1825. Il geniale esordio di Bellini sulla scena del melodramma

1825. Il geniale esordio di Bellini sulla scena del melodramma

 

Con “Adelson e Salvini” si apre lo scenario di una delle più prestigiose sequenze di preziose composizioni che il melodramma italiano abbia vantato. Opera prima del celebre autore di Casta diva, melodia amata e conosciuta in tutto il mondo, questo gioiello del ventiquattrenne Vincenzo Bellini, appena diplomato al Real Collegio di musica di S. Sebastiano di Napoli, è la dimostrazione del suo originale talento, della sua linea melodica inconfondibile. In chiave semiseria, unico caso nella produzione del Nostro, apporta alla lezione musicale di Rossini, oltrepassandone la chiave comica, innesti melodici e romantici che contraddistingueranno la sua splendida produzione. Personalità prorompente fin dagli esordi dunque.

Rappresentata la prima volta e nella prima versione curata da Enrico Failla nel 1985 a Catania, successivamente ripresa nella seconda versione, curata dal musicologo Domenico De Meo, sempre a Catania nel 1992 al Teatro Massimo, l’opera, oggi ripresa e riproposta dal Teatro Massimo Bellini, viene rappresentata nella versione critica curata da Casa Ricordi del 2001 (tre atti, con alcune parti dialettali, un diverso epilogo).

La storia dell’amicizia del pittore Salvini, colto in un malessere che anticipa Il Werther di Goethe, con lord Adelson che lo ospita nel suo castello irlandese si animerà degli intrecci amorosi dei due amici che ambiscono entrambi all’amore della virtuosa Nelly, tra romantici amori, tradimenti veri o presunti, buffonesche sortite del servo Bonifacio, tranelli orditi dal losco tutore della virtuosa fanciulla, in un vivace crescendo di colpi di scena, fino al sospirato lieto fine, dove l’amore e l’amicizia trionferanno sul Male.

Accompagnati da gigantesche scenografie di tele, pennelli, costumi dai toni delicati, virtuosismi vocali, melodie delicate e anticipatrici delle opere successive, godiamo del sorprendente esordio del più romantico dei compositori d’opera, ne apprezziamo la linea melodica, pur negli schemi classici, rivelatrice di originalità e intensità interpretativa.

Esilaranti gli innesti dialettali del servo che ha infarcito la romantica vicenda di motti e mottetti in puro napoletano ottocentesco, con brio e misura, facendo apprezzare vieppiù lo scarto tra la tragedia sfiorata e la commedia, parafrasi della vita e della drammaturgia contemporanea, adusa a simili contaminazioni.

Guidata dalla magistrale bacchetta del direttore Fabrizio Maria Carminati, l’orchestra del Teatro Massimo Bellini ha dato risalto alle note belliniane, vivace nei crescendo, morbida e suadente nei piani lirici e poetici della vicenda.

Le belle voci dei cantanti, accompagnate da un sobrio coro maschile, hanno interpretato con enfasi e competenza i brani, intenti a una tessitura dove gli a solo, i duetti, il vibrato e il recitato disegnavano un fine ricamo di note che il pubblico ha mostrato di apprezzare con ripetuti applausi in scena e a chiusura della pregevole esecuzione.

Una grande occasione per apprezzare l’incipit del Cigno catanese, con un genere inconsueto, ma altresì per la maturità artistica palesata, che gli avvarrà la meritata ascesa all’immortalità.

 

ADELSON E SALVINI

Testo di Andrea Leone Tottola

Musica di Vincenzo Bellini

Direttore Fabrizio Maria Carminati

Regia Roberto Recchia

Maestro del coro Luigi Petrozziello

Con

Josè Maria Lo Monaco/Gabriella Sborgi

Kamelia Kader, Lorena Scarlata, Carmelo Corrado Caruso,

Francesco Castoro/Christian Collia

Clemente Antonio Daliotti, Giuseppe De Luca, Oliver Purchauer

Coro del Teatro Massimo Bellini di Catania

Produzione Teatro Massimo Bellini Catania in coproduzione con Fondazione Pergolesi Spontini di Jesi

Al Teatro Massimo Bellini di Catania fino al 2 Ottobre