Le ossessioni di Michele. ‘Ditegli sempre di sì’ di Eduardo De Filippo, con Gianfelice Imparato e Carolina Rosi, alla Pergola di Firenze
@ Lucia Tempestini (30-12-2019)
Firenze – Stiamo disgraziati assai, a causa di una miseria endemica i cui disagi sono acuiti dallo squilibrio psichico reale – non simulato come in tanti testi pirandelliani -, ed entrambi sembrano discendere da un atavismo che, al di là di guerre vagamente evocate, crocifigge ciascun personaggio al proprio fato oscuro e immutabile. Non è casuale la scelta di mostrare in apertura e chiusura la contaminazione fra i luoghi che rappresentano due dimensioni dell’esistenza speculari: i corridoi del manicomio – dove all’inizio Michele cammina avanti e indietro a testa china, all’infinito, e, al termine, il coro di vicini, conoscenti, amici, spasimanti, inquilini, accompagna l’ouverture della Forza del destino – e gli interni di casa Murri, abitati dalla sorella di Michele, Teresa, una vedova ancora giovane in umile vestaglietta a righine costretta a subaffittare una camera per mettere insieme pranzo e cena. Teresa aspetta con tenerezza il ritorno del fratello dopo un anno di internamento, per dedicarsi completamente a lui, coltivando la speranza che possa riprendere l’attività commerciale di un tempo e sposarsi con la figlia del padrone di casa. Dietro le lenti che mortificano una bellezza di cui si scorgono ancora tracce luminose, lo sguardo di Teresa lascia intravedere, a momenti, il desiderio, subito soffocato, di una vita diversa, o semplicemente di una vita. L’interpretazione di Carolina Rosi, commovente ed essenziale, fa risuonare piano i passi di Anastasia Finizio [1], grandiosa figura ortesiana assimilabile a Teresa Murri, mentre varca la soglia della rinuncia e della solitudine, impolverata e appena appena ingobbita dalla malinconia e dal rimpianto.
Gianfelice Imparato esprime invece l’angoscia di Michele disseminando i movimenti di piccoli impacci – come se le proporzioni si alterassero davanti ai suoi occhi -, cercando una distanza autistica dagli interlocutori, manifestando sottilmente l’ossessione delle simmetrie. La sua necessità di ordinare il caos del mondo diventa furore raziocinante, contestazione dello svuotamento semantico quotidiano, demolizione della metafora incongrua o fuorviante, dei luoghi comuni assurti a verità oracolare, accanendosi in particolare attorno alle esibizioni romantico-futuriste di Luigi, studentello squattrinato, poeta sì e no e attore sì e no. La scena in cui Michele, durante il pranzo di compleanno dell’amico Vincenzo, bracca con puntiglio ogni assurdità contenuta nei versi cimiteriali di Luigi – la prova del giovane Edoardo Sorgente rivela maturità e inventiva straordinarie –, riconducendo il vano e vanesio rumore di fondo della ‘normalità’ alle regole drammatiche della logica, viene utilizzata da Roberto Andò per far slittare l’allestimento in una livida vertigine, disperata e minacciosa, che denudando il testo lo porta nei territori allucinati del secondo Novecento, gli stessi di Dürrenmatt e Bernhard.
[1] Interno familiare ne Il mare non bagna Napoli, Anna Maria Ortese, 1953
DITEGLI SEMPRE DI SI’
di Eduardo De Filippo
con (in ordine di locandina) Carolina Rosi, Gianfelice Imparato, Edoardo Sorgente, Massimo De Matteo, Federica Altamura, Andrea Cioffi, Nicola Di Pinto, Paola Fulciniti , Viola Forestiero, Vincenzo D’Amato, Gianni Cannavacciuolo, Boris De Paola
scene e luci Gianni Carluccio
costumi Francesca Livia Sartori
aiuto regia Luca Bargagna
aiuto scene Sebastiana Di Gesu
aiuto costumi Pina Sorrentino
regia Roberto Andò
produzione Elledieffe – La Compagnia di Teatro di Luca De Filippo, Fondazione Teatro della Toscana
foto di scena Lia Pasqualino
durata 1 ora e 35 minuti, intervallo compreso