Dizionari e calembour: il lato virtuosistico dell’aforisma
@ Amedeo Ansaldi (27-03-2020)
L’aforisma – ‘proposizione che riassume in brevi e sentenziose parole il risultato di precedenti osservazioni o che, più genericamente, afferma una verità, una regola, una norma di saggezza o una massima di vita pratica’ – è la più significativa tra le forme brevi in prosa, e si suddivide al proprio interno in svariati sottogeneri, che rispondono ciascuno a regole proprie.
Un esempio fra i più cospicui è quello dei cosiddetti ‘dizionari’: repertori di definizioni, prevalentemente ciniche e mordaci (come si addice al genere), riportate in ordine alfabetico, lemma per lemma. Lo scrittore, pittore e compositore Alberto Savinio (al secolo Andrea Francesco Alberto De Chirico, 1891-1952) ebbe a scrivere, a proposito della sua Nuova Enciclopedia, un testo che appartiene a pieno titolo alla categoria in questione: “Sono così scontento delle enciclopedie, che mi sono fatto questa enciclopedia mia propria e per mio uso personale”, riassumendo così lo spirito col quale sono prevalentemente vergate opere di questo tipo; e se è vero che tanto spesso negli autori di motti e sentenze i pensieri si formano intorno a una parola (e non le parole attorno a un pensiero, come si potrebbe credere), non sarà forse inopportuno, per illustrare il ruolo che i vocabolari hanno nell’ispirazione di tanti autori, citare un aforisma di Guido Ceronetti (1927-2018), tratto dall’antologia filosofica personale a cura di Emanuela Muratori La fragilità del pensare:
“dizionari: E che io mai dimentichi l’aiuto che sempre mi hanno dato, fraternissimo, veri compagni di vita, finestre sull’aperto, i molti Dizionari incessantemente consultati!”
Gino Ruozzi, massimo studioso di aforismi nel nostro Paese, sottolinea che “sono molti gli scrittori di aforismi che amano i dizionari, basti pensare all’esempio sommo di Niccolò Tommaseo (1802-1874), il più talentuoso ed efficace estensore di vocabolari della letteratura italiana”:
“Accorto – Gli accorti disfano con non fare, parlano colle reticenze. Tutto quel che dicono in segreto, è stampabile, tranne gli accenti e le virgole; e lì sta il veleno.”
“Bene – Il male stesso non si fa senza lo strumento del bene.”
“Brama – Certi beni tormentano bramati, e più tormenterebbero conseguiti.”
“Colonna – La testa di molti è come le colonne a cui s’attaccan gli avvisi: si straccia il primo per attaccare il secondo; e di tutti rimane qualche parola o qualche brano di lettera.”
“Complimento – Tristi le punture che cominciano da un complimento.”
“Documento – Certi uomini sono messi al mondo per attestare del vero, certi altri per attestare degli altri uomini; uomini docenti e uomini documenti.”
“Donna – Le donne o convertono, o divertono, o pervertono.”
“Esame – Par che si studii non per imparare ma per fare gli esami, cioè per mettersi nella memoria un peso che faccia poi sentire soave il sollievo della dimenticanza.”
“Furberia – I furbi s’accorgono dell’odio; i semplici, dell’amore.”
“Giureconsulto – Non sai quale sia disgrazia maggiore all’umanità: veder moltiplicarsi le ballerine, o i giureconsulti.”
“Interrogare – Più difficile interrogare bene, che bene rispondere.”
“Ironia – Gli imbecilli pigliano l’ironia per davvero; i tristi, il vero per ironia.”
“Libertà – In fatto di politica e di educazione, il più difficile è liberarsi dai liberatori.”
“Lode – Lodare certi potenti, gli è come buttare fìori in fiume; l’acqua li sciupa, li porta via, senza sentirne l’odore nè farlo sentire.”
“Mandra – Mandra, in origine, è il luogo dove il bestiame s’accoglie; e per estensione, il bestiame stesso; come (per dono alla comparazione) diconsi camera i deputati, e gabinetto i ministri.”
“Meglio – Certi uomini si appigliano talvolta al partito migliore, perché il peggiore è occupato.”
“Odio – Taluni tanto più detestano il colpevole quanto meno odian la colpa.”
“Parlare – Talvolta costa più dire una parola, che scrivere dieci lettere.”
“Pensione – Ancora un annetto, e avrà la sua poco sudata pensione; beato del poter dirsi inutile, dopo essere stato sospirosamente disutile.”
“Politica – La politica è l’arte dell’acquistare autorità, fingendo d’averla.”
“Professore – Professori che ripetono le medesime lezioni per una ventina o trentina d’anni, tant’è che si intitolino ripetitori, tant’è che prendano per supplente il bidello, il quale risica d’avere voce meno stridula, e faccia meno saturnina, e panneggiamenti di toga più pittoreschi. Una macchina laureante, una cavità echeggiante, renderebbe lo stesso servizio.”
“Ridere – Chi sorride sempre, e non ride mai; badatevene.”
“Riformare – Chi non riforma, sforma. Ma spesso chi dice di riformare, deforma.”
“Stima – La stima profonda teme persin d’onorare.”
Celebre ed esemplare in questo ambito resta-uno tra i più velenosi precursori del genere -l’irriverente Dizionario del Diavolo dello scrittore e giornalista statunitense Ambrose Bierce (1842-1914?), denuncia risentita (eppure amena) dell’ipocrisia, la cupidigia e l’incoerenza della società americana della sua epoca, che peraltro, nella sua universalità di significati, può essere vantaggiosamente estesa a ogni tempo e ogni luogo:
“Amore: Stato provvisorio di demenza, curabile con il matrimonio o con l’allontanamento del paziente dagli influssi che hanno provocato il male.”
“Barbiere: È un selvaggio, e non si bada alla lacerazione che opera sulle guance grazie al maggior tormento della sua conversazione.”
“Cervello: Nella nostra civiltà il cervello è tenuto in così alta considerazione da essere ricompensato con esonero dalle cariche pubbliche.”
“Chiaroveggente: Persona, di solito donna, dotata della facoltà di vedere ciò che il suo cliente non vede, cioè anzitutto che è uno stupido.”
“Conferenziere: Ha mano nella vostra tasca, lingua nel vostro orecchio e fede nella vostra pazienza.”
“Confessione: Sacramento per cui il sacerdote si dispone a perdonare i peccati grossi in cambio del piacere di sentirsi raccontare quelli piccoli.”
“Conoscente: Persona che si conosce abbastanza bene per poterle chiedere denaro a prestito, ma non sufficientemente per potergliene prestare.”
“Decesso: Morte di un personaggio eminente.”
“Emetico: Sostanza che suscita nello stomaco un pronto ed entusiastico interesse per quel che accade fuori.”
“Encomio: Tributo che paghiamo a successi che assomigliano ai nostri, ma non li eguagliano.”
“Festa: Celebrazione religiosa connotata per solito da ingordigia e ubriachezza, spesso in onore di sante persone distintesi per sobrietà.”
“Istruzione: È quella cosa che rivela ai saggi e nasconde agli sciocchi la loro mancanza di intendimento.”
“Lapidare: Avvalersi di sassi per esprimere dissenso.”
“Longanimità: Disposizione a sopportare l’ingiuria con mitezza e pazienza, maturando nel frattempo un piano di vendetta.”
“Oceano: Massa d’acqua che occupa due terzi di un mondo destinato all’uomo, che però non ha branchie.”
