IL CASO BARBABLU
Uno spettacolo diretto da Moni Ovadia
su drammaturgia di Costanza Di Quattro
(nostro servizio)
di DANILO AMIONE
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E’ seduto su un trono , Barbablù, a governare il mondo, il suo mondo, quello delle “sue” donne. Non poteva avere incipit migliore il dramma, in forma di monologo, scritto dall’esordiente Costanza Di Quattro. Da subito, lo spettatore ha contezza di cosa sapientemente l’autrice ragusana gli ha riservato. Barbablù non ha remore nel raccontare e nel raccontarsi. Il suo è un flusso di coscienza ininterrotto, spietato, capace di suscitare rabbia, paura, ma persino pietà. Il destino lo ha segnato. Rimasto orfano della madre venendo alla luce, e con un padre da disprezzare, Barbablù “recita” la sua condanna, il suo dannarsi dentro una mente segnata dalla sua infelice origine.
Sta per andare sul patibolo per avere ucciso sette donne, sette mogli che credeva di potere amare a modo suo, fino a decidere della loro vita. Egli non si pente, non potrebbe farlo, consapevole che quella non poteva non essere la sua vita. E neanche adduce scusanti per i suoi spaventosi crimini. Accetta la sua condizione, ne prende atto, e la racconta perché il mondo sappia che l’uomo è anche questo. Imperfetto, buono o cattivo per volontà del caso o di un Dio che si diverte a farci marionette. Ognuna delle sette donne uccise da Barbablù è così diversa dall’altra che il loro essere eliminate, racconta l’assassino, significa un completamento tragico della sua personalità alterata.
Negarsi un sentimento significa per Barbablù affermare se stesso, liberarsi dal malessere, stare bene, salvarsi. Il disprezzo per la vita è per lui fonte di vita. L’odio verso l’altro sesso è alimento per la sua sopravvivenza.E’ evidente come per la Di Quattro tutto ciò sostanzi l’essenza stessa della condizione umana, sottoposta a vincoli fisiologici e istintuali da cui è impossibile affrancarsi quando ci si ritrovi precipitati dentro. Sta a chi ci sta vicino salvarsi ma soprattutto salvarci, senza pensare che il comportamento sia solo frutto di una scelta (vedasi gli studi condotti a tal proposito dal grande scienziato Henri Laborit e pubblicati sul suo celebre testo “Elogio della fuga”, da cui Alain Resnais trasse,nel 1980, uno dei suoi capolavori cinematografici, “Mononcle d’Amerique”).La fonte di questa pièce, così moderna e originale nei motivi di fondo, è la seicentesca fiaba di Charles Perrault, a sua volta ispirata ad un serial killer realmente esistito, che avrebbe trovato nel femminicida francese Landru un degnoepigono , a sua volta ispiratore di altra arte maudit come l’omonimo film di Claude Chabrol o, ancora prima, il “Monsieur Verdoux” di Charlie Chaplin.
E se è vero che una favola nera abbisogna per essere rappresentata anche di una forma che ne esalti il contenuto, la regia di Moni Ovadia, a metà tra le tensioni del primo espressionismo tedesco e le psichedeliche messinscene di Peter Greenaway, non sgarra di un millimetro la gestione geometrica del testo, che fa muovere il protagonista, interpretato da un grande Mario Incudine, sul palcoscenico come dentro una gabbia da cui non potrà mai fuggire.Il geniale inserimento fuoricampo delle voci delle vittime, che amplificano la tensione fino a farla dirompere, si accompagna all’altrettanto geniale inserimento diegetico e partecipavo delle splendide musiche, dello stesso Mario Incudine, eseguite, efficacemente, dal vivo e sul palcoscenico da Antonio Vasta. In ultimo, è doveroso sottolineare come il merito dell’autrice sia stato anche quello di aver trattato con grande coraggio e partecipazione un tema, purtroppo, ancora di cogente e spaventosa attualità.
Il femminicidio, come dimostra la pièce della Di Quattro, potrà essere fermato solo quando la società tutta farà un passo avanti nella consapevolezza che la soluzione è molto più complessa della “semplice” repressionepre o post crimine. Ogni delitto ha una sua ragione, diceva Simenon.L’importante è, dunque, debellare ogni ragione che lo possa generare. Culturale o emotiva che sia.E anche l’arte, come in questo caso, può fare fortemente la sua parte.
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Barbablu
di Costanza Di Quattro
Con Mario Incudine e con le voci fuori campo di
Marianella Bargilli, Roberta Caronia, Lella Costa, Elisa Di Dio, Mirella Mastronardi, Elisabetta Pozzi, Amanda Sandrelli, Silvia Siravo, Pamela Villoresi.
Musiche di Mario Incudine
Eseguite dal vivo da Antonio Vasta
Scene e costumi Elisa Savi
Luci Daniele Savi
Regia Moni Ovadia
Regista collaboratore Giampaolo Romania
Produzione Centro d’Arte Contemporanea Teatro Carcano-Milano
In collaborazione con Teatro “Leonardo Sciascia” di Chiaramonte Gulfi (RG) | Teatro “Nino Martoglio” di Belpasso (CT) | Teatro Pubblico Ligure | Asc Production ׀ Videobank
Al Teatro Golden Hall – Vittoria (RG)