75. Mostra del Cinema di Venezia / Il Leone d’oro alla carriera a Vanessa Redgrave, memorabile interprete di ‘Howards End’
Sessant’anni di arte senza cedimenti, immergendosi sempre più a fondo nella psicologia umana. Ciascuno dei suoi personaggi mantiene una dignità che goethianamente ci conduce verso l’alto, pur nelle perdite irreparabili, nelle lotte tenaci, nella coscienza della memoria come ultima Thule della sopravvivenza (propria e di un mondo dissolto), nella follia, nel sottile desiderio di scomparire.
Però nessuno le è riuscito composto e straziante come la Ruth Wilcox di Howards End. Le dolcissime esitazioni, gli slanci intensi e trattenuti, l’educata sottolineatura dei dubbi nutriti riguardo alla propria inadeguatezza e goffaggine, la consapevolezza di essere un aggraziato, irrilevante orpello in un mondo di uomini che soltanto agli uomini appartiene, scavano gallerie nel cuore di chiunque veda il capolavoro di James Ivory.
Gli occhi, in cui la luce cambia di ora in ora, come in un salotto arredato con eleganza, mentre il pulviscolo solare si disfa in cerchi liquidi sui tappeti, esprimono nello stesso momento ardore e distanza irreparabile. Un iniziale movimento verso la vita, verso un’identità negata si ritrae subito nell’impotenza malinconica.
E’ già morta prima ancora di ammalarsi e morire, eppure un giorno qualcosa si riaccende dentro di lei, la felicità di sentirsi vista e amata, e soprattutto ascoltata come un vero essere umano, attraverso l’amicizia sorridente e spontanea di Margaret Schlegel, un’altra donna (e un’altra attrice immensa, Emma Thompson).
A lei confida e trasmette i sentimenti per la sua dimora di campagna, Casa Howard appunto, e ne fa la depositaria e custode di ciò che rappresenta con evidenza e concretezza: il senso delle proprie radici individuali e familiari, l’argine all’annichilazione, il ritrovare un costante equilibrio nella cura del giardino, nello scorrere naturale delle stagioni, nelle passeggiate dentro le sfumature mutevoli dei fiori.
Cerca di lasciarla a Margaret in punto di morte, ma la scostante, presuntuosa ansia di possesso del marito lo porterà a bruciare il testamento. Anche disponendo di una ‘stanza tutta per sé’ non è lecito consegnarla a chi più si desidera, a chi si ritiene degno di riceverla. In caso contrario, le donne potrebbero credere di avere lo statuto di esseri senzienti. E magari rivendicare voto e parità (orrore).
Virginia Woolf sintetizzò i pregiudizi maschili in una frase indimenticabile: i gatti non vanno in paradiso, le donne non possono scrivere le opere di Shakespeare.