“Se una donna può fare un figlio può fare qualsiasi cosa”, al Teatro Stabile di Catania ‘Tina&Alfonsina’ di Claudio Fava

“Se una donna può fare un figlio può fare qualsiasi cosa”, al Teatro Stabile di Catania Tina&Alfonsina di Claudio Fava

@ Loredana Pitino (10-11-2020)

Alla fine del mese di settembre, al Teatro Stabile di Catania fu presentato il cartellone della stagione 2020/2021. Un cartellone pieno di proposte interessanti, alcune accattivanti, altre entusiasmanti.

Il primo spettacolo in programma per novembre suscitava grande curiosità: Tina&Alfonsina, la storia di due donne vissute in un’epoca ormai lontana, i primi decenni del Novecento, rivoluzionarie, ciascuna a suo modo, e antesignane di cambiamenti e conquiste che, oggi, appaiono normali. Il testo una novità assoluta di Claudio Fava, autore amato da pubblico catanese che, dopo La pazza della porta accanto, originale lettura della biografia di Alda Merini, e Il giuramento, dirompente testimonianza del coraggio di Mario Carrara e di pochi altri docenti universitari contro il regime fascista, torna a raccontare la storia.

Poi, i nuovi provvedimenti ritenuti necessari per contrastare l’emergenza sanitaria dovuta al covid 19 hanno chiuso, ancora una volta, i teatri. Lo spettacolo era andato in prova, gli artisti avevano lavorato duramente, la scenografia era pronta, gli abbonati aspettavano. Così il Teatro Stabile, che in questi mesi ha già sperimentato nuove formule (La mia esistenza di acquario, Avanti veloce) non si è arreso, è andato in scena, senza pubblico consentendo una ripresa e portando lo spettacolo in streaming, sulla piattaforma youtube per gli abbonati che potranno vederlo fino al 16 novembre.

E così la storia appassionante di queste due donne è entrata nelle case, attraverso lo schermo del pc o del tablet e non è rimasta orfana del suo pubblico ideale, e questo non è rimasto del tutto orfano di uno spettacolo bello, nuovo, ben costruito, utile.

Queste due donne non si conobbero mai ma vissero gli stessi anni e che hanno molto in comune, prima fra tutte la voglia di libertà La libertà che si prende Claudio Fava è quella di mescolare piani narrativi ma anche quella di immaginare un dialogo mai avvenuto che, però, grazie alla sua scrittura, diventa non solo possibile ma più reale del reale – magia del teatro! – Le due storie corrono (letteralmente) parallele perché le protagoniste non si sono mai incontrate, ma si intrecciano sul piano della Storia, della ricerca di libertà, della femminilità che condivide la lotta e gli obiettivi. Scrive l’autore del testo: “Quella di Tina Modotti e Alfonsina Strada è una storia di straordinaria modernità. Sono due donne che capovolgono tutti gli stereotipi che cento anni fa erano stati cuciti attorno alla condizione femminile, in un’Italia machista e fascista come quella che ha conosciuto Alfonsina Strada, in un tempo carico di pregiudizio come quello in cui ha vissuto Tina Modotti”.

Alfonsina Strada, la prima donna ciclista in Italia, che si iscrisse anche al Giro d’Italia, ha cominciato a pedalare nelle campagne emiliane da ragazzina e non ha mai smesso, pedala più veloce degli uomini e li batte sempre; durante il regime fascista è costretta a mascherarsi da uomo “le forcine come una corona di spine piantate in testa” e i baffi disegnati col carbone. Tina Modotti, friulana emigrata in America col padre anarchico, scappa in Messico dove conosce la fotografia e diventa una delle più importanti fotografe del Novecento, usa la sua macchina come uno strumento di denuncia sociale e politica – inquadra le mani degli operai, dei contadini, della gente oppressa nel Messico delle rivoluzioni.

Una sulla bicicletta, l’altra con la macchina fotografica, fanno le loro battaglie di riscatto e rivendicazione.

“Vi racconto cosa siamo capaci di fare noi donne se nasciamo dalla parte sbagliata!”

Sulla scena una confessione a due. Per questo il titolo recita Tina&Alfonsina, con quella & in centro che  si usa per le società commerciali, perché loro sono unite in un sodalizio di intenti comuni.

Una regia poliprospettica nel senso tecnico – due luoghi scenici che riproducono uno spazio esterno e uno comune, proiezioni e filmati d’epoca sullo schermo di fondo, foto autentiche delle due donne, passaggi rapidi di immagini in bianco e nero e una consegna del testimone tra l’una e l’altra voce – e nel senso della narrazione che sposta il fuoco da un punto di vista all’altro e mescola la rappresentazione con la documentazione, dando vita a una pièce a metà tra il teatro di narrazione e una nuova sperimentazione. Il risultato finale è affidato alle due attrici, bravissime, in scena che non si alternano ma conversano, si consolano, diventano immaginarie amiche solidali  e compagne di lotta. Sul finale volano su una moto Guzzi rossa, insieme in una corsa immaginaria “alla faccia dei maschi che si prendono sempre sul serio” (nella realtà morirono entrambe di infarto).

La loro lotta diventa anche la nostra perché mira alla conquista della parità, della integrazione, all’abbattimento dei pregiudizi e delle disuguaglianze. Per questo ci siamo emozionate, anche dietro allo schermo del pc. Possiamo immaginare, con struggimento e un pizzico di rabbia, l’emozione autentica che abbiamo perduto non potendoci sedere sulle poltrone di velluto rosso della platea e non potendo condividere con altri spettatori come noi quell’emozione in un applauso.

Tina&Alfonsina

testo di Claudio Fava

regia di Veronica Cruciani

con Francesca Ciocchetti e Aglana Mora

Produzione Teatro Stabile di Catania