Gabriele Lavia dice Leopardi, un omaggio a un grande poeta alla XL edizione di Benevento Città Spettacolo
di Marco D’Alessio 28 agosto 2019
BENEVENTO – Non si tratta del tradizionale reading d’omaggio a un celeberrimo autore della letteratura italiana, ma un vero e proprio dialogo su Leopardi, e a interagire ci sono Gabriele Lavia e la platea. Fin dall’inizio, come un direttore d’orchestra che dà inizio a un concerto, l’attore citando alcuni versi chiede al pubblico di recitare insieme le poesie cardine della vasta ed eclettica produzione del poeta di Recanati. Lavia dice, di filato, alcuni dei Canti maggiori, A Silvia, La Sera del dì di festa, Il Sabato del villaggio, Le Rimembranze, Il Passero solitario. Ogni tanto si ferma. Racconta gli aneddoti e le interpretazioni linguistiche dei versi, mette in luce le sonorità create con le giuste posizioni delle parole, la modernità del linguaggio che lo ha reso la principale fonte d’ispirazione per i narratori novecenteschi nonché uno dei poeti più amati nella letteratura italiana. Tra gli episodi spicca la spiegazione di una guida turistica, a Recanati, relativa alla siepe, quella che dell’ultimo orizzonte il guardo esclude che non c’è più, perché attualmente è stato costruito un muro. L’elemento che ha reso celebre il componimento è diventato oggetto di una di quelle ironie della sorte molto amare, perché il Conte Montaldo Leopardi, padre dell’autore, aveva avuto forti contrasti con le monache di clausura che avevano comprato una sua proprietà per farci un convento, in quanto intendevano costruire un muro che le separasse dal mondo. Poi, secondo l’interpretazione di Lavia, il Conte, grazie a un suggerimento del figlio, le avrebbe spinte a preferire una siepe sufficiente a proteggerle, e lì il solo a poter entrare nella radura dell’eremo che così fu creato – quando le sorelle rientravano nelle loro celle – era proprio il giovane favoloso. Il dialogo di Gabriele Lavia col pubblico rende manifesto ciò che si cela dietro ogni parola dei componimenti leopardiani, lasciando emergere un Leopardi titanico, visionario, ben diverso dai cliché che ancora oggi ammollano i suoi versi; stereotipi e malintesi rimarcati purtroppo da figure di rilievo come Patrizia Valduga. Il tutto come in una liturgia catartico-celebrativa su Leopardi e, più in generale, sulla bellezza della poesia si chiude con una recitazione corale dell’Infinito. Una performance coinvolgente dove il pubblico non è semplice spettatore, ma, attraverso la forza motrice propositiva e innamorata della bellezza poetica per il giovane favoloso, lo rende agens dialogando con lui sulla fenomenologia della poesia leopardiana.
LAVIA DICE LEOPARDI
di e con Gabriele Lavia