“Ospitalità: virtù che ci induce a nutrire e ad alloggiare persone che non hanno bisogno di nutrimento e di alloggio.”
“Ostinato: Refrattario alla verità, quale si rivela nella chiarezza e nel vigore delle nostre argomentazioni.”
“Panteismo: Dottrina secondo cui tutto è Dio, in alternativa a quella secondo cui Dio è tutto.”
“Patibolo: Nel nostro paese il patibolo si segnala soprattutto per la quantità di persone che gli sfugge.”
“Pregare: Pretendere che le leggi nell’universo vengano annullate a favore di un singolo postulante, il quale se ne confessa del tutto indegno.”
“Tasca: Culla del movente e tomba della coscienza.”
“Ungere: Lubrificare un re o un altro grande funzionario già di per sé abbastanza viscido.”
“Vigliacco: Chi, nell’emergenza del pericolo, pensa con le proprie gambe.”
Altro arguto e tagliente interprete dei ‘dizionari’ fu – e torniamo al nostro Paese – Dino Segre (1893-1975), noto con lo pseudonimo di Pitigrilli, personaggio controverso e perfino sgradevole, ma autore di un fortunatissimo Dizionario antiballistico, scopertamente modellato sull’esempio del maestro americano:
“Appendicite: pseudonimo che nelle cliniche di lusso si dà al procurato aborto.”
“Augelli: un genere di uccelli conosciuto solo dai poeti, che non mangiano, non bevono, non cacano e cantano tutto il giorno e tutta la notte.”
“Avanguardia: si chiamano riviste e giornali d’avanguardia perché muoiono al primo numero.”
“Dio: io credo all’esistenza di Dio nonostante tutte le stupidaggini che mi hanno detto per farmelo credere.”
“Ermetici: nome che danno a sé stessi certi poeti i cui libri rimangono ermeticamente chiusi perché nessuno li compera, e se qualcuno li compera si guarda bene dall’aprirli.”
“Erudizione: in materia d’erudizione, com’è facile staccare degli chèques senza copertura.”
“Etilismo: crisi di etilismo si chiamano le sbornie dei ricchi.”
“Gentleman: un signore che sa quando la moglie compie gli anni, ma ignora quanti ne compia.”
“Gratis: concetto fuori moda, per designare il quale si ricorre a una lingua morta.”
“Medicina: l’arte di accompagnare con parole greche all’estrema dimora.”
“Menopausa: periodo di follia nella donna, che in certi casi conduce al manicomio il marito.”
“Ostetricia: arte mostruosa che contribuisce a offrire a chi non l’ha chiesto un biglietto d’ingresso a questo turpe spettacolo che è il mondo.”
“Prefazione: quella cosa che l’autore scrive dopo, l’editore pubblica prima, e il lettore non legge né prima né dopo.”
“Specialista: un medico che ha ridotto a un solo settore la sua incapacità.”
In tempi più vicini ha scritto un interessante Dizionario impolitico ilgiornalista RAI Salvatore D’Agata:
Accreditato – Studioso di cui si condividono le idee.
Corretto – Comportamento che non intralcia il nostro.
Disponibilità – Stato d’animo di chi cerca di ascoltare qualche minuto gli altri, prima di fare quello che ha già deciso.
Divieto – Accattivante invito a fare una cosa.
Effimero – Il successo di chi non ci piace.
Esperto – Il tecnico che ci dà ragione.
Evoluzione – Processo attraverso il quale auspichiamo che gli altri si avvicinino alle nostre idee.
Iniziativa – Azione tesa a far credere che avverrà per merito nostro quello che sarebbe avvenuto in tutti i modi.
Lungimiranza – Intuire quello che avverrà per potersene tener meglio alla larga.
Notizia – Descrizione di un avvenimento da parte di uno che non lo ha visto.
Popolo – Entità alla quale la classe politica si sforza di far risalire le sue idee per imporgliele più facilmente.
Prevenire – Impedire qualcosa che probabilmente non sarebbe mai avvenuto.
Qualità – I difetti degli altri quando li scopriamo in noi stessi.
Slogan – Rifare il mondo con tre parole.
Tentativo – Singolare comportamento che si può ripetere solo se va male.
Massimo Bontempelli (1878-1960) fu invece autore di un più pensoso ‘idearioʼ, pubblicato postumo (1977) col titolo Il Bianco e il Nero:
“AVVERTENZA CRUDELE – Puoi difenderti dalle madri cattive, ma alle buone non c’è rimedio.”
“BASSEZZA – Quando penso alla bassezza del materiale umano di cui dovettero servirsi quasi sempre i creatori di storia (gli uomini politici) penso a uno scultore che, invasato dall’ispirazione, per mancanza di materiale pulito, debba mettersi a modellare la statua con lo sterco.”
“CARTE IN REGOLA – Non ci sono che i pedanti e i delinquenti che abbiano sempre tutte le loro carte pronte e in regola.”
“GUSTI – Ho osservato che gli intellettuali (nel miglior senso) amano l’albergo modesto; la necessità del Grand Hotel e della vita di lusso è spesso una tendenza quasi plebea.”
“MONITO – Non si nasce giovani, giovani si diventa, quando ci si riesce.”
“PRESENZE INVISIBILI – Accompagnano e forse in parte dirigono le principali svolte della vita di ognuno.”
“SEDE DELLA POESIA – Poesia sta tutta dalla parte del Paradiso o dalla parte dell’Inferno. Nel mezzo c’è il buon cittadino, da evitare.”
“SOPRAVVITA DEI FATTI – I fatti, importanti o nulli, rari o quotidiani, hanno, oltre che la loro vita naturale, una sopravvita che viene dal loro parlarne.”
“LA VITTORIA PIÙ DIFFICILE – Le vittorie più difficili e più malinconiche sono quelle contro il proprio naturale altruismo.”
Un analogo, fruttuoso influsso nietzschiano sembra avvertirsi nel recente Non date le parole ai porci di Cesare Viviani (1947), psichiatra, nonché uno fra i maggiori poeti e aforisti italiani contemporanei:
“SICUREZZE – La violenza dà sicurezza a chi la compie e a chi la subisce: è così che si spiega la durata inspiegabile di legami affettivi e di convivenze.”
“SIGNORSÌ – Esseri presi per un altro (basta rispondere “sì! sì!” a chi ci interpreta) è un modo per sfuggire a qualunque presa.”
“DONO – Altro che sentimenti di altruismo! Il dono è pretesa di presenza e di permanenza nella vita dell’altro.”
“FRAMMENTI CARISMATICI – Una frase, un gesto, presi a sé, isolati, possono diventare memorabili, insegnamenti di vita, anche se pronunciati da un usuraio o da un mafioso: basta che restino frammenti, presi al volo, di passaggio, per caso.”
“ANORESSIA – Nella civiltà della voracità di affetti e oggetti, mescolati insieme in un infinito pastone, il rigore dell’anoressia può essere atto di ribellione.”
“INGIUSTIZIA – Invocare la protezione di Dio è invocare un privilegio, un’ingiustizia: “Assistimi, occupati di me, proteggi la mia vita, non ti distrarre da me, non importa degli altri.”
“DIRE DI NO – Chi sa dire di no crede al proprio valore senza farlo dipendere dal consenso e dall’approvazione altrui.”
“IL MALE ALTRUI – Dà conforto vedere la sofferenza, fisica o affettiva, negli altri: perché dà conforto vedere collocato il male.”
“ONNIPRESENZA ONNIPOTENTE – Uno che vuole essere dappertutto facilmente si sente escluso.”
