Omicidio senza suspense. ‘La Luna che sorride’ di Rita D’Andrea
@ Lucia Tempestini (20-09-2020)
Le prime due sequenze, dove vengono illuminati frammenti di vicende apparentemente estranee l’una all’altra, sembrano rifarsi alla struttura corale – con scene e controscene che scorrono parallele – dei romanzi di Fruttero & Lucentini. Anche nel corto di Rita D’Andrea, tratto da un suo romanzo in bilico fra giallo e melodramma familiare, si avverte l’intenzione di ricomporre la vicenda per mezzo di rivelazioni successive e a volte contraddittorie, conservando il gusto, proprio sia della ditta F&L che dell’adattamento cinematografico de La donna della domenica, del ‘carattere’ disegnato a china, della figurina esemplare proprio perché priva di dialettica interna.
Si ha però la sensazione che La luna che sorride, dopo l’appostamento campestre tragicomico della Signora Linda al bancario per il quale si è accesa di un amour fou non corrisposto, perda progressivamente la strada scivolando verso la miniserie televisiva per famiglie comme il faut. Possiamo citare come esempi negativi il flashback in cui viene raccontato l’inizio del legame sentimentale fra Marco e Luna – nonché i trascorsi della ragazza, prostituta per caso e amante del cinico Demetrio Ferri – per via dell’atmosfera sognante e dei dialoghi da fotoromanzo, e l’ultima parte in cui si persegue ad ogni costo uno sviluppo edificante abbastanza improbabile, dimenticando persino la consequenzialità psicologica.
Si salvano senza dubbio, per il tono acido e surreale, gli interrogatori cui l’arcigna ispettrice Tassi – Anna Rita Marinelli – sottopone gli indiziati dell’omicidio di Luna. La questurina di mezz’età dalla faccia gommosa, presumibilmente infelice e vendicativa, che si accanisce contro Marco e Demetrio con il trapano di un instancabile moralismo fine a se stesso, meriterebbe di essere sviluppata in un lungometraggio.
Ma il frammento che diventa ricordo persistente è l’incipit del film. Giada, amica di Luna, rientra nell’appartamento che condividono, ha un abito rosso leggero e qualche segno di stanchezza intorno agli occhi. Si stende sul letto, ma c’è qualcosa dentro di lei che continua a increspare la superficie, ad agitarsi. Qualcosa che chiede di essere confidato. Se sia un episodio felice oppure no non lo sapremo né riusciremo a intuirlo. Tono ed espressione dell’interprete – Maresa Palmacci –, persino il linguaggio del corpo, si mantengono in equilibrio pressoché perfetto sul filo dell’ambiguità, creando forse l’unico momento di vera suspense della storia.
E’ Giada a scoprire il corpo dell’amica, a chinarsi su di lei con dei riflessi oscuri negli occhi – un interrogativo sgomento -, a poggiarle le mani sul volto insanguinato, con delicatezza, tremando appena.