La purezza che resiste all’orrore umano. ‘A Hidden Life’ di Terrence Malick
@ Marco D’Alessio (31-03-2021)
“Credevo che avremmo potuto costruire un nido in alto sugli alberi e volare via come gli uccelli sino alle montagne”. Queste parole sono accompagnate dalle nuvole sullo sfondo. L’immagine ripresa da un aereo – nonostante sia in bianco e nero – ci suggerisce l’ebbrezza di volare in alto, di toccare vette inaccessibili. La rappresentazione apparentemente idilliaca si squarcia mettendo in luce gli orrori della guerra, innescati proprio da quel velivolo che pur avendoci resi simili agli uccelli si trasforma in un terribile mezzo bellico per arrecare danno all’Altro.
La macchina da presa scruta da lontano un uomo, Franz, e una donna, Franziska, mentre arano il campo in un piccolo e incantato villaggio rurale austriaco. Indaga la loro quotidianità: i rituali che segnano le giornate, come la lettura della bibbia, un autentico faro spirituale che nutre i loro pensieri e li riconduce continuamente all’origine. Proprio la fede è ciò che sostiene Franz, quando, dopo l’arrivo delle truppe del terzo Reich in Austria, si oppone fermamente, unico nel suo paese, all’annessione alla Germania, essendo il nazismo incompatibile con la fede cristiana.
Nonostante alcune iniziali pressioni da parte delle persone vicine, la vita di Franz e Franziska procede serenamente fra attività agricole e giochi con le figlie. Con lo scoppio del secondo conflitto mondiale. Franz come ogni cittadino, è chiamato ad arruolarsi nell’esercito ma si rifiuta. Sebbene tutti provino a persuaderlo a rinunciare alla sua posizione, è convinto della scelta che lo porta alla prigionia, dove subisce abusi e percosse, ma che allo stesso tempo gli fa comprendere di non essere il solo dissidente.
Una storia cruda, dove la narrazione è scandita dallo scambio epistolare tra i due coniugi, attraverso il quale Malick segue l’inesorabile scorrere degli eventi senza intervenire né offrire punti di vista personali. Il regista appare intento a cercare nella Natura una spiegazione superiore agli eventi. Malick, tra gli ultimi eredi del trascendentalismo americano, fa ruotare la pellicola sui cardini di una precisa poetica: l’esaltazione dell’individuo in rapporto con la natura e la società, come si vede nell’esistenza di Franz che è dedito alla natura genetrix, sempre animata, a cui si rivolge in ogni modo, quasi a cercarla e tornare ad essa. La Natura diventa quindi una metafora del grembo materno in cui cercare rifugio, soprattutto durante la prigionia che priva Franz di ogni contatto umano, chiuso com’è tra le fredde mura del carcere.
Il montaggio, caratterizzato da tecniche documentaristiche, segue le vicende dei personaggi: li scruta dall’interno, mostrando una realtà circostante di smarrimento metafisico dove lo stesso Dio, evocato più volte dai passi biblici, sembra dissolversi tra i culti esteriori della popolazione accecata dal Male, indicando nel medesimo tempo il ritorno all’unità primordiale di tutte le cose, sola salvezza possibile.