Il mito moderno di Alexandros Panagulis. “Prigionia di Alekos” al Teatro Niccolini di Firenze 10-18 febbraio
La vita, il carattere libertario, creativo di Alexandros ‘Alekos’ Panagulis e la sua lotta impari contro la dittatura dei colonnelli nella Grecia degli anni Settanta. Dopo due anni di assenza dal palcoscenico, Giancarlo Cauteruccio dirige Prigionia di Alekos di Sergio Casesi, il testo vincitore del Premio Pergola per la nuova drammaturgia. In prima nazionale al Teatro Niccolini di Firenze dal 10 al 18 febbraio con Fulvio Cauteruccio, Roberto Visconti, Domenico Cucinotta, Carlo Sciaccaluga, Francesco Argirò. Una produzione Fondazione Teatro della Toscana.
Nel suo libro Un Uomo Oriana Fallaci dimostra che la libertà di un solo individuo può inceppare il sistema, far saltare le certezze di un regime totalitario, smascherare e forse superare, le miserie degli uomini di regime. In Prigionia di Alekos l’immaginario di Panagulis viene messo in scena prendendo il sopravvento sulla realtà che pure c’è e si fa sentire attraverso la tortura, la privazione, l’incubo e l’umiliazione.
Hanno così spazio Dalì, uomo/scarafaggio e amico fidato, un indovino cieco, un moderno Tiresia stanco e deluso, i carcerieri, fino a Caronte per la catabasi dell’eroe. È la volontà dell’immaginazione che si vuole inscenare, lo spazio della fantasia, del sogno e della speranza di Alekos Panagulis. Perché l’eros della creazione è sempre eversivo, libertario, rivoluzionario.
È una particolare coincidenza che questa messa in scena nasca nel 2018, anno nel quale si celebrano i 50 anni dal ‘68. Non è invece una coincidenza che questo spettacolo nasca in un momento nel quale i rigurgiti fascisti pericolosamente si palesano.
Prigionia di Alekos, la nuova produzione della Fondazione Teatro della Toscana, in prima nazionale al Teatro Niccolini di Firenze dal 10 al 18 febbraio, è un testo di drammaturgia contemporanea edito da Cue Press, opera di un giovane autore milanese, Sergio Casesi, che affronta il teatro come riflessione profonda dell’esistenza. Il progetto, che scaturisce dall’idea registica di Giancarlo Cauteruccio, interferisce con la tradizione del luogo scenico che, proprio a causa del tema trattato, frantuma il rapporto tra palcoscenico e platea.
Ogni regime, sopruso, violenza, è come se facesse crollare la realtà preesistente per produrre soltanto macerie. Proprio su queste macerie, come in una moderna tragedia greca, i personaggi agiscono. Non più la terribile cella carceraria (costruita apposta e detta ‘la tomba’ per le sue anguste dimensioni e per il fatto di essere a metà interrata) del giovane Alexandros ‘Alekos’ Panagulis, ma un luogo non meglio identificabile dove la dimensione fisica sconfina nel paesaggio dell’immaginazione, la stessa che il giovane Alekos utilizzò per sopportare e sopravvivere alle inconcepibili torture subite durante la carcerazione da parte dei tre militari suoi aguzzini.
Qui non si racconta, però, la storia di Alekos in sé, ma la sua potente capacità di riuscire a sottrarsi all’orrore, usando le sue straordinarie ‘armi’, la creatività, la scrittura, il disegno immaginifico. È infatti con tutto questo che Alekos riesce a liberarsi dalle pareti della ‘tomba’ e a inceppare il sistema della dittatura. Giancarlo Cauteruccio, che, come è noto, non accetta la griglia costrittiva di un testo teatrale, proprio come Alekos dunque rompe i confini fisici della scena, creando una relazione tra spazio fisico e spazio immateriale. Così facendo, l’attore e lo spettatore vivono il medesimo spazio e possono avvertire le stesse vibrazioni, le stesse energie.