“TRASFORMARE – L’essere umano, nell’arco della sua vita, esprime sempre l’esigenza di manipolare e trasformare materie, cose, relazioni e persone. Mentre quasi mai riesce a trasformare se stesso.”
“MALATI – Anche tra i malati si crea una gerarchia: il più grave ha scarsa considerazione per il meno grave.”
Riattraversando l’Atlantico, e cambiando completamente tipo d’ispirazione, ha conseguito un vasto consenso, mai venuto meno, la ormai proverbiale Legge di Murphy dell’umorista americano Arthur Bloch (1948), dal cui primo assunto, che recita: “Se qualcosa può andare storto, lo farà”, discendono tutti gli altri assiomi, regole, principi, moniti variamente e fantasiosamente denominati (es.: Postulato di Boling, Regola di Freeman, Motto di Jones, Paradosso di Trischmann, ecc.), ma riconducibili collettivamente a una fondamentale ‘murfologia applicata’:
“Non replicare mai un esperimento riuscito.”
“Non discutere mai con un idiota, la gente potrebbe non notare la differenza.”
“Per ottenere un prestito bisogna provare di non averne bisogno.”
“Non importa quanto costa qualcosa, ma quanto forte è lo sconto.”
“L’opulenza dell’ufficio di rappresentanza è inversamente proporzionale alla solvenza della ditta.”
“Il costo di una expertise è inversamente proporzionale al numero di parole comprensibili.”
“Qualunque cosa vada male, c’è sempre uno che l’aveva detto.”
“Non c’è come sigillare la busta per farsi venire nuove idee.”
“Il cliente che paga di meno è quello che si lamenta di più.”
“Più attentamente si pianifica un lavoro, maggiore è la confusione quando qualcosa va storto.”
“Chi porta un notevole contributo in qualsiasi campo, e ci rimane abbastanza a lungo, diventa un ostacolo al progresso in quel campo in proporzione diretta all’importanza del proprio contributo.”
“Laddove delegare è facile, la responsabilità, come un sedimento, precipita verso il basso.”
“Un esperto è una persona che sa sempre di più su sempre di meno, fino a sapere tutto di nulla.”
“Più studi per un esame, e meno sai che risposta vogliono.”
“Ci sono due tipi di cerotti: quelli che non attaccano e quelli che non vengono più via.”
“Se aiuti un amico nel bisogno, non si scorderà di te la prossima volta che avrà bisogno.”
* * *
Altro, non meno ingegnoso sottogenere, solo apparentemente più leggero, è il calembour, faceto gioco di parole, divertente ma non fine a sé stesso, almeno nelle sue espressioni migliori; bisticcio, freddura basati sulla storpiatura di luoghi comuni e sulla rielaborazione, divertente e allusiva, di detti proverbiali, oppure su assonanze, doppi sensi, sinonimi e contrari, conio di improbabili neologismi, ecc. Se un limite vogliamo ravvisare in questa forma di espressione è la sua virtuale intraducibilità nelle lingue straniere – circostanza che non favorisce quell’afflato universale al quale l’aforisma per natura e tradizione tende; questo aspetto, che ne connota in modo così peculiare il carattere, costituisce peraltro il suo punto di forza, se è vero che il vincolo lessicale (un po’ come la rima nella poesia) costringe l’autore, che si ritrova con materiale esemplarmente esiguo a disposizione, a virtuosistici tour de force. Il percorso da compiere è, insomma, quanto mai angusto, e ci vuole abilità non comune per non uscire goffamente e rovinosamente di strada. Si dice che scrivere aforismi sia difficile; allora comporre calembour è una difficoltà al quadrato.
Interprete inarrivabile del calembour fu il giornalista, sceneggiatore e paroliere Marcello Marchesi (1912-1978), che ha coniato nel corso della sua lunga carriera tantissime battute rimaste famose (”Burocrazia: bolli, sempre bolli, fortissimamente bolli.”; “Gli estremi si toccano. Gli estremisti si picchiano.”), e che, venendo al punto che qui interessa, nei 103 smaglianti flores sententiarum di Sancta Publicitas impiegò il suo enorme talento nel ritoccare classici motti latini con strepitosa perfidia:
“Nixon – Cicero pro domo U.S.A.”
“Il caso Tortora – Quiz pro quo.”
“Starlet – Per aspera ad astrakan.”
“S.P.A. – Modus dividendi.”
“Palestra maschile – Mens sana in corpore fauno.”
“Sandra Milo – Svanitas Svanitatum.”
“Mafia – Si vis pacem/lupara bellum/per omnia sicula/siculorum. Amen.”
“Viali di notte – Hic sunt lenones.”
“Aspirazione estiva – Ad Majorca!”
“Marito colto in fallo – Non plus altra.”
“L’illegittimo – Lapsus talami.”
“Speculazione edilizia – Area jacta est.”
“Mercimonio – Do ut sex.”
“Mike Bongiorno – Quizquilia.”
“Stitico – Post ‘facta’ resurgo.”
“No comment – Pro bono tacis.”
“Comunità hippy – Pulcis in fundo.”
“Surgelati – Fredde rationem.”
“Motto del socio – Alter frego.”
Il semiologo, filosofo e romanziere Umberto Eco (1932-2016), ne Il secondo diario minimo, si colloca nello stesso flusso di corrente, dimostrando di muoversi a proprio agio anche in questo contesto nel conio di curiosi “ircocervi (i mostri mitologici metà capra e metà cervo), vocaboli che, nati dalla fusione di due nomi famosi, sbozzano un nuovo personaggio che reclama un commento” (Antonio Castronuovo):
Alessandro Smanzù – I promessi sbozzi.
Cesare Muratti – Sogni in fumo.
Coca Cola di Rienzo – Il tribuno della sete.
Eduardo De Filippide – Filumena Maratona.
Silvio Pellusconi – Le mie televisioni.
In altri casi concepisce la variante dei ‘finneghismi’ (neologismo derivato da La veglia di Finnegan di James Joyce), mantenendosi in arguto e geniale equilibrio fra il dizionario di voci e il gioco di parole:
“Apocalesse: carro scoperto usato dall’Angelo Sterminatore.”
“Artrittico: Pala d’altare deformata dall’umidità.”
“Cazzandra: profetessa che non ne indovina una.”
“Cornitologo: etologo che studia l’adulterio fra uccelli.”
“Ermafrodato: transessuale ingannato da chirurgo pasticcione.”
“Griffone: Rapace firmato.”
“Istetrica: levatrice in preda a crisi di nervi.”
“Oromogio: Swatch che suona solo le ore tristi.”
“Pipistrullo – Topo volante di Alberobello.”
“Reo convesso: condannato piegato dal rimorso.”
“Vampirla: discendente inabile del conte Dracula.”
Riusciti calembour propone talvolta nelle sue sillogi aforistiche anche il giornalista Dino Basili (1934), già componente lo staff del Quirinale al tempo della presidenza Cossiga:
“Un nemico può diventare bussola. Tanti fanno impazzire l’ago.”
“Sui figli non ricadano nemmeno i meriti dei padri.”
“Tortura quotidiana. Le ammaccature lasciate dagli ammiccamenti degli amici.”
“Negli spiccioli delle conversazioni è facile infilare monete false.”
“L’amore che si accende e si spegne a intermittenza presto si fulmina.”
“Certe parole, più che dal seno, sembrano sfuggite dalla scollatura.”
“La prima Repubblica non si scorda mai.”
