sono stati costretti a chiudere per l’emergenza sanitaria.
A Catania, a metà maggio, il Teatro Stabile ha riaperto le porte ai suoi affezionati spettatori con uno spettacolo co-prodotto con il Teatro Biondo di Palermo e la Coop. “Le tre corde”, in collaborazione con la Compagnia Vetrano-Rannisi, dal titolo ‘A cirimonia, da un testo di Rosario Palazzolo, diretto e recitato da Enzo Vetrano e Stefano Randisi, spettacolo già vincitore del Premio dell’Associazione Nazionale dei Critici Italiani.
Il teatro è un rito, nasce da un culto religioso, e poter tornare a mettere in scena uno spettacolo teatrale significa celebrare ancora quel rito eterno da offrire al pubblico con la sacralità necessaria.
Così il testo di Palazzolo, che parla del rito della memoria, delle celebrazioni che vengono sempre associate a cerimonie importanti, a momenti commemorativi necessari nell’esistenza per tenere legato il passato al presente, è stato scelto come il più adatto. Per consacrare il ritorno a teatro con una Cirimonia.
Il sottotitolo che l’autore ha aggiunto è L’impossibilità della verità. Infatti si comprende presto che il dialogo fra i due personaggi in scena, un uomo e una donna, ‘u masculu e ‘a fimmina, ruota intorno a una ricerca: di un ricordo comune, di una memoria condivisa, di una verità rimossa inconsciamente o forse volutamente. Il tema è Pirandelliano, evidentemente, anche se l’atmosfera, surreale, accennata, evocativa, ha echi di Rosso Di San Secondo e vaghi rimandi al Teatro dell’Assurdo.
E’ il giorno di una ricorrenza, anniversario o compleanno non è dato sapere, e come sempre succede in queste occasioni, si dedica una cerimonia, un rito, al ricordo. La memoria del tempo passato, di giorni speciali, è una delle necessità del nostro vivere: ricordare per fare rivivere, per fissare avvenimenti, per sentirsi vicini e accomunati da sentimenti e percezioni identiche.
Ma, può succedere che la degenerazione della memoria comune, lo svanire dei ricordi, o forse la diversa percezione dei fatti accaduti, intervenga a capovolgere il rito, proprio mentre si compie.
E allora si spezza quella spirale che si era innescata, intervengono epifanie di un passato tormentato, di momenti tragici e mai risolti, di tragedie vissute in famiglia, in una famiglia dove i ruoli non si riconoscono più, i mariti si sostituiscono alle mogli, le madri ai figli, i figli alle figlie. Nel testo di Palazzolo tutta la prima scena ha la narrazione cantilenante di formulari che si ripetono, quasi ossessivamente. Finchè non si interrompe il filo, finché la mente non lascia venire a galla, come in un incubo, quei frammenti di verità tragica sedimentati in una dimensione della coscienza molto profonda. In questo momento, nell’angoscia della rivelazione, la scena si colora di un arco di luci di un rosso psichedelico, la musica si interrompe, il tunnel del dubbio e dell’instabilità coinvolge lo spettatore.
Dalla memoria nasce il dolore, per questo si vuole spesso spegnere il ricordo, lasciarlo sopito; ‘a cirimonia scoperchia il vaso e improvvisamente “sbummicano i ricordi” (termine siciliano che sta per scoppiare) e quando esplodono, così come una fame improvvisa, fanno male.
Il dialogo, affidato all’abilità riconosciuta di Randisi e Vetrano, gioca con i toni del dialetto palermitano e tutte le sue coloriture, con un effetto a tratti grottesco, così come grottesca decisamente è tutta la pièce.