La vicenda si articola attraverso tre personaggi reali, ma tenuti dal regista ai limiti della concretezza, e tre personaggi immaginati da Alekos per sfuggire alla solitudine, al dolore fisico, alla lacerante condizione psicologica in cui è costretto. È evidente che tutto ruota intorno a questo moderno Prometeo incatenato, colpevole di avere e difendere il fuoco sacro della libertà e dei diritti civili.
Lo spettacolo è affidato a Fulvio Cauteruccio (Alekos), Domenico Cucinotta (Dalì), Roberto Visconti (un Tiresia metropolitano e un poetico Caronte), Carlo Sciaccaluga (un surreale Hazizikis), Francesco Argirò, giovane diplomato alla Scuola per Attori ‘Orazio Costa’, in veste del fragile medico costretto a curare le ferite inferte ad Alekos dalla tortura. Alla fisarmonica Francesco Gesualdi, quasi il settimo personaggio della messa in scena; voce off di Claudia Ludovica Marino; musiche del M° Ivan Fedele; scene di André Benaim, costumi e immagini di Massimo Bevilacqua, che, insieme, dimostrano quanto la tradizione teatrale e l’innovazione tecnologica possono concorrere all’espansione del luogo scenico e quanto lo spazio e la luce possano divenire esse stesse drammaturgia; colonna sonora di Giancarlo Cauteruccio; elaborazioni video di Alessio Bianciardi; ricerche iconografiche Anna Giusi Lufrano.
Con Prigionia di Alekos Giancarlo Cauteruccio avvia una collaborazione con la Fondazione Teatro della Toscana all’insegna dell’innovazione linguistica e tecnologica dell’arte scenica.
Note dell’autore
“Molte domande si incrociano oggi sul teatro, sul ruolo sperduto del drammaturgo, sullo scrivere. E molte domande sul ruolo politico del teatro, sulla sua mancata centralità. Sembra indebolirsi l’idea di teatro come luogo della coscienza, della riflessione. Come luogo della parola, del gesto, dell’incontro e della coscienza.
Prigionia di Alekos tenta di porsi nel punto di intersezione di queste domande e lo fa attraversando il mito moderno di Alexandros Panagulis, nuovo Prometeo, come descritto da Oriana Fallaci in Un Uomo. Il racconto di colui che sconfisse la dittatura dei colonnelli con la poesia e la creatività ci permette di indagare i valori profondi dell’esistenza umana, i fondamentali della vita, elevando la libertà individuale a spazio politico condiviso, a pensiero etico e spirituale. In Prigionia di Alekos l’immaginario di Panagulis viene messo in scena prendendo il sopravvento sulla realtà che pure c’è e si fa sentire attraverso la tortura, la privazione, l’incubo e l’umiliazione.
Hanno così spazio Dalì, uomo/scarafaggio e amico fidato, un indovino cieco, un moderno Tiresia stanco e deluso e poi i carcerieri fino a Caronte per la catabasi dell’eroe. Ma Prigionia di Alekos cerca anche di portare avanti il discorso della scrittura per il teatro. La lingua del teatro è cresciuta moltissimo nel secolo scorso e tocca ai drammaturghi di oggi porsi la domanda di come raccogliere tutte le esperienze, anche lontanissime fra loro, e comporre un nuovo vocabolario per la scena. È una responsabilità che non si può evitare.
In un certo senso l’esperienza di Panagulis deve essere riportata dal piano etico e politico anche all’aspetto tecnico, artigianale, della scrittura. Dobbiamo credere ad un nuovo teatro possibile. A un nuovo teatro classico. E dobbiamo volere un nuovo ruolo sociale per i drammaturghi come per tutti gli artisti veri e i filosofi. È necessario ridare alla nostra civiltà un teatro vivo, vero, scritto, su cui riflettere e confrontarsi, che sappia comunicare con il pubblico con una lingua nuova, ma perfettamente conosciuta”.
Sergio Casesi
Note di regia
“Le ragioni di questa messa in scena, risiedono innanzitutto nel voler coronare il sogno di un giovane autore quale è Sergio Casesi, vincitore del Premio Pergola per la drammaturgia contemporanea e dare concretezza alla scelta della commissione del premio presieduta dallo scrittore e critico teatrale Franco Cordelli.
