Dalla Terra alla Luna, burattini alla riscossa per un mondo a portata di sogni
@ Amelia Natalia Bulboaca (06-01-2020)
Milano – Proprio mentre al cinema imperversa il Pinocchio di Matteo Garrone, il Piccolo Teatro di Milano ospita la Compagnia marionettistica più antica e famosa al mondo: i burattini di Carlo Colla & Figli sono ancora solida garanzia per chi, adulto o bambino, abbia voglia di esplorare le infinite possibilità dello spazio dei mondi fantastici e onirici. E non servirà certamente il passaporto (come buffamente insistono i ‘seleniti’ o i ‘lunatici’) per accedervi, ma sarà d’uopo dotarsi di animo aperto ed essere disposti a lasciarsi stupire e penetrare d’incanto.
Dalla Terra alla Luna, féerie in due tempi e undici quadri, nella nuova edizione diretta da Eugenio Monti Colla e ripresa da Franco Citterio e Giovanni Schiavolin, ripropone un grande classico della Compagnia, andato in scena per la prima volta nel 1898. Lo spettacolo originale traeva spunto dall’operetta Le voyage dans la Lune (1875) di Offenbach, che aveva altresì ispirato anche Georges Méliès e il suo omonimo, pionieristico film fantascientifico (1902). Ma non è tutto: numerosi sono gli intrecci artistico-letterari dai quali si staglia il tema del viaggio sulla luna nella temperie culturale di fine Ottocento. Lo stesso Méliès si era ispirato anche ai romanzi Dalla Terra alla Luna di Jules Verne e I primi uomini sulla Luna di H. G. Wells.
Tutto ha inizio per un ghiribizzo: quello dell’inconsolabile principe Capriccio, erede al trono di Vlanandia, il cui desiderio è di possedere nientemeno che la luna. E cosa non farebbero i genitori per accontentare i propri figlioli, per garantire loro felicità e prosperità durature? Il povero Geppetto, dai più modesti mezzi, si vende la casacca per dotare Pinocchio di un Abecedario – il monarca assoluto di Vlanandia, decisamente più agiato del candido falegname, in un raptus di saggezza maomettana, farà costruire un proiettile-navicella per far arrivare il principino sulla sua tanto agognata Luna.
Tutti i burattini della féerie ‘inlegnano’ (se mi è concesso il neologismo) in maniera parodistica dei caratteri ben riconoscibili. Il re dispotico convoca una consulta di professori di balistica e artiglieri per interrogarli sul da farsi, ma in realtà la sua decisione l’aveva già presa: principe Capriccio sarebbe allunato a tutti i costi. La regina non sembra avere voce in capitolo: si limita a versare fiumi di lacrime e a far svolazzare il fazzoletto dell’addio al momento del lancio. Ci sono poi un machiavellico ministro Microscopio e un saggio bufone di corte. Per volere del re, il quale furbescamente si sottrae all’ultimo momento al glorioso viaggio, essi finiscono a fare compagnia a Capriccio nel proiettile. Il secondo atto è incentrato sull’incontro con il mondo lunare, speculare a quello terrestre. Rispetto alla successiva lettura cinematografica di Méliès, nella quale gli scienziati terrestri combattono i seleniti per poi fare ritorno sulla Terra, qui l’incontro è del tutto pacifico, il principe convola a nozze con la serafica principessa lunare, figlia di re Kosmos e… vissero tutti contenti e felici.
Lo spettacolo è davvero imponente a livello scenografico. Gli splendidi costumi delle marionette sono di altissimo pregio e l’apparizione del grande obice non può che scatenare gli applausi di grandi e piccoli. Il senso del meraviglioso che viene trasmesso è frutto della sapienza di generazioni di maestri burattinai e di una tradizione teatrale diventata parte di quel patrimonio artistico e culturale immateriale che va tutelato, rispettato e soprattutto amato.
«Con questa edizione – spiega la Compagnia -, ripresa da Eugenio Monti Colla nel 1993 e presentata al Festival dei Due Mondi di Spoleto, si è voluto accentuare non soltanto il gusto teatrale legato al fenomeno della féerie musicale, anticipatrice di quello che sarebbe stato il genere operettistico prima, e della commedia musicale poi, ma soprattutto, il carattere parodistico caro allo spettacolo di marionette, che diede vita a un ricchissimo filone teatrale in cui venivano trattati argomenti politici e sociali e, più generalmente, tutta l’attualità dalla fine del XIX secolo agli anni della censura fascista».
Definito ‘un musical di un secolo fa’ lo spettacolo vede in scena centinaia di marionette che si avvicendano nei numerosissimi cambi di scena.
La Compagnia è stata insignita dei più importanti riconoscimenti: Premio Pegaso al Festival dei Due Mondi di Spoleto nel 1990, l’Ambrogino d’Oro (medaglia d’oro) dal Comune di Milano nel 1996, il Sigillo Longobardo dalla Regione Lombardia nel 2005, il Premio speciale della critica musicale “Franco Abbiati” nel 2009.
Dal 2000 è in atto una convenzione con il Piccolo Teatro di Milano, che prevede la realizzazione della stagione milanese della Compagnia Carlo Colla e Figli presso il Teatro Studio e il Teatro Grassi, storica sede del Piccolo.