Il mestiere del critico
ATTRICE TOTALE
Note critiche su “Mi chiamo Lina Sastri” – dopo il Quirino di Roma, in tournée nazionale (da gennaio al Trianon di Napoli)
****
V’è indubbiamente un guizzo di autostima, di residuale, trascorsa gavetta nel titolo asseverativo e di calmo orgoglio (mai esibita baldanza o finta timidezza) che Lina Sastri imprime a questa sua nuova tavolozza di musiche, canzoni, monologhi da collaudato, apprezzato repertorio- ormai prossimo al mezzo secolo di apprendimento, sacrificio, ostinazione, successi e rare inesattezze di mira. Indubbiamente bella, mediterranea, attraente, la poliedrica interprete veste con eleganza i suoi abiti di rosso-incendio che danno risalto alla ‘scapigliatura’ sulla sua scura epidermide: a delineare un volto espressivo e volitivo che non fa sconti all’evoluzione del tempo, dei sentimenti, delle padronanze o disincanti della vita: di donna, di attrice, di persona consapevole, senza soluzione di continuità
Quando s’apre il sipario ella appare qual figura minuta ma di polarizzante presenza scenica. Le sue movenze sono aggraziate ma determinate, ben calibrate, molto sensuali perché” il fascino è fascino” – e se non lo possiedi non puoi dartelo. E quindi Lina canta, balla, solfeggia con elementi di mimica appena accennati : la sua espressività sta infatti nel minimo gesto delle braccia e delle mani , quasi fosse un (per chi assiste) un ‘ravvicinato’ dettaglio cinematografico che poi serve, nell’ampliarsi della sequenza, a sottolineare, dare anima e nerbo pad una sua personale potenza “tutta partenopea”, che non è mai di maniera o trepidazione emotiva- ma sentimento fiero e sofferto d’una eredità che le appartiene per diritto di sangue e di militanza artistica.
La scenografia, nata da un disegno scenico di Alessandro Kokocinski , è semplice, lineare con tre finestre stilizzate sulle quali piovono raggi di luce che ‘illuminano’ ad hoc ogni passaggio poetico-recitativo. Dovendosi poi avvalere di un video- schermo su cui viene proiettato ciò che è in sintonia con il percorso scenico: il mare, ad esempio, elemento imprescindibile per la natura dell’attrice- o brevi percorsi (icone testimoniali, lari) di quel che fu recitato in altri tempi sempre in compagnia di musiche (antiche e moderne), poesia (altrettanto) e prosa (di ogni genere)
Intanto, lentamente e lateralmente, abbracciato ad una tenda, scende la cara effige di Pulcinella, “numen loci” a protezione dello spettacolo, ma anche ‘personaggio’ da Cirque du Soleil, che – per immaginazione- potrebbe liberarsi dalla tela e uscire dall’immobilità per muoversi, da un momento all’altro, come solo l’antica maschera atellana saprebbe a fare Una paratia mobile, a tratti trasparente o opacizzata, nasconde o rivela , a seconda delle circostanze , i componenti dell’orchestra (dal vivo) che, per affiatamento e sintonia con la protagonista, dimostrano competenza ed esperienza di rara compattezza.
Probabilmente è proprio da questa eiedetica circostanza che scaturisce il “vero e proprio” nucleo irrazionale ma incantesimale della serata: quando le ‘voci’ così particolari del violino o del sax alto si esprimono nel contesto delle melodie, che non è fondamentale ‘comprendere’ in tutti i loro lemmi (volutamente rapidi, non distinguibili com’è stile della Sastri), poiché a risaltare è il climax d’una ritualità- a suo modo -ipnotica, balsamica (tutti immersi in una sorta di ‘amniotico’ ritorno), in cui la musica del passato e del presente si mischiano senza soluzione di continuità. Essendo, esse, substrato, tappeto evocativo delle “perle di citazione” dal teatro di tradizione che sono ‘l’altra anima’ dell’artista.
Giudiziosa e pragmatica nel dividere in cinque ” quadri ” il percorso dello spettacolo , che risulta così impregnato di apparizioni ‘fantasmatiche’, div(l)aganti, oniriche- come ad esempio la discesa dall’alto della Madonna delle Rose mentre Lina recita un frammento di “Filomena Marturano “. Cinque quadri-la memoria , il mare , la terra, il cielo, la solitudine- la rinascita- ma nessuna calligrafia, sterile nostalgia, folkloristico (colorato) rammarico.
Fosse un film, sarebbe ‘virato’ in color seppia.
****
“Mi chiamo Lina Sastri” scritto e diretto da Lina Sastri
Idea scenica e disegno luci Alessandro Kokocinski direzione musicale e arrangiamenti Maurizio Pica con Filippo D’Allio, chitarra / Gennaro Desiderio, violino / Salvatore Minale, percussioni Gianni Minale, fiati / Pino Tafuto, piano / Antonello Buonocore, contrabbasso
Produzione Ente Teatro Cronaca Vesuvioteatro. Teatro Quirino di Roma- Teatro Trianon di Napoli dal 13 al 22 gennaio 2017