“Non basta aggiungere un buco alle cinture per allargare la maggioranze.”
“Piccoli annunci… Partito referenziato cerca candidati capaci di pescare nell’elettorato sommerso. Astenersi paracadutati.”
“Entrare nel merito: a volte si dice come se il merito fosse un antro oscuro.”
“Le spese si aggirano… Ecco apparire numeri sospetti, con bavero rialzato e passamontagna.”
“Stop alle grandi opere, via alle operette.”
Nemmeno i tre grandi ‘malpensanti’ dell’aforistica italiana del ‘900 hanno disdegnato di cimentarsi in questo esercizio:
“Una volontà d’acciaio, che lo costringe a un orario di ferro, per mantenere una famiglia di fango.”
“Sono un carciofino sott’odio.” (Leo Longanesi, 1905-1957)
“Stanco dell’infinitamente piccolo e dell’infinitamente grande, lo scienziato si dedicò all’infinitamente medio.” (Ennio Flaiano, 1910-1972)
“Le Pasque, i Ferragosti, i Natali… I Natali, le Pasque, i Ferragosti… Così se ne va la nostra vita.” (Gesualdo Bufalino, 1920-1996)
Il calembour è spesso consentaneo anche all’ispirazione, assai varia – e più profonda di quanto sia generalmente ammesso – del noto scrittore e storico Roberto Gervaso (1937), alla cui fortuna critica ha forse nuociuto un’eccessiva prolificità:
“Omertà: per paura del piombo, il silenzio diventa d’oro.”
“L’italiano non crede in niente perché ne ha viste troppe.”
“Com’è pesante la conversazione della gente leggera!”
“Sono i bassi interessi che più frequentemente chiamano in causa gli alti ideali.”
“La sincerità ci complica la giornata semplificandoci la vita.”
“Le indiscrezioni si fanno raccomandando la massima discrezione.”
“Credere, obbedire, combattere: lo slogan imposto a un popolo che non crede in niente, non sa obbedire, e non vuol combattere.”
“È un uomo tutto d’un pezzo, che vorrebbe farsi in quattro.”
“Diamo volentieri una mano a chi sta in basso purché non salga troppo in alto.”
“E se il nulla fosse il tutto?”
“Chi non crede in nulla può facilmente fingere di credere in tutto.”
“C’è chi scrive per dire le cose che ignora, chi per nascondere quelle che sa.”
“Com’è facile trovare le proprie ragioni quando si ha torto.”
“La donna leggera, quando s’innamora, diventa pesantissima.”
“Se la giustizia non può essere al di sopra delle parti, non sia almeno al di sotto dei partiti.”
Gervaso ha pure coniato diversi gustosi ‘sberleffi’ – come li definisce – su noti personaggi pubblici e l’attualità politica:
“Mike Bongiorno: da quiz all’eternità.”
“Oriana Fallaci: la penna montata.”
“Giulio Andreotti: la sfinge di gomma.”
“Bettino Craxi: il Duce aveva un po’ meno ragione.”
“La minoranza DC: lo scudo crucciato.”
“Francesco Alberoni: il tuttologo del niente.”
“Renato Guttuso: falce e pennello.”
“Lucio Magri: il sanculotto patinato.”
Sulla stessa linea di Roberto Gervaso si attesta Guido Rojetti, suo degno epigono, autore de L’amore è un terno (che ti lascia) secco, vincitore del Premio Internazionale per l’Aforisma ‘Torino in sintesi’ 2014:
“L’homo è sapiens solo quando non è erectus.”
“Chi non ama rischiare rischia di non amare.”
“Lei vuole spesso che lui cambi; lui vorrebbe cambiarla spesso.”
“La fede matrimoniale? Tutte le catene iniziano con un anello.”
“Uomini che fanno di tutto per ottenere sesso. Donne che fanno sesso per ottenere di tutto.”
“Se non volete che le donne vi leghino, non date loro corda.”
“L’amore che ti consuma di più è quello mai consumato.”
“È meglio non riuscire a scrivere due parole in croce che scrivere e crocifiggerle tutte.”
Per le ragioni a cui sopra si accennava, con attinenza ai calembour – soprattutto se basati su assonanze e scambi di lettera (vocale o consonante che sia) non riproducibili nelle lingue straniere – dobbiamo obbligatoriamente limitarci al nostro Paese dove, nel quadro di un generale risveglio dell’aforistica femminile, compongono ingegnosi giochi di parole diverse valide autrici; doverosamente cominciamo dalla maggiore fra tutte, la poetessa e aforista Maria Luisa Spaziani (1923-2014):
“Bombardato da immagini perse l’immaginazione.”
“Le pietre che mi avete lanciato sono state un ottimo materiale da costruzione.”
“Apprezzo che mi abbia avvertito, ma da quando mi ha aperto gli occhi non lo posso più vedere.”
“In principio c’era il verbo. Il guaio cominciò con le coniugazioni.”
“Ho conosciuto un uomo che era una nullità. Però molti altri valevano il doppio.”
Ora, può sembrare riduttivo inserire nella categoria-autrici di calembour anche Silvana Baroni, a parer nostro la migliore scrittrice di aforismi italiana vivente, che si dedica solo in via accessoria ai giochi di parole, con esiti, come però facilmente si constata, che vanno al di là del mero diletto:
“Circolo vizioso: frequentare circoli in cui fanno quadrato i soliti.”
“Nei libri, o trovi pagine di scrittori, o scrittori di pagine.”
“Le freddure nascono da verità scottanti.”
“Certo, la vita è un dono. Ma quanto ci vuole a scartarlo!”
“C’è chi vive la vita e chi la frequenta.”
“In amore: chi s’illumina a un colpo di fulmine, chi si ustiona per un petardo abbandonato.”
“Ci sono anime gemelle e anime doppioni.”
“L’amore: a volte impollina, a volte impallina.”
“Viene il sospetto che chi ha scritto pagine indimenticabili abbia una vita da dimenticare.”
“Ci sono tempi… in cui non puoi che sentirti fuori luogo.”
Cristina Mercuri (1971) ha invece scritto una brillantissima silloge aforistica, La vita insegna e io prendo disappunti, menzionata nell’edizione 2018 del premio ‘Torino in sintesi’:
“Le prese di coscienza danno la scossa di cui abbiamo bisogno.”
“C’è gente che fa mente locale e poi la subaffitta.”
“Il poligamo è un condannato a molte.”
“Mi spaccio per l’eroina che non sono.”
“Se la realtà supera la fantasia, la corsa è truccata.”
“All’inizio di una storia d’amore le anime e i corpi bruciano di passione. In amor arsi.”
Anche Daniela Lombardo (1972) si è illustrata recentemente nel soprammenzionato concorso torinese (l’unico in Italia interamente dedicato all’aforisma):
“Un entusiasmo, quando si spegne, brucia molto di più di quando era acceso.”
“I sentimenti non si comprano, però si possono provare.”
“Solo chi nasce con la camicia può avere un asso nella manica.”
“Mi hanno fatto un’offesa gratuita, ma io gliela farò pagare.”
“Per far quadrare il bilancio bisogna necessariamente arrotondare.”
“La vita non è bella, è un tipo.”
Citiamo ancora almeno questo bell’aforisma di Marta Tofi:
“Lettura cromatica della bandiera italiana: essere al verde, andare in bianco, finire in rosso.”
