Arti visive
PAROLA ALLE SCIMMIE
Installazione Sonora di Fabio Sargentini
Dipinti di Sergio Ragalzi Registrazioni mixate di Elsa Agalbato -Galleria d’Arte Contemporanea L’Attico. Roma
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La mostra d’arte contemporanea di Sargentini-Agalbato “Scimmie parlanti” innesta, nell’immagine pittorica-bidimensionale del pittore Ragalzi,sguaiati vocalizzi, mixati come articolato linguaggio delle scimmie antropomorfe, evidenziando le mutazioni genetiche, avvenuto sulle differenze delle sequenze di DNA di uomo e scimpanzé, specie approssimativamente identiche al 98,5 per cento.
L’esperimento installativo utilizza“mute scimmie dipinte” da Sergio Ragalzi concepiti nel segno nevrotico di un nero potentissimo e inquietante, ma rese loquaci dall’intervento di Sargentini/Agalbato attraverso registrazioni gutturali che rispettano la dignità dell’animale e aborriscano l’impossibilità fisica della morte nella mente vitale dell’artista.
Scientificamente non siamo solo noi umani “scimmie nude” a parlare, in quanto l’Università del Michigan sta studiando, attraverso indagini di “genetica primatologica antropologica”, il linguaggio di alcuni primati, le scimmie Gialappa’s teorizzando che le loro vocalizzazioni hanno una struttura ritmica che assomiglia a quella umana. Ma come fanno a parlare? Muovono le labbra molto velocemente come se stessero schioccando un bacio e riescono anche a cambiare l’espressione del musosecondo il suono che emettono.
Argomenti affrontati anche dalla cinematografianel recente fantascientifico “Apres Revolutions – Il pianeta delle scimmie” (2014) che colloca come sceneggiatura una avvincente questione genetica dove un farmaco sperimentale creato per combattere l’Alzheimer, somministrato alle scimmie aveva dato intelligenza sorprendente a questi primati non umani; ma somministrato come terapia agli esseri umani si è rivelato letale diffondendo un virus mortale. Un articolo pubblicato sulla rivista “GenomeResearch” descrive nuove scoperte che suggeriscono come la base genetica delle differenze fra i primati umani e quelli non umani, come lo scimpanzé, consista nei “riarrangiamenti genomici” e non in singoli cambiamenti nel DNA.
Intrattenendomi a colloquiare con Elsa Agalbato e Fabio Sargentini, mi elencavano le linee guida dell’esposizionedove viene messa in campo una narrazione d’arte evoluzionistica su tematiche profondamente legate all’essere, ma anche all’inconscio, ai significanti del linguaggio primordiale: << Queste immagini di scimmie urlanti, mi dice Sargentini, continuano ad apparirci pervicacemente umane, Elsa ed io, che ci consideriamo per certi versi “animali teatrali”, le abbiamo immaginate dotate di vocalità. Da qui è scaturita la nostra proposta al pittore Sergio Ragalzi di abbinare la visione delle molteplici scimmie dipinte all’ascolto delle loro grida, vocalizzi, borbottii, in un’alternanza calcolata di buio e luce.
L’esperienza del pubblico,sia visiva che acustica, aggiunge un lato partecipativo, emotivo, alla consueta contemplazione pittorica di silenziose scimmie dipinte, rese improvvisamente ciarliere>>. Visitando la galleria l’Attico, che all’interno contiene un teatro da camera dove il palcoscenico continua ad essere luogo espositivo, riflettevo sulle pratiche interdisciplinari di Sargentini – Agalbato, la cui tematica si spinge da sempre in una certa zona di ricerca del mimico corporale in dialettica con le categorie dell’estetica come umana dimensione identificativa.
Nei giorni di questa esposizione “Scimmie Parlanti” è avvenuta la morte di Alberto Boatto, scomparso giovedì 9 febbraio all’età di 87 anni, importante storico e critico dell’arte che ha vissuto in prima persona i grandi cambiamenti della seconda metà del Novecento e, dal suo punto di vista, ha raccontato e indagato l’io della storia dell’arte in un esaustivo libro dedicato all’autoritratto intitolato “ Narciso infranto”, dove amalgama con scrittura interdisciplinare intuizioni di altre discipline, la psicanalisi o l’antropologia con temi d’arte profondamenti legati all’essere, ma anche all’inconscio, allo sconosciuto, al sommerso.
Quel pomeriggio di visita alla mostra colloquiando conFabio Sargentini l’ho visto molto provato per la scomparsa di Alberto Boatto a cui era legato da profonda amicizia. Il nostro colloquio, in quel frangente non poteva che sfociarein un travaglio interiore sul dissolvimento della ragione e dunque sul dissolvimento della vita che permea la natura e il nostro esistere al mondo. Ci si è soffermati a cercare di comprendere la sostanza invisibile, il flusso vitale, l’essere in vita. Il flusso della nostra mente come qualcosa di potente, che non può essere assolutamente paragonabile a un software acceso, ma a un’entità materiale, tridimensionale, una materia organica racchiusa nel cervello, una formidabile evoluzione dell’uomo sapiens che interagisce con l’ambiente di sviluppo naturale e sociale. Sono questi pensieri i medesimi travagli intellettuali della ricerca dell’impresa scientifica, che appartengono a tutti noi, riflessioni come punto di partenza per migliorare la nostra conoscenza su cosa rende unici gli esseri umani. Approdavamo ariflessioni sul senso che debba avere la vita, in particolare su ciò che coinvolge la sfera dell’uomo, le istanze più profonde e tormentate dell’essere umano, un tentativo di accendere una luce verso un cammino di armonia e comprensione sulla Natura. Nel salutarci, in silenzio, comprendevamo che la verità non è raggiungibile in termine assoluti, ma solo attraverso un cammino continuo, fatto di molte strade e molti errori, tracciato dalla sola certezza che ogni azione, sia positiva che negativa, avrà i suoi corrispondenti riflessi postumi.