Il mestiere del critico
ULTIMI GIORNI DI POMPEI
La tragicommedia di Raffaele Aufiero, tra disastri ambientali e sgomento umano, messa in scena dagli attori del laboratorio di Renato Capitani (Teatro Petrolini, Roma)
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Ultimi giorni di Pompei è una commedia drammatica in due atti di Raffaele Aufiero, pubblicata nel 2005 da EdizioniStudio12. Ambientata ai giorni nostri in una hall di albergo non di lusso sulle sismiche pendici del Vesuvio, narra una sospensione meta-temporale di un passato remoto della devastante eruzione che diventa passato storico prima di trasformarsi in attuale drammaticità sociale.
Ricordiamo l’attuale terremoto in cui una slavina a Rigopiano distrusse l’unico hotel da sogno che prima della slavina “ringraziava” la soffice neve che attirava i turisti… e in un’ora buia la stessa neve divenne valanga, sommerse l’albergo distruggendolo e intrappolando una trentina di persone ignare dell’imprevedibile catastrofe. La natura spettacolare e distruttiva dell’eruzione del vulcano o del sisma, simile a metafora di purificazione, colpisce una comunità devastata da antichi/contemporanei malanni sociali, soprattutto da politiche deresponsabilizzate riguardo la “salvaguardia del territorio”. Il Vesuvio non erutta dal 1944 e ogni anno che passa vengono costruite nuove abitazioni illegali in queste zone pericolose.
Aufiero, scrittore e saggista, è un autore che nei suoi testi coltiva la coscienza di una vocazione alimentata da un’inflessibilità etica del lavoro, e soprattutto per quel suo senso di esistere e sentirsi parte di un più ampio contesto socioculturale. La chiave di lettura di questo dramma contemporaneo emerge dalle persistenti crisi ambientali che non vengono purtroppo percepite come una emergenza di fronte alle catastrofi dove viene messo a nudo il destino collettivo, la “zona grigia” di una esistenza “insabbiata” dal Vulcano o terremotata dal sisma.
Un autore che sa scegliere, sa creare tra gli eventi le giuste connessioni, sa riguadagnare il senso delle distanze e le scansioni degli eventi che fanno storia, seguendo, nei suoi vari testi narrativi e teatrali, la diacronica scansione temporale riguardo la dialettica del bene e del male, della forma e dell’informe, del limite e dell’infinito, persistenti dall’antichità fino alla contemporaneità.
La commedia adattata dal regista Renato Capitani, inserita nella Rassegna MISF-ATTO 2017 al Teatro Petrolini di Roma, concentra lo spettacolo alla quotidianità dei giorni che precedono l’antefatto della fine e della distruzione totale; metafora del vulcano cheto, “dormiente”, del quale, dicono i vulcanologi, non c’è da fidarsi. La regia è ben attenta a non trasgredire la natura del progetto scritturale e il senso dei dialoghi; soprattutto attenta ai codici di un significato esatto, incontrovertibile, ai depositi di senso e di metafore che contaminano di ansie l’imprevisto, l’imponderabile, la distruttività inarrestabile della natura; se ne parla sempre poco, perché la tecnologia e i demagoghi diffondono l’illusione che si abbia il controllo totale degli eventi.
E in questo pregevole allestimento notiamo i valori della messa in scena, della recitazione degli attori efficacemente rivelata dalla comparazione col testo compiutamente adattato e che nei dialoghi trasporta la fluidificazione del senso, delle emozioni, delle ansie irrisolte simili al ritmo della marea. Allora l’allestimento dello spettacolo, nella sua composizione, riveste grande cura nel rapporto con lo spazio scenico, nella declinazione dei quadri, nei valori gestuali, nelle posture, nel valore epifanico del refrain musicale Love theme di Ennio Moricone che, ad ogni cambio di quadro scenico, scandisce la recitazione corredata dalla funzione significante dei gesti, nei ritmi e respiri, nei timbri e intonazioni, tutti codici di questo testo contemporaneo che la regia ha saputo evidenziare.
L’argomento ruota attorno ad una emergenza collettiva che a tratti diventa supponente conformismo paralizzante, mutevole e contraddittorio, sfociante in momenti di metaforico humour e dunque tragicommedia dell’esistenza dell’uomo sgomento di fronte all’imponderabile.
Interessante l’ottima resa del laboratorio teatrale realizzato da Renato Capitani finalizzato a formare attori motivati attraverso workshop presso teatri, festival, rassegne come MISF-ATTO giunta quest’anno alla 5^ edizione. Applausi anche durante lo spettacolo da una platea partecipativa.
Ultimi giorni di Pompei
di Raffaele Aufiero
adattamento e regia Renato Capitani
con (in ordine di apparizione) Sandra Rossi (Gestore), Giulia Lacorte (Celine), Carlo Colella (Arbace), Giuseppe Percoco (Glaukos), Renato Capitani (Laerzio Pompei Console), Elisabetta Raoli (Demetra), Ludovica Resta (Vetti 1), Carlotta Filippini (Vetti 2), Arianna Gasperini (Empedocle)