Si sono imposti all’attenzione di varie edizioni del premio torinese anche autori di sesso maschile, che in modo assiduo od occasionale si cimentano nel calembour: Mauro Medici (“Mai dare carta bianca a chi prende tutto alla lettera.”;“Si può saltare di pal in frasca solo se gli altri non mangiano la foglia.”;“I problemi sul tappeto sono tanti e i deputati alla loro soluzione hanno passato anni a nasconderli proprio là sotto.”; “Quando non si vede niente di nuovo sotto al sole, meglio verificare di non essere sul viale del tramonto.”) Nicola Farina (“Il destino è già scritto. Noi dobbiamo solo metterlo in bella copia.”; “La speranza non muore mai. Perché nutrirla?”; “Le mie vedute non sono larghe. Ci passa a malapena il buonsenso.”; “Mai sfruttare un’idea. Potrebbe essere vendicativa.”;“Sono stretto tra morale e piacere. Se non fosse per me, sono certo che coinciderebbero.”), Mauro Parrini (“La verità viene a galla solo quando gli uomini vanno a fondo.”), Giorgio Gramolini (“La vittoria ai rigori è una mezza vittoria; la sconfitta ai rigori è una doppia sconfitta”; “Proprio perché il pallone è rotondo, vince chi ha le palle meglio quadrate.”), Sergio Angeli (“L’understatement è l’unica esterofilia che gli italiani non praticano.”; “A forza di allargarla, la famiglia si è smagliata”; “Per quanto tendenzialmente individualisti, gli italiani sono tuttavia pronti ad adeguarsi agli ordini di scuderia.”), Rodolfo Cerè (“Non accendo un mutuo perché ho paura di scottarmi.”; “I giorni spesi non sono rimborsabili.”).
In cauda venenum, concludiamo la rassegna con un’amplissima selezione tratta da il pappo e il dindi; e il fottere di Carlo Sorrentino (1947), una originalissima, insolente, tesa, cerebrale raccolta di lemmi che si frastaglia sperimentalmente in una miriade d’incisi, precisazioni, digressioni, note (le quali non costituiscono, come avverte Antonio Castronuovo, meri rimandi accademici, ma sono parte integrante del testo): un libro in cui si rispecchiano e si fondono la solida cultura e lʼingegno eccentrico dellʼautore. A proposito di questa pubblicazione, intrisa di umori che si direbbero quasi rabelaisiani, il prof. Gino Ruozzi così si esprimeva: “Carlo Sorrentino esordisce con questa già matura raccolta di aforismi. Il taglio è decisamente epigrammatico, pungente e irriverente, nei toni di Marziale e degli umanisti. Egli dispone i testi sul modello del dizionario, seguendo un esempio frequente nella letteratura aforistica, che in questa maniera dà ordine (e calcolato disordine) al mondo. Di questi aforismi mi piace il tono scanzonato e provocatorio da un lato, la serietà puntigliosa e filologica dall’altro. Sorrentino ama strade complesse e spinose, alla costante ricerca di ciò che di sorprendente riservano le parole e i loro accostamenti.Lavora con caparbietà sulle minime varianti linguistiche come sulle possibilità offerte dalle distinzioni grafiche e dall’arte del commento: corsivi, grassetti, parentesi, virgolette, note in calce. Ama sottolineare e puntualizzare, incidere con lama affilata e uncini penetranti, irridere senza pudori e riserve. Il titolo, di derivazione dantesca (Purgatorio XI 105), introduce nella bollente bolgia umana, le cui prime categorie e pulsioni sono quelle del cibo, del denaro, dell’inganno, del sesso. In questo universo dalle tinte realistiche e grottesche Sorrentino si muove e destreggia quale accigliato e sarcastico fustigatore, buffone di corte e impertinente ‘sparviergrifagnoʼ”.
Il libro si suddivide in due parti, rispettivamenteintitolate: Celatarefero e Hic haec hoc et ab hic et ab hoc et ab hac et ab illa. La presente selezione privilegia quegli aforismi che hanno una più spiccata propensione al calembour.
Da Celatarefero:
L’Amantide. Ti piglia per la gola (le sue cenette), timena per il naso (i suoi profumi), ti tira per le orecchie (i suoi sospiri), ti stringe fra la braccia, ti serra tra le cosce, ti tiene ‘inguainato’ e sotto voce ti sussurra: “sono tua”.
L’Arca di Noè. – Virus, batteri, acari, pidocchi, blatte, pulci, mosche, zanzare, parenti: che orda! Quanti clandestini a bordo!
Gli Atei, che noia!, non parlano che di Lui (e di come avrebbe dovuto fare). Citano versetti; ne conoscono pregi e difetti.
A Braccetto. Torvo lui, turpe lei. “L’amore – dicevano – è bieco”.
Del Corrispondere. In certi ‘stravolti’ malaccorti amori, in quelle incaute ‘libere’ corrispondenze, lo scritto vola… e resta – la prole.
Decaloghi. Il Dio di quegli altri, paterno e apprensivo… “Con trepide dita, per loro una Legge su due tavolette…[1]: i ‘Dieci Raccomandamenti’.
In Democrazia si ha la libertà (la padronanza la sovranità [Dio me l’ha data, e guai a chi me la tocca]) di scegliersi i propri padroni[2].
Eufemismi.… E si allontanò per pregare: perifrasi agli evangelisti cara. – Aulico velo di santità su quelle imperiose (impietose) ‘prosaiche’ urgenze che ti separano dalla frotta ti congedano dalla tribuna, alla ricerca penosa di un cespuglio di un muretto: un vespasiano di fortuna.
Ogni Fatto: un misfatto una sconfitta una perfetta disfatta. – Così di fatto, l’Infetto (il Tempo) s’approfitta ci fotte: fatto dopo fatto (una trafitta dopo l’altra), ci fa a fette.
Forsennato: scosso da controversi, dissennati, furenti dubbi.
La Francia: una seducente e turbolenta (tumultuosa) signora. Tempo addietro – fece perdere la testa a molti.
Genocidi. – Liquidazione generale; approfittatene!
L’Humour noir delle diseuses ai ‘Tigì’. Smaltiti smerciati i dispacci dal Mondo concludono in bellezza – sorridendo, ammiccando: “… arrivederci, a domani (… altrogiro[ne], altrospaccio di immondezza)”.
Icaro (il gracile pallido rampollo di Dedalo…) – non aveva mai avuto una buona cera.
Dell’Incontrarsi. Scrollarsi la solitudine di dosso, azzittire le dispute (logoranti) con se stesso; buona norma, conciliante, è buttarsi ogni tanto nella torma – incocciare Tizio, inciampare in Caio, intopparsi con l’amico Fritz –: “Deh, chi si vede!… Come te la passi!…Ohilà!…Ohibò!…”. – Così, per monologare un po’.
Indispensabili. Il voluttuario, il superfluo, gli sfizi, l’extra,…: vale a dire quei (de)generi di prima necessità.
L’Inquinamento? – Incontenibile, straripante! Oggi, tutti che vogliono: arricchire il proprio bagaglio, ampliare la proprie vedute, allargare i propri orizzonti, sviluppare i propri principi, diffondere i propri concetti, propalare le proprie idee; insomma, crescere! (e alla svelta, in corsivo).
De Iustitia. Qui iustus est, iustificeturadhuc (‘Chi è giusto sarà sempre giustificato’) – è Vugata[3], son storielle. La Storia, parodiando[4], ha poi così corretto: Qui iustus est, ‘iustitiatur’ adhuc (‘Chi è giusto sarà sempre giustiziato’).
