Trieste Science+Fiction Festival 2020 | ‘Come True’, viaggio verso l’isola dei morti
@ Silvia Scaravaggi (07-11-2020)
Che la realtà sia un sogno lucido o che le presenze che abitano la nostra fase REM siano davvero entità che popolano mondi altrettanto reali è un duplice dubbio che striscia da sempre nelle menti umane. Tra le pieghe delle ricerche più audaci la questione può raggiungere piani di indagine ultra-speculativa, talvolta consente di spostare un po’ oltre la conoscenza dell’ignoto mondo onirico. Nelle mani di uno scrittore o di un regista particolarmente sensibili al tema, può portarci dove i piani si confondono, dove la tangibilità dell’essere perde valore di fatto e l’ombra delle alterità si stende come un panorama sconfinato da attraversare, diretti all’incontro con le nostre fantasie, spesso affascinanti quanto impregnate di terrore e desiderio.
È in un certo senso quello che accade a Sarah, interpretata da una magnetica Julia Sarah Stone, protagonista giovane e in bilico tra libertà e solitudine, quando si lascia affascinare dalla possibilità di dare un senso alle proprie notti agitate. Tormentata da risvegli notturni, causati da una squilibrata quotidianità che la allontana dalla famiglia e dalla routine dei suoi coetanei, nel tentativo di essere libera o comunque di lasciarsi alle spalle qualcosa che non le consente di essere in pace, accetta di dormire a scopo di ricerca per un centro sperimentale. Segue un annuncio per volontari che vogliano offrire il loro sonno e, vinta la titubanza, abbraccia la scienza e inizia a riposare insieme ad altre persone all’interno di una stanza del laboratorio, dietro compenso e la promessa di un ottimo riposo.
I preparativi per la discesa nei mondi di Ipnos e di Morfeo e la vestizione della protagonista sono un esempio ben riuscito dell’estetica fantascientifica: l’ambiente della moda abbraccia quello della scienza e morbidi tessuti dal candore ultraterreno si avvolgono al corpo in fasce e corde tubolari che esaltano il profilo androgino e al contempo erotico della donna. Una modella cyber postpunk, una ragazzina elevata a body of witness. Dorme Sarah, sdraiata composta e avvolta in una tuta algida e soffice, interamente cablata e attaccata a computer che processano le fasi del suo riposo. Dietro la stanza del sonno, le macchine e gli umani lavorano, guardando dentro le fasi all’assopimento, poi oltre nei passaggi che il corpo magicamente attraversa fino alla perdita dei sensi e all’ingresso nel fluido sospeso del Rapid Eyes Movement (REM) dove il sogno acquisisce forma di realtà e perdiamo limiti di spazio e tempo attraversando dimensioni in cui le leggi della fisica e la coerenza ci abbandonano.
Gli studi sono condotti da un anziano professore, un giovane ricercatore e una disinvolta scienziata: le strade della ricerca di pace della ragazza e di caccia a nuove verità della scienza si intrecciano, ma Sarah inizia a sognare luoghi oltremondani, lande già percorse da artisti che hanno avuto ispirazioni simili molto prima di lei. L’aria è pervasa dalla conturbante scelta cromatica dei viola velluto, dei blu oltremare, dei grigi antracite e dei gialli alchemici, siamo nelle terre di luci fioche di Arnold Böcklin e Gustave Moreau, avanziamo come in basso volo su terreni che fumano di nebbie e umori, tra corpi sospesi, immersi in battiti di vita e morte, verso una simile direzione. Qui la scienza si ferma a bocca aperta e spinge oltre la propria smania di sapere: che tutti noi si sogni a un certo punto e oltre una certa misura sempre la stessa idea, sempre lo stesso corpo senza forme fatto di contorni scuri e occhi cavi illuminati, un essere che ci chiama a sé. Sembra così. La narrativa filmica deve a questo punto trovare uno sbocco ma fornire una soluzione pare una forzatura, dal momento che la sospensione che provoca questa pellicola è sufficiente a garantire un alto grado di tensione e appagamento cerebrale.
La sceneggiatura ferma Sara sul confine di un baratro senza ritorno: seguire l’uomo nero e le ombre dei morti ci porterebbe a morte assoluta, una tensione che purtroppo l’uomo segue involontariamente per tutta la sua esistenza – nel senso che siamo tutti destinati a morire. Ma che è prematura per una giovane vita: è presto per raggiungere l’isola dei morti che inesorabilmente può attendere.
Come true
Regia di Anthony Scott Burns
Canada, 2020, 105’
Come True è vincitore della menzione speciale Premio Asteroide del Trieste Science+Fiction Festival 2020, «per le attente e precise scelte espressive, volte a rappresentare la perdita di controllo della protagonista, sospesa tra sogno e realtà, che in alcune scene si traducono in momenti di grande impatto emotivo».