Giovani “cuori sporchi” si raccontano nelle stanze di Underground rivers
@ Anna Di Mauro (24-01-2020)
Catania – Vomitano storie dolorose, ai limiti della speranza, aspre come il ginepro, teneramente colte in una mise en éspace dai toni forti, esuberanti, trasudanti giovinezza. Inerpicati sui fianchi della vita, disperati, sgangherati, allegramente sconvolti. Sono i giovani “difficili” di una comune. Sono i “Cuori sporchi” di Antonella Caldarella, che ha ideato il testo e diretto questo interessante studio sociale ambientato in una performance mobile, inventando un percorso tra le stanze del nuovo spazio di Roots, in interazione costante con il pubblico. Pioniera a Catania del teatro itinerante fin dagli anni Novanta, diretta da Steve Cable e Antonella Caldarella, la realtà teatrale di Roots offre ancora una volta l’opportunità di gustare un teatro vivo, fresco, sincero, dove in un laboratorio permanente si intreccia il tessuto drammaturgico sperimentale, in questo caso con attori già formati accanto ad allievi in formazione, in una formula vivace, originale, ben condotta. Il tema del disagio giovanile con soggetti a rischio per il peso di eventi traumatici in ambienti degradati, sostenuti dalla vita nella comune, qui viene trattato con mano sicura dalla Cardarella che ha saputo cogliere la drammaticità dei fatti restando fuori dai facili pietismi, a fronte di una leggerezza dei toni e della gestualità, sfumati dalla speranza e da una incontenibile energia vitale. Accolti in questa “comune”, la cornice in cui attori e allievi sono coinvolti, dall’ambiguo anfitrione di Corrado Drago che fa pensare all’anti dottor Hinkfuss di Pirandello, una sorta di blando domatore, ascoltiamo, come nel labirinto di Minosse, nel dedalo di stanze in cui ci aggiriamo, questi ragazzi feriti dal Minotauro della loro vita, ma che nonostante tutto aspirano ad altri destini e sognano. Nella prima stazione (perché di calvari si tratta) assistiamo alla toccante confessione semplice e appassionata di Alberto Abbadessa/ Kevin, ispirata a una storia vera, che si ritrova in casa il padre diventato donna, da tempo drammaticamente scomparso e creduto morto, ora inaspettatamente ritornato alla famiglia nella sua sconvolgente trasformazione, scatenando il forte disagio e la confusione dolorosa del figlio che alla fine tuttavia lo abbraccerà ritrovando teneramente il profumo del padre. Tra una stanza e l’altra i ragazzi tra risa eccitate e momenti di tensione intrattengono nel foyer il pubblico, ospite di questa festa annunciata, con promessi biscottini e bevande, per poi invece invitarli ad ascoltare le loro storie. Nella seconda stazione ci accoglie la dolce follia della Rosa di Giulia Antille che propone con forte presenza scenica e interessanti variazioni di registri il suo piccolo dolorante mondo di bambina abbandonata a se stessa, padre alcolizzato, madre aspirante attrice, suicida. Rosa canta e sogna di diventare ricca mentre offre il suo corpo acerbo con un sorriso straniato. Nella terza sosta l’intensa Valeria La Bua che qui ricorda la maschera di Franca Valeri, ci travolge con la sua Carmen imparruccata, tacchi a spillo, esuberante vergine, figlia di “buttana”. Balla in un locale, ma non si fa toccare dagli uomini, pur desiderando l’amore al quale la sua ferita non le permette di accedere. Si veste invece di spogliarsi, ride invece di piangere. Infine la giovane, ieratica, un po’ fuori di testa, in preda a pastiche religiosi, femminista dichiarata (prega una Dea invitandoci a un’orazione collettiva) affidata alla candida interpretazione di Simona Nicotra, vive la necessità maniacale della sua fede dedicandola a chi nella vita ha avuto successo, ai suoi santi che si mescolano ad attori e cantanti famosi, quelli che nella vita ce l’hanno fatta. Il ballo finale, totale, a corpo pieno, declina un’insopprimibile gestualità di sana e vitale esuberanza. Durante i saluti e il commiato, dopo la rissa scoppiata tra Lele, il giovane di Andrea Cable che dà vita a una breve, intensa performance di figlio naturale ignorato dal ricco padre, fino ad ammalarsi, e l’anfitrione che si scopre essere suo fratello, più fortunato perché legittimo, l’abbraccio tra i due fratelli suggella ciò che suggerisce lo spirito della pièce: dal buio dei non amati si può risalire alla luce con il calore degli affetti, con la vicinanza solidale. E aggiungiamo che si può fare un buon teatro se le intenzioni sono forti e sincere, i testi interessanti, la forma vivace e godibile, gli attori freschi e appassionati. Come in questo caso.
CUORI SPORCHI
Testo e regia di Antonella Caldarella
Con Alberto Abbadessa, Giulia Antille, Andrea Cable, Corrado Drago, Valeria La Bua, Simona Nicotra. E con la partecipazione degli allievi della scuola di formazione teatrale
“ Extra/Ordinaria”: Marta Chiarello, Gabriele Ferrante, Carlotta Minissale, Maria Riela.
Costumi e scenografie Noa Prealoni
Produzione Teatro Argentum Potabile
Spazio Fluido – Catania