La folla degli emergenti. ‘Elogio dell’editore a pagamento’ di Antonio Castronuovo, Babbomorto Editore, 2019
@ Amedeo Ansaldi (05-04-2020)
Può sembrare curioso che in un Paese come il nostro, dove vengono banditi circa duemila premi letterari all’anno, la maggioranza dei quali con tassa d’iscrizione più o meno congrua «a parziale copertura delle spese di segreteria» (refrain ricorrente), e in cui un profluvio di sedicenti case editrici pubblicano scrittori ‘emergenti’ a raffica, subordinando la pubblicazione all’acquisto di un numero significativo di copie, appare singolare insomma che un fine e affermato saggista quale Antonio Castronuovo – senza domandarsi se qualcuno non speculi cinicamente sulle ambizioni, quasi sempre mal riposte, degli aspiranti scrittori – abbia avvertito la necessità di pubblicareun ineffabile Elogio dell’editore a pagamento (Babbomorto Editore, 2019).
A tutta prima, il titolo inopinato sorprende e anche un po’ irrita, ma l’equivoco è fugato dopo poche righe di lettura. Il libello (poiché non di altro si tratta) si riallaccia implicitamente a una tradizione illustre, consentanea alle più schiette inclinazioni del critico: quella del pamphlet brillante e paradossale, spesso amaro, alla quale appartengono, per es., testi come l’Elogio della stoltezza di Erasmo da Rotterdam (1511), Una modesta proposta di Jonathan Swift (1729) o L’assassinio come una delle belle arti di Thomas De Quincey (1827): pezzi di bravura condotti in precario quanto ammirevole equilibrio fino alle loro estreme possibilità; virtuosismi eseguiti su una corda sola fino a un attimo prima che questa si spezzi.
Nello stile sobrio e insieme arguto che lo distingue, Castronuovo elenca –ammiccante, sornione – i meriti indiscutibili da ascriversi all’editore a pagamento: il contributo decisivonel rendere la turba degli scrittori (che ammonta ormai a legioni) più fitta di quella stessa dei lettori; la sollecitudine, semplicemente sbalorditiva, con la quale esso risponde – e sempre in termini positivi! – alle non poche proposte che riceve; la straordinaria liberalità del suo impegno critico, sempre «solidale e umanissimo»…
L’editore a pagamento sarebbe insomma, a volergli rendere giustizia, il modello delperfetto democratico che non nega a nessuno il diritto di far sentire al mondo la propria voce – anche ove questo non fosse punto tentato dall’ascoltarla.
Del resto, perché rimanere indietro rispetto ad altri? A un prezzo accessibile (al giorno d’oggi la realizzazione di una plaquette costa sugli 800 euro) chiunque può levarsi la raffinata soddisfazione di vedere il proprio nome stampato in bella mostra su una copertina; provare il brivido di entrare nel novero – sempre meno ristretto – dei letterati.
È vero che la maggior parte di tali pubblicazioni si disperde nel nulla. Spesso l’autore non ha un numero di amici e congiunti tale da smaltire tutte le copie, la cui rimanenze finiscono tristemente confinate su qualche scaffale (quando non ammuffiscono in cantina), a simbolo e ricordo delle sue velleità frustrate.Certo: l’editore si impegna solitamente a farsi carico delle eventuali, future ristampe, tuttavia l’evenienza, per un motivo o per l’altro, non si verifica quasi mai (non sorprenderebbe il contrario?).
Alle perplessità che possono sorgere di fronte a esiti tanto impietosi e reiterati, Castronuovo oppone, facendolo proprio, un argomento inoppugnabile, da sempre il prediletto dall’editore a pagamento: la carriera e la fama (magari postuma) di tanti autori importanti (Rimbaud, Campana, ecc.) è incominciata infatti proprio da lì, con edizioni a proprie spese.
E – si chiederà ancora – quando contro ogni aspettativa dell’autore lo sbocco non fosse quello agognato: l’ingresso trionfale, in vita o in morte, nel consesso dei giganti della letteratura? In questi casi, suggerisce ragionevolmente il panflettista, l’editore a pagamento avrà pur sempre offerto all’ingenuo autore l’esperienza, dura ma salutare, della disillusione; lo avrà costretto a prender atto della poca o punta disponibilità del mondo ad accogliere i frutti della sua ispirazione letteraria e a dare alla sua vita, alleviata finalmente dal peso delle sue mal riposte ambizioni, la possibilità di ripartire su basi ben altrimenti solide.
Castronuovo conclude il breve saggio con un accorato ringraziamento alla categoria e una modesta annotazione personale: dopo tanti anni in cui più nessun editore ‘vero’ si era mostrato disposto a scommettere sul suo talento letterario, ora egli sta, poco alla volta, tornando a rivolgersi agli utilissimi editori a pagamento: «Logoro e stremato, nulla più ho da dire, nulla più di originale da mostrare. Ed ecco che l’editore a pagamento mi accoglie a braccia aperte…».
Qui il libello finisce: l’autore è consapevole che, con questa, la misura delle larvate allusioni, se non le spudorate menzogne, è colma.