Rappresentazione della fragilità maschile secondo François Ozon: ‘Grazie a Dio’
@ Simona Almerini (24-10-2019)
Il film racconta una storia vera, quella di Padre Pynant, colpevole di abusi sessuali verso decine, forse centinaia di bambini francesi negli anni ’80 e inizi ’90.
La prima parte vede protagonista Alexandre, un rispettabile professionista di Lione, cattolico praticante, con moglie e cinque figli. L’uomo decide di far emergere la verità riguardo alle molestie subite durante l’infanzia da Padre Pynant, nel periodo in cui faceva parte degli scout. Si rivolge al cardinale Barbarin che ha nei suoi confronti un atteggiamento contraddittorio, da un lato sembra sostenerlo dall’altro si comporta come se volesse far scemare la questione.
Il secondo segmento racconta la storia di François, anche lui realizzato professionalmente, sposato e padre di tre bambine. L’uomo rispetto ad Alexandre si considera ateo e anticlericale e non ha timore di cominciare una guerra mediatica contro la Chiesa. È grazie alla sua forza e determinazione che nascerà l’associazione “La Parola Liberata” e che verranno alla luce numerose testimonianze di violenza. Nella terza storia il protagonista è Emmanuel, che rispetto agli altri due personaggi (di estrazione borghese) proviene da un ambiente socio-culturale più difficile e vive una situazione esistenziale più precaria e insoddisfacente. Emmanuel ha una relazione tossica con la compagna e si rende conto che ciò che ha subito nell’infanzia ha compromesso irrimediabilmente il rapporto con il padre.
Grazie a Dio si configura come un’opera atipica nella carriera di Ozon. Se infatti i suoi film solitamente sono caratterizzati da una cristallinità morbosa, dove l’apparente stasi nasconde turbolenze emotivo-sessuali, in questo caso prevale uno stile realistico, quasi da docufiction, che racconta con obiettività fatti realmente accaduti. La prima parte del film risulta un po’ lenta e a volte noiosa per il parossistico scambio epistolare tra Alexander, Barbarin e la psicologa; successivamente il racconto acquista una forma più armonica e accattivante, anche perché ad una mera ricostruzione dei fatti subentra un’interazione più articolata tra i personaggi. E un aspetto da non sottovalutare è sicuramente il cast, che conta diversi attori francesi famosi, ma soprattutto i tre protagonisti, che per l’occasione si sono trasformati in “uomini comuni”, come se ne vedono a migliaia nella città francesi. Spicca in particolar modo Denis Ménochet (Emmanuel), già visto in Bastardi senza gloria, che nel film incarna con naturalezza un uomo dalle molte sfaccettature e contraddizioni che proprio per questo acquista uno spessore più da persona che da personaggio.
Se l’affinità di tema può far pensare che Grazie a Dio sia la versione europea di Spotlight, si cade in errore perché Ozon non vuole solo denunciare uno scandalo ma soffermarsi sui risvolti emotivi della vicenda. Si ha l’impressione infatti che ciò che interessi al regista sia mostrare la fragilità maschile. Non è cosa comune vedere rappresentati al cinema uomini che soffrono, e non per amore o per la perdita di una persona cara, ma perché danneggiati dentro, nella loro parte più delicata. È quasi straordinario guardare questi uomini, apparentemente sicuri e realizzati, piangere improvvisamente per aver ascoltato la testimonianza di chi come loro ha subito molestie. Ciò che li aiuta a superare l’angoscia è proprio la condivisione, una sorta di autocoscienza di matrice femminista dove poter finalmente raccontare in libertà ciò che si è subìto senza utilizzare filtri per paura di ferire qualcuno.
GRAZIE A DIO
Paese: Francia
Anno: 2018
Durata: 137 min
Cast
Melvil Poupaud, Denis Ménochet, Swann Arlaud, Eric Caravaca, François Marthouret, Bernard Verley, Josiane Balasko, Hélène Vincent, François Chattot, Frédéric Pierrot, Aurélia Petit
Regia
François Ozon
Sceneggiatura
François Ozon
Fotografia
Manuel Dacosse
Montaggio
Laure Gardette
Musiche
Evgeni Galperine, Sacha Galperine
Produzione
Mandrin Cinéma
Distribuzione
Academy Two