A Roma “Doppio Diario”. Quattro installazioni audio visive a cura di Fabio Sargentini. Voce: Elsa Agalbato
@ Vincenzo Sanfilippo (14-11-2019)
Roma – Fabio Sargentini, artista, curatore fra i massimi protagonisti della generazione di ‘sperimentatori di linguaggi’ cresciuta nell’immediato dopoguerra, ha da tempo individuato fertili ambiti di confluenza tra la ricerca di plurime espressioni visive e la drammaturgia poetico/visuale e sonora. Occupando così un significativo spazio di confronto relativo alle attuali, ampliate pratiche artistico/curatoriali della ribalta romana e non solo. Di fatto Sargentini in <<Doppio Diario>> utilizza quattro opere di artisti, creando quattro Installazioni audio-visive simili ad “edicole sonore” che restituiscono pensieri diaristici, attraverso la voce registrata di Elsa Agalbato, ridando allo spettatore il piacere dell’incanto, ovvero “ L’Aura creativa della reviviscenza dell’artista” che realizza l’opera e scrive riflessioni su di essa. La prima opera scultorea di Leoncillo Leonardi è installata sul palcoscenico della sala teatrale annessa nello spazio espositivo della Galleria L’Attico; da spettatore, insieme ai visitatori-spettatori, annoto la compiutezza estetica di una “visualità”, di una disposizione estetica che invade lo spazio scenico. Mi soffermo a scrutare la bellezza del disegno luci, costituito da rarefatti raggi che piovono sul buio del palco ad evidenziare il “magma radicale” imponente ed evocativo di quella scultura informale.
Leoncillo Leonardi (Spoleto, 18 novembre 1915 – Roma, 3 settembre 1968) è stato uno scultore, disegnatore, ceramista e poeta italiano. “Ore d’insonnia”, terracotta smaltata, 1958, h 45x95x70 cm.
Ascoltiamo la registrazione (la voce di Elsa Agalbato) di una pagina di diario dello scultore che, nel lontano 1958, mentre attendeva davanti alla fornace la realizzazione della propria scultura in terracotta, scriveva: “Sono stato tutta la notte senza poter entrare nel sonno per mille pene confuse. Il calore del forno è molto alto ormai. Gli oggetti visti attraverso la piccola spia tremano come fiamme. Vacillano come anime tese. Dal rosso scuro vanno verso il bianco. E gli oggetti diventano più chiari, bruciano le pupille, si annegano sul fondo. Brucia tutto. Trema e brucia, palpita e brucia. Mi venisse nelle vene questo calore risolvente di ogni cosa. Questa luce bruciante distruggesse dubbi e affanni. Nessuno toglierà questo paradiso alla mia speranza.” (in: “Piccolo diario 1957-1964”, Skira 2019). Quella voce fa rivivere sensi e semantiche recondite (dell’opera) e scandaglia pensieri inattesi. La sua parola, fattasi memoria, veicola due linguaggi simultanei ed eterogenei: quello sonoro del “dire” e quello visuale dell’immagine dove il “bi-pensare” esprime la duplicità dell’evento creativo. Trovo molto interessante come la parola registrata, ad intervalli programmati, riporti il nastro alla posizione di partenza, ripetendo sommessamente ma ossessivamente il pensiero registrato, come accedeva ne “L’ultimo nastro di Krapp”, nota composizione teatrale, in unico atto composta nel 1957 da Samuel Beckett. Sicché, esprimendo un sintetico giudizio critico, credo di potere affermare che questa intrigante esposizione, articolata su “doppio binario”, non vuol essere solo un evento di genere creativo “maschile” poiché il pensiero che essa diffonde è “reincarnato e reinventato” dalla voce recitante, attraverso una lettura priva di esibizioni stilistiche; soprattutto appare spontanea nel suo modo di raccontare la complessa “discesa” nell’animo dei quattro artisti dei quali sono evidenziati l’afflato e l’intensità emotiva. E’ la voce femminile di Elsa, – presenza centrale nell’attività artistica di Fabio – a guidare la “storia”- a fare da medium tra i quattro artisti e le loro esperienze profonde: Leoncillo/ Mafai/ Pascali/ Pizzi Cannella, cui va aggiunto lo stesso Sargentini, molto concentrato sul proprio lavoro, condotto con intensità emotiva e spesso con qualche segreta “sofferenza” implicita al suo essere artista e, al contempo, organizzatore di cultura che si prodiga a far comprendere come teatralità e arti visive possano dialogare raccontando la simultaneità dell’evento creativo: proprio di questi artisti che nei loro diari celebrano i segni della scrittura simile al “soffio di un pensiero” che si concretizza come d’incanto nel miracolo della forma pittorica, scultorea, oppure oggettuale, come nelle opere di Pino Pascali. Dai loro pensieri emergono i “significati” della materia e del possibile messaggio polisemico, quello che rivela l’anima di un “poeta”, ovvero il suo potenziale semantico assimilabile all’evento della trasformazione alchemica, sublimata dalla materia stessa.