Prigionia di Alekos prende vita da libro Un Uomo di Oriana Fallaci, che anche a Firenze ha vissuto il suo particolare amore con il giovane rivoluzionario e poeta greco Alexandros Panagulis detto Alekos. Insomma, un testo che è legato a Firenze e che adesso proprio a Firenze viene portato in scena per la prima volta dal più importante sistema teatrale della Toscana.
Inutile sottolineare il mio interesse per i giovani artisti, per il territorio, per un teatro che porti con sé un senso culturale, una ragione di conoscenza, di crescita e naturalmente di innovazione.
Questa drammaturgia, giustamente, fugge dal più ovvio e facile rapporto con la cronaca e si proietta nella ‘visionarietà’ e nel mito con notevole potenza. Il giovane autore crede ancora nel teatro come luogo della coscienza e della riflessione. Coglie poeticamente valori come la creatività, il pensiero, l’immaginario e, naturalmente, la poesia come reali strumenti di difesa e di lotta contro la violenza, la tortura, il sopruso, attraversando il mito moderno di Panagulis e osservandolo come un nuovo Prometeo.
Tengo conto di alcune parole chiave in questa messa in scena che presenta una sua complessità.
L’essere nella sua intelligenza immaginifica che, come nel caso di Alekos, permette di controllare la materialità del corpo e l’incredibile dolore fisico. La fragilità e stupidità del potere quando questo viene affrontato in un corpo a corpo spietato. Anche la cella carceraria da ‘non luogo’ muta in paesaggio, quando il pensiero poetico del protagonista nega la sua materialità oppressiva dello spazio e ne ridisegna la funzione, declinandolo a condizione metafisica. È questa la forza visionaria dell’arte, che attraverso la parola poetica si fa generatrice di vita, quando questa viene messa a repentaglio dall’umana inimmaginabile violenza, dalle agghiaccianti torture.
I personaggi di questo notevole disegno drammaturgico sono testimoni di un mondo devastato. Alekos, nella sua cella-tomba, attrae a sé gli altri personaggi con una volontà, una forza e un’intelligenza che può appartenere soltanto al mito tragico. L’autore non a caso chiama in causa il mito di Acheloo e Eracle, nello scontro tra Alekos e Hazizikis.
Sono macerie quelle crollate tra la scena e la platea, detriti di una società sporcata dal sopruso di uomini su altri uomini. Il palcoscenico vomita nella platea grandi lastre di piombo che scardinano il limite tra realtà e immaginario. Quel limite attraverso il quale Alekos cerca di prendere il sopravvento sulla atroce realtà nella quale viene costretto. Dietro la dirompente materia scenica, lo spazio del palcoscenico diventa invece impalpabile. Il personaggio proietta nella vibrazione della luce, nella visionarietà dell’immagine, nelle ombre e negli abbagli della poesia, l’unica possibilità di sopravvivenza. Casesi contrappone con saggezza la poesia alla miseria del potere, della politica, dei totalitarismi, di cui oggi siamo costretti ancora a parlare”.
Giancarlo Cauteruccio
10 – 18 febbraio | Teatro Niccolini di Firenze PRIMA NAZIONALE
(ore 21; domenica ore 16:45; riposo lunedì 12)
Fondazione Teatro della Toscana
PRIGIONIA DI ALEKOS
di Sergio Casesi
con Fulvio Cauteruccio, Roberto Visconti, Domenico Cucinotta, Carlo Sciaccaluga, Francesco Argirò
alla fisarmonica Francesco Gesualdi
voce off Claudia Ludovica Marino
regia Giancarlo Cauteruccio
musiche Ivan Fedele
scene André Benaim
costumi e immagini Massimo Bevilacqua
colonna sonora Giancarlo Cauteruccio
elaborazioni video Alessio Bianciardi
ricerche iconografiche Anna Giusi Lufrano
direttore di scena Emiliano Gisolfi
capo elettricista Loris Giancola
fonica Pietro Sciagrà
sarta Augustina Gadea
assistente alla regia Francesca Caruso in stage per Master-Università “La Sapienza” di Roma
Durata: 1h e 30’, atto unico