Il viaggio al contrario. Omaggio ad Alessandro Leongrande
di Lorena Gullone* 07-06-2019
Il 4 giugno scorso la Fondazione Premio Sila ha chiesto a una rappresentanza di allievi del Liceo Classico “Telesio” – che avevano da poco partecipato a una lettura pubblica del libro “La Frontiera” presso la Feltrinelli di Cosenza – di intervenire su Alessandro Leogrande. L’iniziativa, nata per ricordare lo scrittore tarantino, si è svolta a Palazzo Arnone e per l’occasione è stato assegnato un riconoscimento speciale alla madre, Maria Giannico, subito dopo gli interventi del critico d’arte Tomaso Montanari e degli scrittori Emanuele Trevi e Nadia Terranova.
A distanza di due anni dalla scomparsa dello scrittore e giornalista italiano Alessandro Leogrande, ci è capitato di leggere pagine dei suoi scritti, cronache e testimonianze vive di viaggi verso orizzonti ignoti. Le sue parole arrivano come una sferzata nelle coscienze, aprendo gli occhi su dinamiche che sembrano tanto lontane da essere quasi estranee alle nostre vite, come tutte le notizie che quotidianamente ci scivolano addosso. Eppure la “frontiera“ è proprio sotto i nostri occhi, è sulle nostre spiagge e coste. Nell’impassibilità generale, nel silenzio che segue a ogni tragedia, i resoconti di Leogrande, invece, riecheggiano contro il muro dell’apatia e della “globalizzazione dell’indifferenza”. Il nostro vuole essere un ringraziamento a un grande scrittore, ma ancor di più a un grande uomo, che ha avuto la forza e il coraggio di andare oltre la categoria di “vittime di una disgrazia”, volendo ripescare dagli abissi del Mediterraneo le vite di uomini, donne e bambini, la cui unica colpa era la speranza di un’esistenza migliore.
Grazie, Alessandro, per aver dato a numeri e cifre un nome, un volto, una storia. Grazie per esserti fatto portavoce e testimone “dell’unicità di ogni ferita”. Grazie per averci dato la possibilità di viaggiare al contrario, di ripercorrere la strada battuta da coloro che in quel tragitto sono rinati o si sono persi, dando una risposta al perché si decide di rischiare tutto e partire o, meglio, da cosa si cerca di fuggire. Grazie per aver ricomposto quel grande puzzle i cui pezzi galleggiavano nelle acque alla deriva. Grazie per avere squarciato quel velo di ignoranza che ci offusca gli occhi e non ci permette di capire che, affacciandoci sul Mediterraneo, possiamo sentire gli echi di guerre strazianti di cui siriani, eritrei, egiziani, libici sono costretti a portare il peso opprimente, che li spinge a mettere in gioco ogni risorsa pur di sottrarsi a un futuro orrendo. Grazie per aver portato alla luce situazioni tragiche e insostenibili di cui siamo ignari, un po’ per disinformazione, un po’ per poca attenzione, risucchiati come siamo dalla quotidianità, segregati nella nostra bolla di sapone. Grazie per aver condiviso e averci mostrato, attraverso le pagine dei tuoi libri, i ricordi e le descrizioni sofferte di coloro che hanno dovuto affrontare l’indeterminatezza della morte, restando impigliati nella rete e nel vortice di un mare da tempo palcoscenico di stragi. Grazie per non esserti fermato alla superficie, ma per averci portato con te nella profondità di ogni dramma, che spesso ne cela altri, in un gioco di ombre e rimandi a cui è difficile sottrarsi. Grazie, perché di questo “mare nostrum” ora non conosciamo solo una pagina di storia, ma anche un pezzo d’anima.
*Studentessa – classe IV A Europeo del Liceo Classico “ Telesio” di Cosenza