Un Olocausto interiore. “Vetri Rotti” di Arthur Miller alla Pergola di Firenze

Un Olocausto interiore. “Vetri Rotti” di Arthur Miller

Regia di Armando Pugliese

Con Elena Sofia Ricci, Gianmarco Tognazzi, Maurizio Donadoni

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I giornali, a Brooklyn, danno la notizia della follia nazista giunta a Berlino, la Notte dei Cristalli. I nazisti stanno distruggendo tutte le vetrine dei negozi appartenenti agli ebrei, ne uccidono subito 90 e ne deportano circa 20.000. Subiscono violenze moltissime donne ebree ma solo due appartenenti alle “SS” vengono processati, non per la violenza fisica ma per aver contaminato la razza ariana, secondo la legislazione di Norimberga.

Siamo nel novembre 1938. Sylvia Gellburg, ebrea, benestante, sposata e con figlio,  improvvisamente non riesce più a camminare. In una normalissima giornata di visita in chiesa con il marito, mentre si trova sul sagrato le gambe le si afflosciano, come senza vita. Il marito, Phillip, la riporta immediatamente a casa, senza immaginare che da quel momento la vita assumerà un altro colore. Viene chiamato un medico, Herry Hyman,  conoscente della famiglia, il quale subito si convince della natura psicosomatica della paralisi di Sylvia.

Herry non è uno specialista, tuttavia vuole cercare di trovare la chiave di lettura della malattia e, al tempo stesso, è fisicamente attratto dalla donna. Phillip non riesce a darsi pace, si sente perso, non vuole accettare questa drammatica situazione.

Il medico riesce a far  emergere in superficie l’angoscia derivante dalle notizie delle persecuzioni contro gli ebrei in Germania; una realtà che, a questo punto appare chiaro, riduce Sylvia in uno stato di menomazione fisica che rispecchia l’inermità atterrita del popolo ebraico. A questo disagio profondo si uniscono le recriminazioni riguardanti il passato e un’inquietudine che mette in dubbio il rapporto con il marito.

Sylvia si lacera nel dolore;  l’avvento del terrore nazista non lascia spazio neppure alla gratificazione sociale che la coppia riceve dal figlio, arruolato nell’esercito americano, l’unico ebreo come sempre sottolinea il padre. La mediocrità di Phillip si scontra con la profondità di Sylvia, che è attratta in modo irreversibile dalla tensione intellettuale di Herry.

In questo straordinario lavoro Miller tratta, con durezza e passione, il tema  dell’Olocausto, vissuto a distanza eppure molto forte e incredibilmente vicino, e in modo così tangibile da essere in grado di imporre una mutazione alla vita organica di una donna. Ci troviamo di fronte  a un vero e proprio caso di psicoanalisi che si unisce  alle realtà di una Brooklyn, tranquilla e ordinaria, con sbocchi limitati e sicuri. L’interpretazione energica e incisiva di Gianmarco Tognazzi vale tutto lo spettacolo.