Il mestiere del critico
BABY JANE COLPISCE ANCORA
Al Teatro del Canovaccio di Catania il dramma del celebre film di Aldrich ritorna a inquietarci
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E’ possibile dimenticare il capolavoro degli anni sessanta Che fine ha fatto Baby Jane, mentre in scena si accendono i riflettori su questo family-horror in palco? La trasposizione drammaturgica del dilaniante conflitto tra le straordinarie Bette Davis e Joan Crawford, intente a massacrarsi in un grand guignol cinematografico che all’epoca fece scalpore, fino a che punto potrà rivendicare la sua autonomia? Sicuramente il regista si sarà posto questo problema. La scelta ardua chiede ardue soluzioni. La prima è quella di un’operazione indipendente. Infatti il romanzo di Henry Farrel è certamente adatto ad una trasposizione teatrale.
Dominano gli interni. Due sorelle faccia a faccia claustrofobicamente sempre dentro una vecchia, spettrale casa, infognate in un lussureggiante conflitto sado-maso. Nella mise en scène di Sebastiano Mancuso questi elementi vengono esplorati in una stanza tutta specchi e merletti, con Baby Jane dominante in scena, pietosamente agghindata e infiocchettata, inquietante essere androgino, interpretata da un attore, a incarnare con questo rovesciamento sessuale la violenza maschile del personaggio. Ex bambina prodigio, frustrata dagli insuccessi, dilaniata dal senso di colpa, Jane da trentanni vive con l’invidiata sorella Blanche, una ex diva paralizzata a seguito di un misterioso incidente d’auto. Apparentemente vittima dei soprusi della ormai folle sorella, la accusa di avere provocato il terribile incidente. Il rapporto insano esplode in sinistri giochi di potere, reiterati scontri verbali e fisici sull’inerme paralitica, in balìa della terribile sorella, eterna bambina immersa in un passato senza sconti. Il rovesciamento dei ruoli è affidato ad un imprevedibile colpo di scena finale.
La forza del corpo emerge e domina sui fantasmi del film, davanti agli spettatori coinvolti in un carnale gioco perverso, Vittima/Carnefice, condotto sul filo di una narrazione che, pur rigorosa e asciutta, tocca tutti i punti del dramma che prevede anche la presenza del “salvatore”, la governante. Il classico triangolo maledetto avrà le sue vittime.
Bette Davis e Joan Crawford nel film del 1962
La famiglia, covo di vipere, qui riluce in tutto il suo sinistro splendore. Falsi valori come la gloria, il successo, la fama, ancora una volta espiantano la dolcezza e la forza nutritiva degli affetti lasciandoci desolati e impotenti spettatori di una assurda ferocia, resa ancor più dolorosa dal legame di sangue che infetta i protagonisti, lasciandoli isolati nello spazio della follia. Tragedia metropolitana, Baby Jane ci riporta inevitabilmente ai conflitti fratricidi dei miti della cultura classica. Nulla è cambiato. L’amore sconfitto dalla sete di potere genera mostri.
L’umano del “mostro” è la cifra di questo spettacolo, che ha evaso la trappola del confronto con il suo celebre “fratello”, lavorando con onestà e chiarezza di intenti. La forza drammaturgica, se coesa e rispettosa, ci mostra aspetti che la celluloide non può darci: la presenza viva dell’attore, il suo sudore, il vigore dei corpi, la forza interpretativa di una terribile realtà prossemica senza veli, senza rete per poi svanire, lasciando una traccia materica nella memoria che salva e redime. Questo è il valore aggiunto del gioco del teatro e questo “sincero” spettacolo ne è la ulteriore dimostrazione.
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Che fine ha fatto Baby Jane?
Dal romanzo di Henry Farrel Adattamento di Mirco Sassoli Regia Sebastiano Mancuso Scene e costumi Laura Guidotto Luci Elvio Amaniera
Produzione Compagnia del Matto Con : Elmo Ler – Loriana Rosto – Antonella Scornavacca.
Al Teatro del Canovaccio di Catania