VENEZIA 75. Le dame spietate e infelici di Lanthimos e l’Amarcord sdolcinato di Cuaròn
Quella del 30 agosto è stata una giornata ricca in cui sono arrivati nelle sale della Mostra due superfavoriti: The Favourite di Yorgos Lanthimos e Roma di Alfonso Cuarόn.
Intrighi di potere nella corte inglese ai tempi di Anna Stuart. The Favourite è un film storico che riesce laddove Marie Antoinette di Sofia Coppola ha fallito: coniugare un’accurata messa in scena ad un racconto moderno. Il film parla di dinamiche di potere ma soprattutto di dinamiche per il potere, tutto infatti è subordinato a questo, compreso il desiderio. Il cinema di Lanthimos, che si muove sempre pericolosamente tra realismo e parodia (a volte pendendo per questa), in The Favourite raggiunge invece un equilibrio perfetto che rende accettabili perfino le piccole incongruenze. L’assunto del film può essere interpretato attraverso due chiavi differenti: una pessimista che decreta il fallimento di un’ipotetica presa di potere declinata al femminile (in quanto plasmata su quello maschile) e una positiva che ne celebra l’empowerment, nonostante il finale che vede tutte e tre le protagoniste chiuse nella loro infelicità. Pur meschine, manipolatrici e perennemente insoddisfatte sono loro infatti a prendere decisioni, fare piani e agire mentre gli uomini si limitano ad essere meri esecutori o strumenti per raggiungere i loro scopi.
Se The Favourite ha tutte le carte in regola per poter ambire al premio più prestigioso della Mostra, non si può dire lo stesso di Roma, prodotto da Netflix. Il film infatti, dalla ricercata fotografia in bianco e nero, racconta la storia di Cleo, la giovane domestica di una famiglia borghese messicana nei primi anni Settanta.
Nelle intenzioni di Cuarόn, il film doveva essere un tributo alla sua infanzia e soprattutto alle donne che ne hanno fatto parte, una specie di Amarcord, come suggerisce lo stesso titolo (citazione felliniana e nome di un quartiere borghese di Città del Messico). Ma il film non riesce né a commuovere né a suscitare nostalgia. Nonostante infatti si vogliano sempre rimarcare la buona fede e la generosità della famiglia (ispirata a quella reale di Cuarόn) risulta troppo ingombrante il classismo che sottende i rapporti tra quest’ultima e Cleo, tanto da rendere impossibile qualunque identificazione con la (presunta) protagonista. Non ci si affeziona mai a Cleo, nemmeno nei momenti più tragici, colpa dell’eccessivo sentimentalismo di Cuarόn che ha offuscato la sua lucidità da regista.