Immaginaria 2019. International Film Festival of Lesbians & Other Rebellious

Immaginaria 2019. International Film Festival of Lesbians & Other Rebellious

Elizabeth Bishop

ROMA – Il festival Immaginaria, nato nel 1993 a Bologna, ritorna come la scorsa edizione a Roma, ospite del cinema Aquila. Il suo nome è già un manifesto programmatico in quanto si riferisce ad un cinema dove sono protagoniste lesbiche e altre donne ribelli, cioè soggettività femminili che si oppongono a quel potere patriarcale invisibile che tende a normalizzare i margini, per annullarne la carica eversiva.

Immaginaria in questa edizione si è interrogata sul posizionamento del cinema lesbico e femminista (soprattutto italiano) in relazione a quello mainstream. È emersa una domanda: “C’è ancora bisogno di una voce dissonante, altra in una società come quella contemporanea che prevede le unioni civili e si apre sempre di più a una cultura queer?” La risposta è affermativa. Ce ne sarà bisogno, finché verranno presentati disegni di legge come quello Pillon, che mira in modo chiaro a controllare la libertà e l’autodeterminazione delle donne, non solo lesbiche, transgender e queer ma soprattutto eterosessuali. Questa è stata una delle tematiche emerse durante l’interessante tavola rotonda dal titolo “Cinema lesbico, femminista, queer”, con relatrici Ilaria De Pascalis, Veronica Pravadelli e Francesca Manieri. Ci si è interrogate infatti sulla specificità del cinema lesbico che oggi per esempio ha una qualità estetica superiore ma una radicalità minore rispetto a quello d’avanguardia degli anni ’70, o a quello più indie degli anni ’90. Inoltre il cinema lesbico rischia di essere inglobato in quel cinema queer che oggi risulta più commerciabile, perché punta di più alla sessualità rispetto alle problematiche legate al gender.

Rafiki

Le opere vincitrici delle tre sezioni sono: Chudala di Maaria Sayed nella categoria cortometraggi, Mumble Mumble di Patrizia Lazzari per il concorso Donne in Corto e Rafiki di Wanuri Kahiuper la sezione lungometraggi fiction. Il film esteticamente ricercato, racconta con molto coraggio una storia d’amore tra due ragazze in Kenia, dove ancora l’omosessualità rappresenta un reato penale.

Da segnalare all’interno del festival l’omaggio a Barbara Hammer, una pioniera del cinema sperimentale lesbico e femminista, morta recentemente a marzo. È stato proiettato il suo Welcome to this House (2015) dedicato alla figura di Elizabeth Bishop, una poeta purtroppo ancora poco conosciuta in Italia.

Madrina della manifestazione è stata Diana Tejera (l’anno scorso era stata Grazia Di Michele) che sabato sera ha regalato una breve ma intensa performance in cui ha eseguito quattro suoi brani.