La straniera abbandonata. Una Medea psychological format
@Anna Di Mauro (15-10-2019)
CATANIA – Per questa “Medea” essenziale e innovativa del drammaturgo Jean Anouilh, scritta nel 1946 e rappresentata per la prima volta nel 1953, qui diretta da Sebastiano Mancuso, allievo di Lamberto Pugelli, sul palco stanzia una scenografia essenziale, una ziqqurat dove il movimento è un andirivieni scaligero, metafora dei saliscendi della vita. Ai piedi della piramide tronca due donne in abiti semplici fuori dal tempo. Sono Medea e la sua nutrice (nella versione di Anouilh la sua infermiera). Dal loro linguaggio asciutto si dipana l’identità e la provenienza delle due straniere. La Grecia le ha accolte, la Grecia le caccia. Giasone, il cercatore del vello d’oro, non vuole più la barbara Medea, portata dalla Colchide come complice, compagna e poi madre dei suoi figli. Ambisce alla giovane figlia di Creonte, governatore della città. Lo stesso Creonte intimerà a Medea di allontanarsi per sempre dalla sua terra, concedendole per imprudente pietà un’ultima notte accanto ai figli. La vendetta di Medea si abbatterà sulla famiglia reale e sulla sua stessa prole. La donna abbandonata e scacciata colpirà i suoi aggressori, orbandoli dei figli. Perirà la figlia di Creonte e i figli di Giasone, uccisi dalla stessa madre. Orrore estremo sul quale questa edizione non punta, privilegiando un taglio intimistico e sociale, di impatto meno eclatante, senza pesare sul destino complessivo della pièce.
Metafora del nostro tempo, avaro con gli stranieri per ancestrali paure xenofobe, la tragedia scava nella psiche dei personaggi restituendoci la loro fragile umanità, il lacerante conflitto, le lacrime e il sudore di chi non ha più patria e affetti. Luana Toscano nei panni di Medea conferisce al personaggio una reale condizione umana, spogliandola dai magismi e dalle stregonerie, con una recitazione asciutta e moderna che rende dinamico e coeso il tappeto sonoro della sua disperazione condiviso con l’intensa nutrice, a fronte dell’ambiguità sconcertante del Giasone di Liborio Natali, della pacata inflessibilità di Creonte.
Opera complessa, diretta con attenzione ai dettagli dialogici, alle emozioni esplicitate, all’azione più narrata che agita. La scelta di un testo moderno nulla toglie all’impatto del mito pur scarnito e reso nelle sue pieghe nascoste, sacrificando l’aspetto affabulatorio e il fascino di un personaggio sconvolgente a una lettura più moderna che scopre senza misteri la carne e lo spirito. Medea incarna lo strazio della donna non più amata, ma contemporaneamente la straniera, emarginata, senza identità e appartenenza. Attuale, chiaro, urgente e meritorio il riferimento ai nostri giorni, passando dal centro di un dramma esistenziale umanissimo e senza soluzione: l’abbandono.
MEDEA
Di Jean Anouilh
Regia Sebastiano Mancuso
Con Luana Toscano, Liborio Natali, Antonella Scornavacca, Franco Colaiemma, Sarah Zuccarello e Martina Cassanti
Produzione Compagnia Absinthe Teatro e Menippos
Al Teatro Musco di Catania