Jahvē: il dio unico, superbo, ombrioso, permalosetto…ma pure capace di iniziare, briosamente, Noè ai ‘misteri dell’ombretta’ ai ‘disdotti del cicchetto’[5]. – L’Altissimo, l’Altezzoso, l’Alticcio.
Lapidi. Tanto ti sarà lieve il masso, quanto più lieve fu il tuo passo.
I Maestri: quei preclari che ci restano cari… – i mentori, i duca, gl’impagabili fari… (Se non andiamo a spulciare, se tralasciamo il ‘particolare’).
Maquillage – sempre più spinti, spietati, stringenti: il tempo st(r)inge.
Medietà. “L’Ente – Sì?! L’Ente – No?!… Da saggio nesciente mi tengo nel giusto mezzo: sto, parteggio, per il Ni-Ente!”.
La via di Mezzo? Né brutta né bella; diciamo: brulla.
Minerva (Atena, ovveroPallade)[6]. Giove – giudizioso, ragionevole –, questa volta volle fare di testa sua.
Mitomane. Siate miti, esortava nostro Signore. E lui, indulgente, vi indulgeva…
Il Muro di Berlino: una guardiola a ogni piè sospinto. – ‘Il Muro del Piantone’.
Nana bianca. Collasserà (‘sbotterà’) il Sole un giorno; da quattro e passa miliardi d’anni gli girano le palle (intorno)!
Nettezza urbana. Une tête ‘lévée’ c’est toujours plus nette d’une tête ‘lavée’ (Robespierre a Danton. Estremismo a Moderazione).
Newness. Nel grigiamaro della vita, quando meno te lo aspetti o perbacco! –, toh, la sorpresina!: un dolore mai provato prima, una pena nuova di zecca.
Obliviscenze[7]. Ben stipati sotto le palpebre, i luoghi, i volti, le cose,… le care vestigia della nostalgia. Un luccicone ogni tanto; ché non secchino.
L’Odio – appunta, sottolinea, rimarca, mette tra virgolette, in risalto, in maiuscolo, in grassetto; poi commenta, postilla, chiosa. – Il tutto, ovviamente, con annotevole livore (esplicativo) a piè di pagina. (Non così precisino l’Amore. – Il suo diario: qui e là sequele [sospiranti] di puntini sospensivi)[8].
Ostilità. L’inimico ostinato, ‘puntiglioso’, muore (schiatta) quando il male è tutto fatto; quando sul luogo del misfatto, ci lascia il vessillo[9]: il pungiglione.
Ostruzionismi. Traccheggiare, nicchiare, menarsela,… rimenare la rogna all’indietro, mandarla a lato, scalciarla in ‘tribuna’: non stare al giogo. – Una melina al giorno leva la gogna di torno.
Ozio: in torpore vili.
L’ozio: il figlio die saziati vizi.
Dall’Ozio (“Homines nihil agendo male agerediscunt”[10].“Si la pauvreté est la mère des crimes, l’ennui en est le père”[11].“Der Teufel ist bloss der müssiggang Gottes, an jedem siebenten Tage ”[12].“Quanti assassini sarebbero ancora cittadini dabbene, non ci fosse stata quella maledetta domenica libera!”[13]) la nequizia, il delitto.
Panta rei. In una tinozza, in un abaia, mai si bagnerà lo stesso Tizio, la stessa Caia.
Pedagogia: negli anfratti dell’etimo, alla fonte, la via maestra, l’‘aio’ di ruolo. –L’educazione va impartita a suon di pedate, (ahi! ahio!) di calci in culo.
Pensiero triste: Dio non esiste, edil Vuoto sussiste, ed il Male consiste, e la Vita insiste, e il Dolore persiste,…e dio non ci resisto (e nemmanco desisto); chi mi assiste?!
Perdere: tempo, l’onore, la faccia, la traccia, la stima, la scrima, la fede, la fiducia, la speranza; la sinderesi, la correggia, la trebisonda, il cadrechino; il conto, i colpi, la calma, il controllo, la pazienza, le staffe; i sensi, il sonno, il senno, la salute, la testa; il filo del discorso, i lumi della ragione, la luce degli occhi; sì, la luce degli occhi…ma mai, mai, mondieu, accada – che si perdan die baiocchi!
Del Perdonare. – ‘Memento oblivisci semper’[14].
(‘Per i non addetti ai livori’). Scordare sì, ma a Mnemosine ammanniremo in ferie, suppe[15], sicché i lemuri dei ‘tarli’ morti non infestino le nostre notti.
(‘Per gli addetti ai livori’). Lui dimette[16], sì, ma con notulaa latere (nel fianco): senza dimenticare.
Prassimonioso. Fa tutto a modino, per benino; e non più di tantino.
Per un Puntillo (un nonnulla) Martin perse la ‘capa’. “Un cavillo, un cavillo,…tutte le mie rogne per [17]un cavillo!”.
Qualcuno! (Aut Caesar aut nihil) – di certo, irrinunciabilmente, a tutti i costi!… (Dovesse però costarci caro, troppo, vada pure, ben venga quell’‘Uno qualunque’; – se peculiare, esclusivo, unico esemplare).
Relax: mettere la mente in folle; e sfollare – i falli le falle i fallimenti (quella folla fellona e fallac eche ci porta alla follia).
Repetita… Dai morsi ai rimorsi, daipianti ai rimpianti, daipugni al ripugno: questo è invecchiare. – Repetita iuvant… al declino.
I buoni sentimenti – ripetuti ribaditi reiterati –, si alterano, si accigliano: diventano risentimenti. – Repetita… nocent!
Re–pulsione di morte. Inorridisce all’idea di dover crepare, – ridursi in quello stato pietoso, improponibile, impresentabile[18].
Retrorica. I buoni discorsi si debbono poter guardare pure di dietro (Novalis).
Ricompense. Come ‘paga’ di un grosso misfatto, la Storia di norma impone (ha imposto) una ‘tonda cornice’: a chi intorno al collo (forca), a chi sopra la testa (corona), a chi sospesa sul capo (nimbo).
Riconversioni. Ascoltando e riascoltando la ‘Matthäus-Passion’ come per incanto ha ritrovato il Credo…Sfido! con quel popò d’arredo: testina laser, tuner, woofer, midrange,… sei casse! – fedeltà suprema, in Excelsis Stereo!
(Prima, col vecchio impianto – fruscio di fondo, rumble, tic e toc ‘fuoricampo’ –, al Dubbio non v’era scampo).
Ritorsioni. (Nimistà, ostilità). Ha l’occhio torto (rosso sangue) di chi odia mal corrisposto. (…Protesta contesta e di più mi contrasta – mi molesta m’investe m’infesta –se non do pretesti per farmi detestar come supposto, come da ‘contesto’: come richiesto da un giusto astio, da un onesto indigesto reciproco disgusto).
Roulette vita. Ognuno ‘sceglie’ – guadagna il proprio posto (gogna, basto); ci punta più o meno tosto, e… Les jougs sont faits!
Il Sabato. – C’è chi lo osserva lo ossequia lo omaggia, e ti lascia annegare (‘il sabato del servaggio’); e chi lo infrange e ti tende una mano (sabotaggio!).
Del Salottare. “Il bon ton, l’arte della conversazione, consiste nel saper nascondere all’interlocutore la propria pochezza” (M. Cvetaeva) / “…quanto bene pensiamo di noi stessi e quanto male di lui” (M. Twain).
