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Vincenzo SANFILIPPO – Emergenze. Critici senza parcella

 

Emergenze


 

CRITICI SENZA PARCELLA

Il lavoro intellettuale come professione, metafora di un processo di trasformazione che sta investendo anche la figura del critico (teatrale, cinematografico ed altro), dunque la qualità e la funzione che egli ‘produce’

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Le linee-guida del mio breve scritto scaturiscono dalla situazione dei settori critica-informazione-spettacolo, considerate annose questioni tematiche ma sempre di attuale interesse. Pertanto l’argomento pone una domanda palese riguardo la professionalizzazione del “mestiere” di figure addette allo spettacolo dal vivo. Un problema serio rilevato anche nel campo dell’imprenditoria teatrale, degli autori di teatro, dei registi, scenografi, costumisti, attori,  critici di teatro ed editoria teatrale e cinematografica.

In primo luogo analizziamo il lavoro dei Critici di teatro che tra urgenze, relazioni, responsabilità, hanno tralasciato funzioni e teorie scritturali della critica teatrale dedicandosi a una informazione solo promozionale, di supporto all’attività degli uffici stampa. A questo punto bisogna chiedersi: “Chi sono i critici teatrali in Italia?” Dove e come scrivono, quanto vengono pagati, quali altri mestieri fanno per potersi dedicare all’esercizio della critica indipendente? Quali tattiche, strategie, acrobazie portano avanti quotidianamente per dedicarsi a questa (esaustiva ma gravosa) professione? Quali sono le difficoltà che incontrano, e come cambiano le pratiche e la deontologia quando la maggioranza di loro non viene retribuita?

Anche all’ANCT (Associazione nazionale Critici  Teatro) non sfuggono i problemi e le difficili condizioni in cui verte il settore. Ciò che manca è proprio una compiuta Legge Quadro sullo Spettacolo dal Vivo che inglobi soprattutto le figure professionali della letteratura teatrale, e tra queste, in primo luogo, l’informazione-divulgazione (pensiero plurimo) di critica editoriale. Ecco che, non essendoci una legge alle spalle, il decreto attuale non ne definisce il ruolo e nemmeno gli eventuali paradigmi culturali su cui dovrebbe operare l’informazione critica specializzata.

Come possiamo notare nella lussureggiante foresta della rete, le notizie corrono ingabbiate e devitalizzate nel copia/incolla delle agenzie. Alle opinioni di critica professionale si sovrappongono altri livelli informativi ridondanti, con titoloni e foto in occhiello. Più celato è, invece,  il livello della promozione palese che appare occulta. Voglio ribadire che nel settore della comunicazione ormai vi è il prevalere dell’informazione/promozione sulla opinione critica che sembra essere scomparsa, specialmente per quanto concerne i settori della cultura e dello spettacolo.

Per questi motivi  all’interno della recente Rassegna Schegge d’Autore, in presenza del pubblico, si è svolto, organizzato al Teatro Tordinona di Roma, un dibattito finalizzato a far uscire dall’isolamento la  drammaturgia italiana contemporanea, dove non solo ci si raduna per  riflettere su alcuni nodi generali relativi al settore teatro, ma soprattutto per operare un resoconto sulle ipotesi di lavoro svolto in questi sedici anni della rassegna, analizzando le testimonianze e le esperienze di una drammaturgia  nascente su un ventaglio esperienziale il più articolato possibile.

Ma soprattutto all’interno del dibattito ci si chiede:   Se la critica (di fatto) “non esiste più” (costa troppo, è un lusso autoreferenziale, non dà profitto agli editori ecc), perché tutti ne parlano, la ricercano, la pretendono? Per gli autori che verificano i loro progetti scritturali lavorando in prima persona con attori e tecnici di palcoscenico, diventa motivo di preoccupazione e sconforto che venga loro negato quell’altro diritto, ancora più insopprimibile, che è quello dell’informazione critica sulla verifica del proprio lavoro.

Gli autori rimpiangono un po’ il tradizionale ruolo dell’esperienza critica, coscienti che la funzione del critico serve a veicolare al lettore l’approccio di un prodotto dell’intelletto; Il critico teatrale è tuttora considerato il filtro autorevole che avverte anzitempo quello che sta succedendo di nuovo sui palcoscenici italiani.

E dunque gli autori, ma anche i lettori, richiedono a chi si occupa di critica di tornare alla funzione “pratica” rendendo più tecniche e più competenti le recensioni; e, se occorre, ricorrere alla “stroncatura” argomentata e costruttiva che può avere lo stesso risultato dell’encomio in termini di promozione dello spettacolo. In mancanza di ciò avviene a volte che, mirabilmente, troviamo autori che nel loro lavoro fanno combaciare attività critica e produzione artistica per pianificare un rapporto di comprensibilità tra gli spettatori e l’opera di tipo particolare.

La funzione della critica, se guardiamo ad essa, in una prospettiva un po’ più estesa rispetto alle cronache quotidiane, sta vivendo omai da tempo una crisi che non pertiene soltanto alla critica. Accade ai critici quel che accade alle cosiddette controparti, agli autori, agli attori, ai registi, al teatro. Ci si chiede se nella scena contemporanea non stiano mancando i “suggerimenti” critici rispetto ad autori o a dei registi che hanno un loro modo “anacronistico” di concepire la messa in scena, ovvero di vedere le cose, a volte, con occhiali ideologici di parte. O di totale qualunquismo, tornacontismo in relazione alle responsabilità civiche, formative del rito e dell’ “educazione” al teatro.

E’ indubbio che ciascun autore produca ciò che la sua tradizione, non soltanto teatrale ma culturale, gli consenta di produrre.  La riflessione è indirizzata non soltanto alla scena, ma all’intera società che da tempo ormai attraversa fenomeni regrezzivi, “piaceri” dell’abulia e dell’ “ignoranza” umanistica, analfabetismi di ritorno (camuffati da connessioni ad internet) di difficile analisi e soluzione.

In primo luogo per ed a chi politicamente ci amministra, in quanto negli anni e nel ricambio generazionale sono mutate le domande  del codice professionale/deontologico che vengono continuamente  ri-poste nella dimensione “pubblica” (nel suo ideale di partecipazione e contribuzione alla sensibilità democratica, ciascuno con le proprie esperienze, attitudini, convinzioni, competenze).

Negare questi mutamenti, arroccarsi nella difesa degli schemi del proprio specifico come risposta alle strategie di un sistema in parte colluso e collassato, è semplicemente irreale. Le proposte degli autori creativi promosse dallo SNAD (Sindacato Nazionale Autori Drammatici e Radiotelevisivi) necessitano una loro influenza intesa quale intervento sul terreno delle politiche culturali, come capacità di congiungere incessantemente il teatro con il tessuto della società, di tenere aperto e vigile il dialogo costruttivo con le istituzioni, che vanno rigenerate con idee,  si spera con idee propositive.

Crediamo, pertanto, che oggi  sia questo il ruolo al quale debba assolvere il teatro: con i suoi autori, artisti, critici ed editori, in una  società contemporanea che non giochi alla loro decimazione. E al si salvi chi può…con ogni mezzo (sleale, clientelare e quant’altro passa l’avanzo di mercato).

 

n.b. E’ auspicabile che gli operatori del settore, gli addetti ai lavori e non solo contribuiscano ad un confronto propositivo di idee e strategie operative facendo riferimento al nostro giornale