Quando irriverenza fa rima con intelligenza. ‘Animali da bar’, una produzione Carrozzeria Orfeo, al Teatro Modena di Genova

Quando irriverenza fa rima con intelligenza. ‘Animali da bar’, una produzione Carrozzeria Orfeo, al Teatro Modena di Genova

GENOVA – Assistere e poi opinare su una commedia “targata” Carrozzeria Orfeo non è mai facile esercizio, mera routine recensiva. Tanti e tali tematiche e problematiche al ‘focus’ dei suoi allestimenti, in genere basati sull’esasperazione drammaturgica di accadimenti compiuti e poi falliti al centro di storie ove “trionfa” l’apparenza del nonsense, di uno sguardo sull’umanità sfinita, stremata, demoralizzante … proprio perché deficitaria di senso umanitario.

Esistono alleanze – in tal genere di narrazioni sceniche – ma difficilmente vera amicizia: ovvero nulla vi abita “di sacro e intoccabile”, se il “minimo dettaglio” potrebbe ledere i privati interessi di qualcuno, sicchè “ogni cosa” è vista ed intesa solo nell’ottica di presunti furbi condannati a soccombere davanti ai più disparati casi della vita.

Anche in Animali da bar sono queste le basi su cui si dipana la (sovrabbondante) matassa scenica ed antropologica. Sicchè, in poco più di 90 minuti si assiste all’ineludibile “peggio” dei sei personaggi (uno, il padrone del bar, non lo si vede mai ma si sente la sua voce che riviene dal piano superiore) in cerca di una vita degna di essere vissuta. Cautamente, si viene avvertiti che i dialoghi sono infarciti di termini scatologici quindi “espliciti”, ai quali l’assuefazione (quasi repentina) consente di non far caso, accettando come slang quello in uso fra i promiscui “abitanti della notte” privi dei freni inibitori, viceversa presenti durante il giorno.

Nota aggiuntiva: la poliedrica, sorgiva “bravura vocale ed istrionica” di Alessandro Haber, quale voce fuori campo, permette di non rendersi conto della sua assenza dai praticabili di scena, sui quale infatti è come se ci fosse, non senza ingombro e virtuosismi ruspanti: egli è vecchio, razzista, pieno di problemi di salute, ed una “mai doma” fame di sesso. Forse egli non è cattivo, ma la vita lo ha reso profondamente cinico. Coloro che “gli stanno avanti” sono tipi altrettanto singolari: sempre acchittato e benvestito, c’è un imprenditore ipocondriaco che gestisce un’azienda di pompe funebri per animali di piccola taglia, ma è frustrato perché assillato da un “concorrente” che riesce ad accaparrarsi i clienti migliori; e poi, un difensore del Tibet che blandamente lotta per la libertà del paese ed a casa subisce violenze continue da parte della moglie che vuole un figlio ma “non i problemi della gestazione”.

A seguire, la barista, donna ucraina dal passato difficile, che sta affittando il proprio utero a chi vuole una maternità senza problemi, un uomo zoppo, soprannominato Sciacallo, che deruba le case dei morti il giorno del loro funerale (avendo complice la suddetta straniera), infine, uno scrittore alcolizzato costretto dal proprio editore a scrivere un romanzo sulla Grande Guerra che elemosina un liquore a chiunque.

La notte, se non porta consiglio, crea, in compenso, degne confidenze all’interno del chiuso habitat ove è normale che ciascuno consumi la propria vita tra una birra ed un liquore, nella (vana e vaga) speranza di trovare qualcosa che sia degno di essere vissuto.

Con ironia Gabriele Di Luca, autore della drammatizzazione nonché co-regista e interprete del personaggio del “becchino per mascotte casalinghe”, intitola Animali al Bar facendo pensare in tal guisa ad un luogo (che è anche “topos”) abitato da entità non necessariamente simili a uomini dotati di “propria” dignità.

Ne scaturisce la radiografia di un microcosmo che coinvolge persone e personaggi ‘senza qualità’ e limiti di nazionalità e razza, i quali si illudono, condividendo una bevuta, di stare vivendo momenti di solidale comunità. Taumaturgica poiché capace di tradursi in neo-identità soggettiva e di clan, con qualche non peregrina assonanza con le prime narrazioni (anch’esse, a suo tempo, teatralizzate) di Stefano Benni.

Lode non incondizionata, al fine, alla cosiddetta ‘amicizia da bar’ – che unisce persone bisognevoli di parlare e confessarsi – pertanto disposte a fare finta di ascoltare, di interessarsi, di dare consigli. Mentre tutto si spegne quando la saracinesca del locale verrà tirata giù.

Quanto a Carrozzeria Orfeo non si può che ribadire il suo sostanziarsi (unanimemente riconosciuto) realtà “culturale e variegata”, tutta in divenire e particolarmente interessante perché, pur mantenendo la sua libertà di espressione (convenzionalmente trasandata, svagata “sorgiva”), è poi in grado di collaborare, proficuamente, con le più tradizionali istituzioni dello spettacolo, e ad ampio raggio. I suoi percorsi scenici si confermano crudi ma ricchi di poesia, allegri ma profondamente drammatici, innovativi ma basati su una ben esercitata tradizione teatrale.

I suoi personaggi borderline sono quasi l’archetipo (‘nuovo millennio’) dell’insicuro, del nevrotico, del potenzialmente perdente – raccontati con benevolenza, senza mai esporre nessuno al pubblico giudizio o pregiudizio. Tipi umani che esistono e, in ragione di ciò, meritevoli di essere “testimoniati”, duplicati in scena, rendendosi (minimi e minimali) protagonisti di momenti di vita vissuta – degna pur’essa di essere divulgata (nella sua ‘primaria’ vulgata).

Analizzando nel complesso questo tipo di drammaturgia naif, ci si rende conto che esiste e persiste, in Carrozzeria Orfeo, un sentimento di pietas sincero, sensibilizzato dalla “capacità” di non osare ridicolizzare o far macchietta di nessuno: satira sì, ma senza perfidia.

La regia corale rende molto fluida la narrazione senza momenti di rallentamento. Vivida, e funzionale, la scenografia che aiuta a raccontare la vita dei bivaccanti. Gli interpreti fanno dell’affiatamento la loro arma migliore.

E, fra tutti, come sempre, eccelle la bravissima e ricorrente Beatrice Schiros.

 

ANIMALI DA BAR

di Gabriele Di Luca

Interpreti Beatrice Schiros, Gabriele Di Luca, Massimiliano Setti, Pier Luigi Pasino, Paolo Li Volsi, voce fuori campo Alessandro Haber

Musiche Massimiliano Setti

Luci Giovanni Berti

Scene Maria Spazzi

Costumi Erika Carretta

Regia Alessandro Tedeschi, Gabriele Di Luca, Massimiliano Setti

Produzione Carrozzeria Orfeo, Marche Teatro, Produzione 2015 Fondazione Teatro della Toscana in collaborazione con Festival Internazionale di Andria/Castel dei Mondi