Un bisogno urgente di normalità. Riflessioni sul secondo lockdown
@ Chiara Marconi (22-11-2020)
Abbiamo bisogno di normalità.
Chiediamo a gran voce che si possa nuovamente tornare a vivere, a non aver paura di un nemico a cui non sappiamo dare un volto. Molto spesso nell’ultimo anno abbiamo paragonato questa devastante pandemia a una guerra, con la grande e unica differenza che in una guerra conosciamo il nostro nemico, lo sappiamo individuare e se necessario anche annientare. Purtroppo il covid non ha un volto, si insinua tra di noi, spesso lo fa anche tra volti amici e fraterni. Si potrebbe nascondere paradossalmente anche dietro il volto ingenuo e senza macchia di un bambino, dietro la voce che ti sveglia al mattino, la potresti incontrare all’angolo della scuola, dietro lo sguardo del tuo vicino di casa, sul mezzo che tutte le mattine prendi per andare al lavoro. È un nemico che ha mille facce e mille nomi, che si è insinuato tra le pieghe del nostro quieto vivere e che ha minato le nostre abitudini.
Siamo sicuri che ci riprenderemo da questo pesante attacco, tutti credono che la soluzione sarà il vaccino, ma chi curerà le ferite mortali di un paese che probabilmente non saprà ripartire, che non è stato in grado di pianificare questa seconda e ancor più violenta ondata? Chi riuscirà a lenire le paure di coloro che hanno perso tutto e non parlo solo in termini di perdite umane, ma di dignità, per la mancanza di un lavoro, di soldi per arrivare a fine mese, di libertà per poter esercitare un semplice dovere che è sancito dalla stessa Costituzione italiana. Siamo ad un passo dal collasso, se non lo abbiamo già superato, un limite che ci proietta allo sbaraglio. Non riconosco più niente di quello che ho lasciato, mi trovo a mettere in sequenza queste poche parole per descrivere una sensazione di buio smarrimento in cui mi trovo e in cui vedo brancolano un po’ tutti. Ci siamo trovati a contare i morti credendo che la pandemia fosse un lontano ricordo da cui volevamo allontanarci velocemente, e ci siamo trovati nuovamente in una seconda terribile e ben più pesante conta dei caduti, che in realtà prevede anche altri numeri, quelli che non si vedono, quelli che si riveleranno con il tempo, che in questo caso non sarà galantuomo.
Mi trovo a pensare, quasi come se fosse una preghiera, se troveremo mai qualcuno che abbia la lungimiranza di dettare la strada, come un sorprendente statista, una figura di riferimento che possa guidarci per mano. Un modello virtuoso da seguire la volta in cui finalmente dovremo ricostruire il nostro paese dalle macerie. C’è chi parla di nuovo Rinascimento, credo che in parte sarà vero, credo che la molla propulsiva sarà come un razzo aerostatico che vada però direzionato. Si legge di progetti, di modelli, di miracolose panacee che se seguite porteranno alla terra promessa, chissà cosa sarà di noi e del nostro tessuto economico sociale e culturale. Una tragedia che si spera abbia un lieto fine. Una storia che si leggerà sui libri di storia e che tra decenni ancora farà male, a cui ci aggrapperemo come facevamo i nostri nonni ricordando la loro esperienza al fronte, il nostro fronte una terra desolata di lutti, inefficienze, impoverimento culturale e scolastico – più una pesante crisi economica – da cui si dovrà ripartire, come abbiamo sempre fatto nel corso della Storia, per risollevarci.