Mario Mafai, “Biografia n°1”, 1961, cm.110X90
Scrive Mario Mafai nei suoi diari : “Ho cercato entro me stesso affidandomi alle corde come alle nervature del mio essere per raggiungere uno spazio. Io non sono un altro. Sono diventato più libero, più nudo e io più io.” (dal catalogo della ‘personale’ alla Galleria L’Attico, marzo 1964) “Mario Mafai è sempre nel mio cuore – scrive Sargentini. Lui ha effettivamente tenuto per qualche tempo un diario vero e proprio, che fu poi pubblicato da Giuseppe Appella per i tipi de La Cometa. Ma a me è caro un altro testo scritto per la personale di suoi dipinti con le corde a L’Attico nel 1964. La prefazione in catalogo è di Giulio Carlo Argan, ma Mafai volle lui stesso redigere una breve premessa, toccante per la difesa accorata dall’accusa di essere passato all’Informale tradendo se stesso. Da qui ho tratto il brano da ascoltare non staccando gli occhi da “Autobiografia n. 1”, un quadro del 1961 tutto azzurro, un colore freddo ma al calor bianco, dove le corde per l’appunto si raggrumano a formare in alto una sorta di cappio.”
Pino Pascali, “Bomba a mano (diario)”, ready made con biglietto autografo, 1967, 10×5,5 cm.
La Bomba in mostra, un oggetto bellico svuotato dal tritolo, evidenzia la palese ironia di Pascali nel costruire armi/giocattolo, come nei suoi inoffensivi e mimetici finti cannoni che sembrano veri ma non funzionano, simili ai reperti scenografici usati nei film eroicomici di guerra: ed è questo l’affiorare dell’inclinazione “duchampiana” dell’objet trouvé, finalizzato a spianare la strada alla riflessione sui simulacri pop che riproducono la sola forma esteriore. L’inventiva del giovane Pascali sta nell’intervento metagestuale (altamente ed intrinsecamente poetico) di svuotare la micidiale bomba e inserirvi un biglietto manoscritto datato e firmato, facendosi portatore di una testimonianza connotata da un’azione introspettiva, lucida, di matrice “fluxus”: corrente artistica concettuale divenuta fragorosa deflagrazione artistica, ancora negli anni ’50, le cui tesi e anti-tesi furono ampiamente teorizzate da Gillo Dorfles: “La concettualità dell’arte non prescinde dal tempo per esprimere semplicemente lo spirito della Storia universale, bensì è connessa al ruolo delle mode e a tutti gli ambiti del gusto.” “Da Mafai a Pizzi Cannella – scrive sempre Sargentini – il passo non è breve, ma neppure lungo. Non si scappa, da una generazione all’altra, la Scuola Romana tramanda caparbiamente se stessa. In fondo, riflettendoci, tutti e quattro gli artisti di “Doppio Diario” sono romani o romanizzati in senso artistico. Per dire… Leoncillo è umbro di nascita e Pascali pugliese, ma fanno parte a pieno titolo della storia artistica e culturale della città.”
Piero Pizzi Cannella, “Pura seta”,1985, olio su tela, cm100x65
(…) quel giorno ho aspettato invano che una bella donna apparisse per quel laccio di “pura seta”
“Come poteva in questa collettiva non esserci Pizzi Cannella che ama scrivere da sempre versi e pensieri direttamente sui quadri? Pizzi se non fosse nato pittore penso proprio che avrebbe voluto essere poeta. “Quale opera vuoi esporre”, gli ho domandato, “di ieri o di oggi?”. “Pura seta” ha risposto lui di getto – e io, all’istante, mi sono visto il quadro davanti. È un dipinto del 1985 che non si dimentica facilmente, uno scialle di seta bianca posato su una sedia evanescente, tutti e due i soggetti altamente fantasmatici: sedia e scialle. Dopo qualche giorno, avendo frugato tra i suoi appunti, Pizzi mi avrebbe inviato alcune righe dove descrive lo scialle come in trepida attesa. L’esca del pittore per una bella donna che non si sa mai se apparirà. L’avrete capito: “Doppio Diario” è una combinazione di arte visiva e teatro.
“Doppio Binario”. Quattro installazioni audio Visive a cura di Fabio Sargentini. Voce: Elsa Agalbato
Opere: Leoncillo Leonardi / Mario Mafai / Pino Pascali / Pizzi Cannella.
Progetto tecnico: David Barittoni.
Roma, Galleria “L’attico”, via del Paradiso. Novembre 2019 febbraio 2020