Fenomenologia di una dittatura. ‘La Nebbia (follia del gregge)’ al Teatro del Canovaccio di Catania
@ Loredana Pitino (10-11-2019)
Catania – “La follia del singolo che diventa spesso la follia del gregge e che porta a commettere azioni grottesche, talvolta infelici, è il fulcro di questo studio che trae ispirazione dalla collezione di missive inviate a Benito Mussolini dagli italiani”, dalle note di regia apprendiamo quale sia stata la fonte di ispirazione della Ferrante per la composizione di questa pièce dove parola e corpo si integrano e si compensano a vicenda.
L’autrice definisce questo testo un esperimento di “quasi teatro” perché è una costante ed attuale rappresentazione del quotidiano che “si rinnova ogni giorno accordandosi alle miriadi di input che la società ci lancia”
Lo spettacolo comincia a sipario aperto su un tenero personaggio maschile, un giovane che osserva curioso il pubblico che entra nella piccola sala del Teatro Canovaccio; il ragazzo, smarrito e indifeso, abbraccia un piccolo peluche, una pecorella e guarda il pubblico salutando uno per uno gli spettatori. Cosi il pubblico si sente subito parte integrante della messa in scena, che abbatte la quarta parete, e continuerà ad esserlo in altri momenti nei quali viene chiamato a far parte di un esperimento sociale che spiega come nascono le dittature.
Il pubblico diventerà parte di quella massa che è indicata come la responsabile principale della nascita e dello sviluppo delle dittature, oggi come ieri. La follia del singolo esiste solo grazie alla follia della massa che si fa gregge. Infatti, la parola si trasforma spesso in un belato rauco e profondo, così come l’individuo si omologa e diventa un’entità indistinta priva di pensiero autonomo.
Due personaggi si muovono sulla scena rivestendo vari ruoli, a volte antitetici fra loro: il dittatore, l’uomo della strada, il frate, il ribelle, la vittima.
Nell’immaginario e, purtroppo, nel ricordo di tutti la dittatura si identifica con il nazismo e con Hitler, e la Ferrante nella prima parte della pièce focalizza l’attenzione proprio sul nazionalsocialismo tedesco, ma lo fa attraverso una serie di riferimenti simbolici. Il linguaggio si trasforma in grammelot per far risaltare la violenza verbale del tedesco usato dal dittatore e il corpo si muove con movimenti emblematici – la marcia, il saluto romano, la postura – usando oggetti simbolici come il bastone che, ipotetico strumento musicale, diventa, invece, arma da fuoco.
Il linguaggio del corpo rappresenta il processo di omologazione che prelude all’asservimento totale a un regime totalitario esteriormente forte e rassicurante.
Nel presente – nostro presente, ahimè – alcune nuove modalità si sovrappongono alle vecchie ma il processo è sempre lo stesso; anche adesso che le masse si raggiungono facilmente con un “click”, un nuovo dittatore, chiamato “Coso”, viene riconosciuto come uno di noi, uno che “fa le cose che facciamo noi, mangia le cose che mangiamo noi” e promette di difendere gli indifesi.
Una figura religiosa, un frate, si fa portavoce dell’ideologia di questo dittatore del XXI secolo, con l’obiettivo comune di costruire “le mura della cristianità” e chiede, anche al pubblico in sala, di recitare la preghiera della Priorità: “Pastore della Patria che togli quei tali di torno abbi priorità di noi”. Prima gli italiani, prima gli americani, prima …. quante volte lo abbiamo sentito, recentemente?
La Nebbia a cui allude il titolo è quella che ci acceca, che ostruisce le facoltà intellettive di chiunque si lasci offuscare il cervello da una cortina fatta di false verità, di dati ribaltati, di fake news, di paure costruite ad hoc, la nebbia che ci rende stupida massa belante. Il dittatore in scena condanna l’intelligenza come “una pratica umana estremamente pericolosa”.
In una forma di teatro che fa uso di tutti i linguaggi (dal grammelot al dialetto siciliano), la cifra di tutto lo spettacolo è il grottesco, il paradosso (a volte un po’ eccessivo) tra cenni di comicità e momenti di drammaticità convincenti (un momento di autentica bravura di Valentina Ferrante), come la breve narrazione della tragedia, toccante, di una madre che perde il figlio in mare su un barcone nel Mediterraneo.
La storia si ripete, non abbiamo imparato nulla dal passato, per questo il pregio di questo spettacolo è quello di avvicinare con cinica consapevolezza l’origine delle dittature di ieri alle, possibili, di oggi e quello di provare ad aprire gli occhi, ad allontanare dalla nostra vista la nebbia che ci obnubila il cervello e ci trasforma in collettività amorfa.
Le “quasi musiche” composte dal vivo da Alessandro Aiello, attraverso i corto-circuiti dei suoi strumenti, sottolineano quanto labile sia l’umana ragione e quanto i fatti possano ripetersi ciclicamente.
Uno spettacolo politico, decisamente utile, drammaticamente utile.
LA NEBBIA (follia del gregge), uno spettacolo di Quasi teatro
scritto, diretto ed interpretato da Valentina Ferrante e Federico Fiorenza
circuit bending Alessandro Aiello
luci e fonica Pietro Casano
Al Teatro del Canovaccio, via Gulli 12, Catania