Piccolo omaggio a uno dei pochi miti del nostro Novecento. Note su ‘La Ferrarina – Taverna’, atto unico di Franca Valeri che oggi compie 100 anni
@ Lucia Tempestini (31-07-2020)
Sa vender bene le pietanze la “trattora” emiliana proprietaria della Taverna La Ferrarina. Accoglie il cliente – declinato sempre al singolare – aggiustando il vestito aderente a fiorami con un sorriso da Stregatto fintamente svagato. Cambiando velocità al fitto monologare in base alle reazioni degli avventori, decanta gli affettati della nostra campagna tagliati a mano da me personalmente, vero (incantevole mentitrice, son tagliati in malo modo dal salumiere di fiducia), e le altre specialità della casa: i “campi di fieno”, tagliatelline fatte in casa ripassate in padella con burro e formaggio, e certe fettine di vitellina con un ripieno di formaggi destinato a sciogliersi come crema una volta messa la teglia in forno.
Niente sfugge al suo sguardo solo in apparenza svolazzante, però tutto viene piegato, minimizzato e sopito affinché non ostacoli la missione di servire – sia pure un po’ prestino per gli orari canonici – un menu completo. C’è un malinteso comunicativo premeditato alla base dell’atto unico sulfureo di Franca Valeri. Vengono di continuo abilmente rimossi i rancori che agitano la coppia approdata nella sua taverna frequentata anche da onorevoli, distorcendo con soave determinazione il senso del linguaggio fisico e verbale dei due per distoglierli dai sentimenti bellicosi che li animano. Soavità che si trasforma in brusco e autoritario pragmatismo non appena scivola dietro le quinte, ossia in cucina, per rimbrottare il cameriere inerte e le cuoche dedite ai fotoromanzi, rintuzzando il dubbio sollevato dai dipendenti circa il vincolo matrimoniale che potrebbe unire o meno i due commensali con una risposta esemplare quanto rapace: non zi vuol mica lo stato di famiglia per comprar le pietanze.