Ma quei requisiti (il nostro lodevole ‘tanto’, il loro esecrabile ‘poco’), poi, non sanno starsene a cuccia, buoni buoni, sotto il divano; guaiscono, scagnano, vogliono la loro arringa: ci mordono il calcagno, ci tirano per le stringhe.
I Santi non metton su ridotti, non allestiscono circoli, cenacoli, concistori, ma talor combinano, si ritrovano, fan crocchio: sbirciano, raffrontano (stimmate, nimbi, grazie) – si tengono professionalmente d’occhio[19].
Leonardo si dimanda se li santi stanno ignudi. Non solo, caro Leo, culi all’aria, ma fan pure i bisognini (ma vedessi il decoro la grazia lo ieratico contegno!).
Sbagliare sì; ma sempre con competenza e autorità: in modo impeccabile, ex cathedra.
Seduzioni. Adamo: ammaliato e compromesso dal sex apple di Eva.
La Serrata della Psiche (quella pro-testa…). Gli ‘inconsci’ e i ‘subconsci’ – stanchi del rimosso, di incassare, stanchi di quel lavoro di basso rango, di far da pattumiera, sfilano in corteo: Pa-ghe-re-te caro… pa-ghe-re-te tutto!… … Pa-ghe-re-te caro… pa-ghe-re-te tutto!.. … Pa-ghe-re-te caro… pa-ghe-re-te tutto!…
‘Sincerità’. – Leggere attentamente il ‘bugiardino’: una spulciata alle avvertenze, alle controindicazioni, agli effetti collaterali.
Solitudini. Lui – un ‘isolato’ moderato: porta di casa sempre sbarrata, ma telefono e cellulare giammai staccati. – Un ‘penisolato’.
‘Suoni’ dall’Aldilà. Urlano, imprecano,… – Inferno (aspera è la doglia). Gemono, si dolgono,… – Purgatorio (asportano il loglio). Mugugnano, sbadigliano,…– Paradiso (s’aspettavano di meglio).
La Superbia. – Nei piccoli di statura è concentrata compressa (come una molla); li fa scalpitare: sussultar esaltare assaltare esultare (li catapulta in alto: su un altare).
Teologie. Gli Iddii fatti passare attraverso la cruna dell’ego.
Ubiquità. ‘Dio c’è’ (in più di una latrina – qui e là imbrattato…). Sì, anche lì ‘credo’ sia andato a spiaccicarsi qualche Eone[20]; lo credo – con tanta buona fede, e con più d’uno sciacquone.
Uricemie. – ‘Tanto va la gotta al lardo[21]che ci lascia lo zampone’.
“Il Vento – se lascia le alture le guglie le creste e ruina a valle, è per gonfiarti i capelli: è per farsi vanto, diventare evento”, scrivevo…
(Poi lei se li fece a caschetto, alla maschietta… E qui ora è calma piatta).
‘I Vizi Capitali’? – Mai perderne uno! (Giammai diminuisca il nostro capitale).
Zelo. Talleyrand, fresco ministro, presentandosi ai subalterni: “… e soprattutto, garçons, poco casino; c’est-à-dire, niente zelo!”.
Da “Hic haec hoc et ab hic et ab hoc et ab hac et ab illa”
Quelle avvincenti Avventure avvilenti… Avventarsi contro i mulini a vento in assenza di vento, vincerli e farsene vanto[22].
Quei sobri Baratti… Crede sì, ma con parsimonìa.
Quelle Compravendite… A, rompe e paga. B, corrompe e non paga. C, corrompe in modo erompente dirompente prorompente… e viene ripagato; in modo appagante.
Quelle Consacrazioni… Alla parata una vocina chiedeva: “Ma… perché si benedicono le armi? per quali ragioni?”. “Affinché ‘non pecchino’, figliolo… (acciocché diventino impeccabili: non difettino non s’inceppino non facciano cilecca)”.
Quelle cementate (calcificate) Dialettiche… Tesi – il Trascendente. Antitesi – l’Immanente. Sintesi – il Rimanente (un mucchietto d’ossa…)…
Quel sollecito Disinteresse… Così poi lei ogni volta: “… Ed ora basta parlare di me. Dimmi di te, amore. Parlami del tuo presente, dei tuoi orizzonti, dei tuoi fermenti: a cosa protendi, di come la intendi,…Allora su, dimmi, all’impronta: mi trovi attraente?”.
Quelle Doti (in-quadrate)… È un impiegato – indolente imballato molle frollo grullo (un nullo!). Farà carriera allo sportello.
Quegli Encouragements (entêtés)… Marie Antoinette si avvia al patibolo (alla Louisette) preceduta da Charlotte, la sua vecchi dama di compagnia… “Et alors?”. – Dal fondo del paniere, le sue parole ‘testuali’: “Ma petite, non dolet!”.
Quelle spettacolari Esecuzioni capitali… I condannati a morte si lamentano; – pur pagando il prezzo più alto, sono quelli che non assistono fino in fondo: non sapranno mai con certezza come poi la cosa andrà a finire.
Quei Fioretti… D’amor si muore. – Flebile, a fior di sepalo, me lo sussurrò il fiore che per te io colsi.
Quegl’infungibili Funzionari… Tiberio fu sempre restio a sostituire qualche elemento dell’apparato burocratico imperiale; e se ne era costretto, lo faceva a malincuore. Perché? Le mosche sazie, andava ripetendo, pungono di meno.
Quelle Grossolanità… Non è affatto carino chiedere ad un ciclope, a cui in sua assenza hai rovistato la spelonca, di passarci sopra, di chiudere u nocchio.
Quegli Hobby... grossolani (terra terra). La caccia all’uomo è sempre aperta; nessun pericolo di estinzione. – Depauperare il mondo: un praticato sport, normale prassi (esentasse; v. le guerre, gli stermini di massa,…). Ripopolarlo: un piacevole passatempo, comune spasso[23]. Dov’è allor lo scrupolo, l’impasse?!
Quei furti (quelle forti fitte inferte al cuore): quegli Infarti!… Elias Canetti: Lui tiene in serbo il suo denaro nel cuore; lo contano i battiti… poi, ahhhhh, ohoooo, quell’ammanco, quella stretta!
Quelle Levatacce… L’umanità si divide in due categorie: quelli che si alzano presto e quelli che si alzano tardi. Sì, caro ‘Campanile’[24]; ma, ne aggiungerei una terza: quelli che – pur scampanellando a distesa– non si rialzano affatto.
Quei Memoriali (memorabili)… – ‘La vita che si sarebbe voluta… La persona che, ahinoi, non siamo stati’.
Quel Metallaro (duttile malleabile nobile magnetico)… – Piedi di piombo, faccia di bronzo, argento vivo addosso, ma, un cuore d’oro (il suo alibi di ferro).
Quella Notorietà (sagace procace sottile)…Tra i poeti, Sanguineti rinomato fu più di Dante (d’un pollice abbondante).
Quell’Ottimismo a pieni polmoni… “This castle hath a pleasant seat; the air / nimbly and sweetly recommends itself / unto our gentle senses…”[25](Duncan, entrando nello Scannatoio).
Quel sublime ‘Pacciame’… Lacrime e limo, uniti assieme a tema e patema, e a tanta speme, ecco il seme con cui plasmò il supremo: l’uomo.
Quelle Pattumiere… (che non scendono a patti). Aveva tanto da rimuovere che un solo ‘inconscio’ risultava inadeguato. Se ne fece impiantare uno posticcio; ultimo tipo, con inceneritore incorporato.
