Il gioco della vita con Dostoevskij allo Stabile di Catania
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Saper giocare è anche saper scommettere al momento giusto.
La passione del gioco d’azzardo sembra essere l’argomento de “Il giocatore”, coinvolgente commedia dolce-amara dall’omonimo romanzo di Fëdor Dostoevskij, in scena in questi giorni al Teatro Verga di Catania.
Dicevamo sembra. In effetti il gioco in questo apprezzabile adattamento di Vitaliano Trevisan è metafora e diventa altresì gioco dello scrittore con i suoi personaggi, gioco delle vite intrecciate tra vizi, virtù, passioni, discriminazioni sociali, in un affresco elegante e scoppiettante, ricco di effetti scenografici, ampiamente dispiegati tra due palchi contigui, in una prospettiva dinamica e suggestiva, da cui i personaggi, avvolti in fogge di squisita eleganza e pregnanza scenica, colti in una dimensione atemporale, emergono e scompaiono in un fluire ininterrotto di scene corali, monologhi, alterchi a più voci, senza mai cedere nei ritmi e nelle convergenze dinamiche, efficacemente scolpiti nelle loro forme pirandelliane, da cui non si discostano mai, in un carosello senza soste. A far da cornice e trait d’union lo scrittore russo, mentre detta il romanzo, che intanto si svolge davanti ai nostri occhi, alla giovanissima stenografa Anna.
In preda al vizio del gioco egli stesso, Dostoievskij nei suoi scritti ha potentemente esplorato le pieghe riposte e segrete dell’animo umano innestandoli in storie estreme o di grande tensione.
Ne “Il giocatore” teatrale, per la regia di Gabriele Russo, i cunicoli della fascinazione del gioco d’azzardo, esplorati in tutte le forme e in tutte le dimensioni sociali, diventano esemplare metafora, pretesto per raccogliere e mostrare i sintomi di un degrado, percepito dagli intellettuali di fine ‘800, estensibile ad ogni epoca perché intrinseco nell’ascosa avidità dell’animo umano, miseramente inghiottito dalla cupidigia e dai falsi idoli.
Denaro e potere, tentazioni-vessillo, ossimori della felicità, varcano le soglie della miseria dell’umile, inutilmente colto Aleskej, precettore di una illustre famiglia in rovina da cui aspira inebriato gli afrori di una condizione sociale a lui negata, persino l’amore della figlia del Generale Polina. Tra alterne vicende si consuma la speranza dell’ingenuo giovanotto, fino al mesto epilogo.
“Il giocatore”, pubblicato nel 1866, venne dettato, per sanare velocemente debiti di gioco, in poco meno di un mese da Dostoevskij alla sedicenne stenografa Anna Grigo’revna che diverrà sua moglie, rimanendogli accanto per tutta la vita, cercando di far quadrare i conti di un bilancio che il marito mandava regolarmente all’aria giocando alla roulette. Il romanzo fu una bella scommessa che Dostoevskij vincerà con l’editore reclamante e con la futura moglie.
Le singolari circostanze in cui fu scritta l’opera, diventano per Trevisan inscindibili, consustanziali all’inestricabile trama drammaturgica della vita/romanzo dello scrittore russo.
La passione/ vizio esplorata nelle sue propaggini e nella sua triste conclusione riceverà nella trasposizione teatrale un esito addolcito dal ”lieto fine” matrimoniale della cornice.
Il dispiegamento di effetti scenografici, la trama allusiva e sottilmente intrecciata, l’interpretazione ineccepibile, l’estensione al significato esistenziale delle scelte di vita, del narrato e del vissuto, fanno di questa pièce un gradito omaggio alla letteratura e al teatro, in una felice contiguità che ci lascia amaramente soddisfatti. E’ il gusto della vita.
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Il giocatore
da Feodor Dostoievskij
Adattamento teatrale di Vitaliano Trevisan
Regia di Gabriele Russo
Scene di Roberto Crea
Costumi di Chiara Aversano
Disegno luci di Salvatore Palladino
Movimenti scenici di Sebastiano Gavasso
Con
Daniele Russo, Marcello Romolo,Camilla Semino Favro, Paola Sambo,
Alfredo Angelici, Martina Galletta, Alessio Piazza, Sebastiano Gavasso.
Coproduzione Fondazione Teatro di Napoli-Teatro Bellini,Teatro Stabile di Catania.
Al Teatro Verga di Catania fino al 26 Novembre