Dopo la Palma d’Oro
Marcello Fonte in “Famiglia” di Valentina Esposito
°°°
Fra brulli reperti di archeologia industriale (le fabbriche sul fiume del primo ‘900) e scolorati panorami di urbanistica periferica (lo “scheletro” del Gasometro a Testaccio) Il Teatro India, adiacente il Lungotevere Vittorio Gassman (liddove il greto sembra collassare in depressione geomorfica) gode invece di una metamorfosi che lo trasforma, a fine giugno, in godibile, eclettico villaggio estivo: per spettacoli, performance, laboratori, concerti e videoinstallazioni “che ridisegnano i confini del teatro in soglie da oltrepassare”. Un’occasione – come si dice in questi casi- mirata ad abbattere le immaginarie barriere della distanza e della diversità attraverso il lavoro di gruppo: linguaggi, azioni, interazioni che coniugano “arte, cura dello spirito, mutamento sociale”.
Quindi attività polivalenti atte a favorire snodi, punti di contatto e di incontro, per varie “zone di transito”, all’interno delle quali far circolare “conoscenze, saperi, culture, lingue, differenze e somiglianze”. Dando poi per scontato (grazie all’esperienza) che, d’inverno, la stessa landa sarà pantano inaccessibile, un po’ per ‘depressione’ geo.fluviale, un po’ per secolare ignavia delle amministrazioni locali. Noi, per non passare da menagrami, tentiamo invece di carpire l’attimo.
Segnalando, come cronaca impone, la vitalità pluralista del progetto “Roma Città Mondo”, puntigliosamente organizzata (e prodotta) dal Teatro di Roma nella febbrile, irenica inventiva del suo direttore Antonio Calbi – nel ribadito fine di “interrogarsi e confrontarsi sul significato e sull’idea di città intesa come luogo dalle mille fratture e differenze, dai mille tessuti da ricucire attraverso il teatro”.
Un programma –pertanto- di spettacoli e laboratori ad ingresso libero dedicato ad artisti, cittadini e associazioni che “vedono nella periferia zone di contatto e che affrontano il tema della diversità, della distanza metaforica e fisica dal centro e da sé, proponendo il teatro sociale quale possibile risposta, veicolo di accoglienza, di dialogo interculturale, di inclusione e di crescita personale e collettiva”.
Come non associarsi?
Riconosciuto spettacolo-clou della manifestazione è l’intenso, coinvolgente “Famiglia” di Valentina Esposito, di cui è (atteso) protagonista Marcello Fonte, recente vincitore della Palma d’Oro a Cannes, ma legato all’impresa scenica sin dai tempi (insospettabili) della sua ‘messa in prova’.
Incentrandosi poi sulle umane tribolazioni di un nucleo domestico in cui, “di padre in figlio scorre una tremenda vena di violenza”: una famiglia in cui, nonostante le concordanze apparenti, ciascuno “tira dritto per una strada” che sarà di intralcio all’altro. Elemento cardine: il ‘gruppo in un interno’ è di (ostinata) predominanza maschile e maschilista (anche fra i suoi componenti più fragili), provvisoriamente riuniti, per tre generazioni, il giorno del matrimonio dell’ultima e unica figlia femmina: nell’istintiva necessità di rovistare e rinnovellare “antichi dolori e irrisolte incomprensioni”.
Eredi inconsapevoli (contemporanei) di una ruvida, cruenta eredità verista (Tozzi, Grazia Deledda, Verga), gli uomini di casa useranno “la cerimonia” quale (imperdibile) pretesto per divorare, sullo stesso desco “i padri dei padri e i figli dei figli”- quindi consumare le loro tregende d’amore e d’odio tenendole ancora in bilico (belligerante) tra “ciò che avvenne” e il presente non più emendabile.
Recitato, per lo più, da neo.attori provenienti da alcuni anni di detenzione a Rebibbia, il dramma della Esposito, va considerato alla (cupa) luce di “chi prova a scandagliare l’anima di uomini che nei lunghi anni di reclusione hanno sofferto, inasprendosi, per l’assenza di affetti lontani” e strappati ad un’ esistenza comunque precaria ove c’è poco spazio per la “ricomposizione emotiva” di tante difficili relazioni fondate su revanchismo e sterile ribellione.
Nel dolente alternarsi di sogno e realtà, lo “scontro fra maschi” va in escalation drammaturgicamente compiuta e – con un guizzo di buona volontà- appena dischiusa ad un “un bagliore di speranza” di là a venire. Lasciando che siano le donne (della “stirpe”) a farsi nutrici e “rammendatrici” di strappi e lacerazioni, dissidi e contraddizioni oggettivamente insanabili.
Scabro ed essenziale nella sua evoluzione (che è poi un girare in tondo), dotato di elementi figurativi spogli ma fantasioni, “Famiglia” è testimonianza “in fieri” (pare che lo spettacolo sarà un ‘work in progress’) di un’umanità pre.culturale, antropologicamente marginale, dimostrativa di tanti rigurgiti (attualissimi) di regressione ai più malsani assiomi del patriarcato predatorio, ordalico, “fuori dalle mura” di un’idea di pietas altrimenti concepita come perdita di identità, possesso, ragione di vita.
Incastonato benissimo, in tal contesto, il personaggio che Marcello Fonte ‘incarna’ con l’ambigua docilità (lesta a inferocirsi) già espletata nella candida naturalezza di “Dogman” di Matteo Garrone. Ancora ignaro se quella sua “maschera sghemba”, fisionomia del più labile dei confini (fra uomo e bestia), comunque “degna” di proseguire l’isolata lezione di un attore anomalo e fittiziamente indifeso come Carlo Delle Piane, avrà il proseguo di calore e carriera che umanamente gli auguriamo.
°°°°
“Famiglia”
di Valentina Esposito
Rassegna “Roma Città Mondo”
Con Alessandro Bernardini, Christian Cavorso,Chiara Cavalieri, Matteo Cateni, Viola Centi, Alessandro Forcinelli, Gabriella Indolfi, Piero Piccinin, Giancarlo Porcacchia, Fabio Rizzuto, Edoardo Timmi, Cristina Vagnoli costumi Mari Caselli – scenografia Andrea Grossi – luci Alessio Pascale – musiche Luca Novelli – fonico Maurizio Capitini organizzazione Fabiana Reale, Martina Storani, Sofia Tremontini, Anna Maria Bertin, Giorgia Pellegrini – Produzione Fort Apache Cinema Teatro –in collaborazione con Direzione di Rebibbia N.C.- La Sapienza Università di Roma – Dipartimento di Storia dell’Arte e Spettacolo -Progetto Teatro di Roma -Teatro Nazionale
Teatro India di Roma, dal 17 al 27 luglio