Quelle Quaresime… Mosè è trasecolato: “Troppa grazia! Io per me, visto il digiuno (Deut., IX, 9), mi sarei accontentato di due tavolette… di cioccolato”.
Quei machiavellici Raggiri… “A quell’infame di mio padre a quell’odiosa di mia madre – a quelle due emerite canaglie –, oh che bene che gli voglio!” – Così espresso è il solo modo per il buon figliolo di venirne a capo; dacché sta scritto (Luca, XIV, 26; VI, 27 – 35; Matteo, V, 44 ): “Guai a chi non odia suo padre e sua madre…! / Amate i vostri nemici… ”.
Quelle Spartizioni… spartane! Eravam oragazzi; ci si divideva tutto: l’azzurro del cielo, il rosso del tramonto, le ombre della sera, le stelle, i sogni, l’erba trastulla,…Sì, proprio tutto! (Proprio perché – non possedendo nulla, padroni eravamo d’ogni cosa).
Quei Talenti… Suona in modo angelico… o meglio – ‘evangelico’ (e precisamente: Matteo, capitolo VI, versetto 3): La sua mano sinistra ignora quello che fa la destra.
Quelle ‘intrepide’’ Traduzioni… “L’é mëgio che s’arretiemo? Annemose a asconde? Ma dunde?!”[26] (nellapiana non c’erano buche) – Garibaldi a Bixio (che glielo aveva proposto). In Patriottese renderà: “Ragazzi, qui si fa l’Italia o si muore!”.
Quella schietta operosa Umanitate (dall’a alla z; o quasi)… Affabilità Benevolenza Comprensione Disponibilità Elargizione Fraternità Generosità Honnêteté Indulgenza Liberalità Munificenza Nobiltà Osservanza Prodigalità Quiescenza Rispetto Sollecitudine Tenerezza Urbanità Virtù (zelante) – non solo esistono, ma mi sono finanche affini, parenti. Non so quante volte, scientemente e con pieno sprezzo del pericolo (autolesionismo? masochismo?….?), mi sono sottoposto ad audaci gesti di spassionato altruismo, di temeraria disinvolta filantropia[27].
Quei Volantini... Udita al volo: “Accontentiamoci di briciole; in mancanza di miglio”.
Quegli eccessi di Zelo(a dirotto)… Se Jove è pluvio, Jahvé è diluvio.
BIBLIOGRAFIA
Scrittori italiani di aforismi, Volume secondo, Il Novecento, a cura di Gino Ruozzi, I Meridiani, Arnoldo Mondadori Editore 1996.
Aforismi e alfabeti, a cura di Giulia Cantarutti, Andrea Ceccherelli e Gino Ruozzi, il Mulino 2016.
Il libro degli aforismi, a cura di Federico Roncoroni, Oscar Mondadori 1989.
Il dizionario del diavolo, Ambrose Bierce, Baldini Castoldi Dalai editore 2012.
Pitigrilli, Un aforista in ombra, a cura di Anna Antolisei, Joker 2018.
Dizionario impolitico, Salvatore D’Agata, Bompiani 1986.
Non date le parole ai porci, Cesare Viviani, il melangolo 2014.
Della ‘Patafisica, Diverticoli sulla Scienza delle Scienze, Roberto Asnicar (pseudonimo di Antonio Castronuovo), Editrice La Mandragora 2013.
Il grillo parlante, Roberto Gervaso, Bompiani 1983.
La volpe e l’uva, Roberto Gervaso, Bompiani 1989.
L’amore è un terno (che ti lascia) secco, Guido Rojetti, Youcanprint 2018.
Due o tre righi, Dino Basili, Babbomorto Editore 2018.
Aforismi al femminile, a cura di Amedeo Ansaldi, Puntoacapo 2017.
La vita insegna e io prendo disappunti (memorie di una pazza), Titti Mercuri, Rubbettino 2018.
Geografie minime, a cura di Sandro Montalto, Joker 2015.
A mani alzate, Mauro Parrini, Pendragon 2009.
Varie ed eventuali, Sergio Angeli, Festina Lente Edizioni 2014.
Spiegate alle vele, Rodolfo Ceré, Lieto Colle 2019.
il pappo e il dindi; e il fottere, Carlo Sorrentino, Edizioni Moderna, 2012.
Il sito webwww.aforisticamente.com a cura di Fabrizio Caramagna.
[1]Eso., XXXI, 18.
[2] (In una Autocrazia, pochi godono, e gli altri – muti, zitti. In una Aristocrazia, pochi godono, e gli altri brontolano – sottovoce, zitti zitti. In Democrazia, a godersela son sempre quei pochi, ma qui, il popolo [finalmente, …azzo!] ha la libertà di esprimersi: il mugugno è libero di sfilare in piazza).
[3]Rivelazione, XXII, 11.
[4] in maccheronese.
[5]Genesi, IX, 20, 21.
[6] (Oggi avremmo detto: ecco una con le palle!).
[7] Obliviscenza: ‘il graduale cancellarsi di un ricordo’.
[8] (Se ci si può amare: amaramente, controvoglia, di sfuggita, alla carlona, non subito, per posta, quanto basta,… sempre ci si odierà – di gusto, volentieri, con fermezza, a puntino, di primo acchito, vis à vis, spassionatamente).
[9] Il ‘vessillo’ – qui sta ad indicare pure la vis bellica con cui ‘vessa’, ‘assilla’.
[10]Gli uomini che oziano imparano ad agire male (Catullo).
[11]Se la povertà è la madre die crimini, il tedio ne è il padre(J. de la Brujère, LesCaractères).
[12]Il diavolo è soltanto l’ozio di Dio, ogni settimo giorno (Nietzsche, Aforismi).
[13] G. Bufalino, Il Malpensante.
[14] (Tengo all’erta la mente, esercitata la memoria; sempre pronta – acciocché dimentichi lì per lì, sul momento, all’impronta).
[15]Inferie, Suppe: ‘intrugli che si offrivano alle divinità per stemperarne la rabbia, per dissuaderli dal vendicarsi’. (La vendetta di Dio non teme suppe – Dante, Purg., XXXIII, 36).
[16]Dimettere (ant.): ‘perdonare’.
[17] … per: qui, complem. di causa (a causa di…).
[18] (Che onta per lui [eccentrico snob] la morte! – Articolo corrente, di basso intento, per ogni utente [abbienti e nullatenenti; basta un obolo]: avvilente! “Chi non se la può concedere – diceva –, chi non la mette in conto!?”).
[19] (Erasmo da Rotterdam: “Sanctissime coluit divos, quisqui simitatus est” – perperam! [“La maniera migliore di onorare i santi è quella di imitarli” – in malo modo! Se li si eguaglia, o addirittura li si supera, se ne hanno a male]).
[20] Eone: ‘(secondo gli gnostici) forza celeste subordinata, che deriva da Dio per emanazione’.
[21] … ricco di purine.
[22] (Le mie sfuriate [a folate] contro i mulinelli di vento).
[23] (‘au lit comme à la guerre’).
[24] Achille Campanile, In campana è un’altra cosa.
[25] “Questo castello è in un sito ameno; l’aria accarezza lievemente e dolcemente i nostri sensi ingentiliti…” (Shakespeare, Macbeth, I, VI).
[26] “Ritiriamoci? Nascondiamoci? Ma dove?!” (dial. genovese).
[27] (Porsi un dito, mi presero il braccio. Me lo restituirono: lercio molliccio uno straccio; e con intorno attaccato un laccio e un dispaccio:“vuoto a riempire… e rendere”).